Rigassificatore-di-Gioia-Tauro A ventiquattro ore dalla prevista riunione del Comitato Portuale di Gioia Tauro ,il WWF ritiene più che opportuno ricordare le motivazioni oggettive che dovrebbero indurre i componenti dello stesso comitato ad opporsi alla realizzazione del mega rigassificatore progettato dalla LNG Med Gas Terminal che, con i suoi 12 Km3/anno di metano, sarebbe il più grande d’Italia, e che tante preoccupazioni desta nelle popolazioni locali.Innanzitutto non si può sottovalutare il rischio cui le stesse popolazioni verrebbero esposte in caso di incidente: è noto infatti che la fuoriuscita e lo sversamento in mare di gas liquefatto a bassissima temperatura , da una grossa nave metaniera (alcune possono trasportarne fino a 200.000 m3) potrebbe innescare una serie di eventi catastrofici, con la formazione di una nube che, scaldandosi e mescolandosi con l’aria, spinta dal vento investirebbe la costa: una miscela del genere, che contenga tra il 5 e il 15% di metano, diventa esplosiva.Gli scenari prospettati dagli esperti non sono affatto tranquillizzanti , considerati i gravissimi effetti che ricadrebbero sulle popolazioni circostanti , per decine di chilometri . Anche se le metaniere sono dotate di sistemi di sicurezza come il doppio scafo, di fronte alla probabilità di danni irreversibili, per quanto remota possa sembrare, il semplice buon senso dovrebbe indurre senza indugi verso la bocciatura del progetto.Anche dal punto di vista della sismicità dei luoghi, quello di Gioia Tauro risulta il sito meno indicato, in quanto soggetto ad una tremenda spada di Damocle: il ripetersi cioè di una crisi sismica di potenza e di durata paragonabile a quello che colpì la Calabria meridionale con la prima , tremenda , scossa del 5 febbraio del 1783, cui seguirono in tre mesi altri quattro eventi valutati di magnitudo fino a 7 Richter e le cui “repliche” continuarono per ben due anni.“La più impressionante serie di onde sismiche che abbia interessato il nostro paese negli ultimi secoli” : così il noto geologo e primo ricercatore del CNR, Mario Tozzi, descrive gli eventi del 1783, con enormi voragini che si aprirono nel terreno e “un maremoto catastrofico” tra gli effetti collaterali. L’esempio del terremoto di Kobe del 1995 prima e quello di Fukushima del 2011 , con i danni ingentissimi alle infrastrutture, dovrebbe insegnare che, di fronte alle forze immani della natura, non c’è precauzione che tenga, tranne quella di prendere atto degli insegnamenti del passato . A tale riguardo non appaiono condivisibili alcune richieste relative a ipotetiche “assicurazioni” sulla sicurezza dell’impianto, a misure “compensative” come la “piastra del freddo” o all’impiego di mano d’opera locale, come se il futuro di intere popolazioni potesse essere barattato per 70 o 100 posti di lavoro, o la riduzione della bolletta del gas.Anche gli effetti sull’ambiente sarebbero del tutto deleteri a causa dei fiumi di acqua fredda che verrebbero immessi in mare: un abbassamento di 7 gradi di temperatura avrebbe un impatto sconvolgente per l’ecosistema , a cominciare dalla componente planctonica , delle uova e delle larve dei pesci, senza dimenticare l’inquinamento provocato dalle sostanze biocide a base di cloro usate per evitare la formazione di organismi all’interno dei tubi del gas, in grado di dare origine a composti organici alogenoderivati come i trialometani e altri che rientrano nella lista delle sostanze più rischiose per le acque in base al D.Lgs 152/2006 , allegato III, parte III , in quanto tossiche, mutagene e trasmesse lungo la catena alimentare . Dal punto di vista energetico, Il WWF non condivide l’assunto che l’Italia debba, diventare l’hub (il centro nodale) sud-europeo del gas; tanto più che tale ipotesi non è confortata da nessuna pianificazione a livello europeo. Sicuramente il gas ha un ruolo importante quale energia di transizione verso il 100% delle rinnovabili, ma è una fonte che deve andare a decrescere, non a crescere. Pur essendo il combustibile fossile meno inquinante , anche l’utilizzo del gas per produrre energia provoca emissioni di anidride carbonica: visto che dobbiamo andare verso una drastica e progressiva riduzione delle emissioni di CO2, fino ad arrivare alle emissioni 0 per la metà del secolo, è evidente che la quota di gas non può aumentare se vogliamo affrontare e risolvere problemi ambientali di enorme portata (cambiamento climatico) e garantire, con le rinnovabili, la prospettiva di una minor dipendenza dalle risorse estere. Peraltro, gli investimenti di oggi rischiano di ipotecare il futuro per 40 anni, quindi divenire un ostacolo allo sviluppo delle rinnovabili , al risparmio e all’efficienza energetica. “Bisogna dosare bene le opere (rigassificatori e gasdotti) in base alle esigenze effettivamente accertate (la Calabria produce già molta più energia di quanta ne consumi) e alla domanda reale dall’Italia e dall’Estero: al contrario, già oggi i rigassificatori esistenti lavorano al di sotto della propria capacità, mentre è stato dato un numero sicuramente eccessivo di autorizzazioni per i rigassificatori, senza nemmeno individuare le aree a minor impatto o già degradate. Il Governo dica una parola chiara: quale fornitura verrebbe sostituita dal gas per mare che arriverà a Gioia Tauro, visto che la domanda interna è in decrescita (oggi per la crisi, domani speriamo per l’efficienza nell’usare l’energia) e siamo già legati a contratti con diversi Paesi Esteri? – chiede Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia- Ad aggravare la questione “metodo”, il fatto che l’autorizzazione sia stata data in extremis dal Governo Monti, alla vigilia delle elezioni, nonostante due pareri contrari del Consiglio Superiore dei lavori Pubblici e nonostante l’assenza di VIA e VAS.”. Il WWF ritiene che la Calabria, e particolarmente le aree già degradate da precedenti attività industriali come quella di Gioia Tauro, potrebbero avere un’alta vocazione per le energie rinnovabili, che oltretutto hanno una maggiore intensità di lavoro e assicurerebbero quindi migliori prospettive sul piano occupazionale. Auspichiamo che la Regione Calabria approvi una legge di programmazione a favore del solare, individuando le strutture pubbliche e le aree degradate da utilizzare; molto meglio l’hub del sole che il ricatto del gas”.

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