Calabria, Sicilia, Abruzzo. Queste le regioni italiane in cui è maggiore la frequenza di terremoti secondo l’Annuario dei dati ambientali 2011 dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). A queste, spiega Eutizio Vittori, responsabile rischi naturali del dipartimento difesa del suolo dell’Ispra, «tra le aree con scosse abbastanza frequenti» vanno aggiunte «Basilicata e Campania», l’area del Friuli Venezia Giulia e la dorsale appeninica centro-meridionale.
Secondo il report dell’Istituto «in un solo anno, dal primo ottobre 2010 al 31 ottobre 2011, sono stati oltre 2.000 gli eventi sismici di magnitudo locale maggiore o uguale a 2, distribuiti lungo l’arco appenninico e, in minor misura, lungo quello alpino». La maggior parte sono avvenute «in territorio calabrese, abruzzese e siciliano».
In particolare sono esposte le aree «lungo il margine calabro tirrenico e in Sicilia orientale». In queste zone si sono verificati «i più forti terremoti storici italiani, alcuni dei quali hanno raggiunto magnitudo maggiori di 7 (Calabria, Sicilia orientale e arco appenninico centro-meridionale) e intorno a 6,5 lungo tutta la catena appenninica e le Alpi orientali». Secondo Vittori «c’è stata poca attenzione nei decenni precedenti e anche scarsa prevenzione cosicchè i danni sono elevati anche in aree a non elevata pericolosita».
La preoccupazione dell’esperto si sposta quindi «ai prossimi terremoti», quelli che – avverte – «troveranno un tessuto abitativo non pronto causando danni ingenti e molte vittime», e che stando alla ‘storià dei secoli scorsi «si ripeteranno anche nell’ordine di 6,5 e 7 di magnitudo».
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