Ha lasciato tutti incantati quanto hanno saputo realizzare i componenti dell’Azione Cattolica femminile (guidati dalla presidente Anna Casalenuovo ndc) e le altre associazioni vicine alla Chiesa. Si tratta del primo presepio vivente ambientato nell’abitato del centro ionico; rappresentazione svoltasi dalle 16 alle 20 del giorno di Santo Stefano. Tutto è stato possibile grazie alla quasi apposita clemenza del tempo. Di certo ancora hanno dato il loro tacito, ma notevole apporto, i luoghi dove si è svolta la manifestazione, ovvero le vie del centro storico e i luoghi più significativi: Chiesa Madre, Garibaldi, Pace e Santa Croce. La prima strada è ricca dei resti dell’antica Chiesa Matrice, di certo fondata su strutture molto più antiche, andata distrutta dal terremoto del 1783. I suoi resti ed il Trivio Fortilizio romano che la caratterizzano, rimasto quasi intatto nel tempo, rappresentano un pezzo di storia di Stalettì solo di recente scoperto. Le vie sopra elencate, in particolare quelle oggetto in questi ultimi anni di restauro senza che perdessero il loro fascino di antichità, hanno fatto da cornice alla rappresentazione, assieme a tante case vecchie, ancora fortunatamente non ammodernate. Delle viuzze e dei piani bassi delle abitazioni sopra citate si sono serviti gli addetti ai lavori per dare corpo all’apparato scenico del presepio. Ogni angolo di queste vie è stato infatti coinvolto, così ogni umile dimora, per creare “momenti di vita”, possibilmente il più vicino possibile ai luoghi della Natività. Hanno ancora contribuito al successo della rappresentazione i costumi creati appositamente dalle sarte, facenti parte del gruppo religioso e non, indossati dai tanti attori ed attrici improvvisati. A questo si aggiunge la marea di gente giunta da ogni parte del circondario, che ha dovuto fare la fila per poter accedere ai diversi angoli scenografici. Vicino alla fontana pubblica, posta sotto le arcate del Trivio, si è creato l’angolo della lavandaie. Poco distante, sempre sulla traversa di Chiesa Madre, un primo magazzino ha ospitato “i fhorgiari”. Sulla via Pace un tipico locale (“nu fhurnu”), uno dei pochi rimasti ancora intatto nel paese, ha ospitato donne impegnate a fare il pane. Alcuni “bassi” hanno ancora accolto donne intente a filare con strumenti arcaici quali ” ‘u fhusu” ed a cucinare al primordiale “fhoculari” o sull’ormai scomparso “vrascéri”. Ricordiamo ancora la botteghe del falegname sulla via Garibaldi; l’angolo dei mendicanti e quello dei Re Magi, quest’ultimi adorni con costumi veramente appropriati facendo risultare il tutto credibile. Lungo il percorso di queste vie si incontravano poi donne in costume con i “Volìri” sul capo, soldati romani e pastori. Ma il clou della rappresentazione era nascosto. La piccola porta in ferro, che fa da accesso all’ampia area dell’interno della Chiesa, è rimasta, per tutta la durata della manifestazione poco accessibile per il troppo afflusso di gente che doveva e voleva vedere la scena più bella: la capanna della Natività. Qui vi era un bimbo vero in grembo alla Madonna; come veri erano il bue e l’asinello; nei pressi un fuoco accesso e pecore in un ovile vicino, creato fra quelle mura cadenti che ricordavano i templi antichi d’Oriente. Tutto era toccante, vivo… In tanti pensano che questo “Presepe” abbia ispirato , oltre alla superficiale curiosità, gioia vera, emozioni forti: sentimenti che hanno forse sfiorato, superando il tempo e lo spazio, quelli provati davanti al vero primo Presepe vivente di San Francesco… Visto il successo il comitato della manifestazione presieduto dal sacerdote don Robero Corapi, ha deciso di ripetere l’evento giorno 5 gennaio prossimo.
Gazzetta del Sud –