salvatore-mongiardo-filosofo-soverato-di-calabria-2007L’Università delle Generazioni è lieta di proporre la lettura di questo brevissimo racconto di Salvatore Mongiardo, filosofo delle donne di Soverato (CZ) e scolarca della Nuova Scuola Pitagorica di Crotone.

Con tale scritto, assai simpatico e legato all’attualità del Venezuela, Mongiardo intende augurare a tutti un “Buon San Valentino 2019”. Ovviamente a tale augurio si unisce, con grande affetto, l’Università delle Generazioni. Ecco la divertente novella.

Partenza per il Venezuela

I disordini attuali del Venezuela mi fanno tornare alla memoria un fatto accaduto all’incirca nel 1948. Erano numerosi gli apprendisti che imparavano l’arte del fabbro da mio padre, u summastru, che in andreolese vuol dire sopra mastro, per indicare un mastro di livello superiore. Alcuni erano già adulti, intorno ai venticinque anni, e tra questi c’era Ristu, abbreviativo di Aristodemo Cosentino. Ristu era persona amabile, sguardo luccicante e fisso e, già esperto del mestiere, cercava uno sbocco lavorativo altrove. Così, non so per quale motivo, decise di emigrare in Venezuela. Era una destinazione non praticata dagli andreolesi che invece allora partivano per gli Stati Uniti o l’Argentina.

La sera prima della partenza, Ristu venne a licenziarsi, parola che in andreolese significa salutare per addio, ciò chiedere licenza di partire. E così baciò mio padre che gli augurò ogni bene, gli altri discepoli e me con molto affetto. Il mattino dopo prese il treno per Napoli, dove il bastimento l’avrebbe portato in Venezuela con un lungo viaggio.

Passarono tre o quattro giorni e davanti alla forgia di mio padre vidi Ristu e corsi a dirlo a mio padre, il quale venne fuori incredulo e vide Ristu con suoi occhi. Si formò un capannello e mio padre gli chiese con suo modo solito:

-Ebbè?

Ristu allora spiegò che stava per salire sulla nave, ma fu preso da scoramento e rinunciò alla partenza. Mio padre gli disse allora che aveva un grosso lavoro da fare e già subito poteva ricominciare a lavorare. E così avvenne, non senza qualche battuta degli altri discepoli che a volte dicevano: Non fare come Ristu, cioè non cambiare idea.

Dopo un paio d’anni, quindi era il 1950, mio padre mandò Ristu dai Padri Liguorini per alcuni lavori di tubazioni, e io vedevo Ristu che lavorava nel chiostro, mentre andavo a fare il chierichetto per la funzione in chiesa. Una volta il giovane Padre Del Gaudio, un simpatico napoletano con occhiali e capelli ricci a mascagna, mi sentì che lo salutavo, e mi chiese se lo conoscessi. Gli dissi:

-Sì, io sono il figlio del mastro – per mastro intendendo mio padre.

-Ah, disse il Padre, bravo, tu sei figlio di mastro Aristide! Così lui aveva italianizzato Ristu.

-No, ribattei, io sono il figlio del mastro di mastro Aristide.

-Figlio del mastro di mastro Aristide? Bravissimo!

Salvatore Mongiardo (Soverato – CZ)

San Valentino 2019

 

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