La musica etnica ormai in voga da dieci anni è arrivata all’apice della sua espressione grazie soprattutto a Mimmo Cavallaro e Company, che con la loro melodia hanno avuto il grande merito non solo di essere i capiclasse del genere, ma avere avvicinato una marea di giovani alla musica. Da un pò di tempo però si sente nell’aria giovanile la volontà di auspicare ad un cambiamento musicale pur restando nell’ambito del dialetto calabrese ma, con il ritmo della tarantella che ci è entrato nel dna, sembra ormai impossibile farne a meno oppure sostituirla con altro che non sia della stessa taratura ritmica.
Il fenomeno della tarantella, che va sicuramente studiato ed approfondito poiché altrimenti non avremmo saputo spiegare perché circa l’ 80% delle feste che si svolgono in Calabria sono a carattere tarantellata, è quasi un riscatto sociale della gente del sud, l’unica situazione che unisce tutti i ceti sociali e, per il fatto che è qualcosa di irrefrenabile ed a sentirla non puoi fare a meno di muovere il corpo, ha creato una marea di feste e festini, con gruppi e gruppetti che eseguono pressoché le solite canzoni o comunque strutturate nell’identico modo. Conseguentemente la stessa si sta autoinflazionando; non solo ma, se in una serata dovessero esibirsi dieci gruppi musicali, nessuno di loro farebbe la differenza; questo perché non si va a ricercare nuove sonorità o creare nuovi arrangiamenti, si preferisce rifare ciò che fanno gli altri anche scopiazzandoli in malo modo. Abbiamo ascoltato a Davoli il “Grande” e sicuramente il primo che si è occupato di musica popolare, cioè Eugenio Bennato esibitosi in una festa ben riuscita, ma a sentirlo era una vera penitenza; stabile e monotono nel ritmo e dal canto unicordale e stanco; sarà il suo genere, però ci ha fatto rimpiangere i bei tempi.
Peccato che non abbia ancora percepito il cambiamento culturale che c’è stato in Calabria e nella musica etnica in genere. Mi riferisco alla musica etnica, ma lo stesso dicesi per molti artisti del panorama italiano che, malgrado siano trascorsi quarant’anni dal loro successo iniziale, ancora oggi continuano a riproporre le stesse musiche senza riuscire a modificare alcun niente su tutti i fronti. Ma è tanto difficile riadattare una musica alle aspettative del pubblico senza intaccare l’originalità delle canzoni? Non credo affatto! Ritornando alla nostra musica che è vivace, ricca di armonizzazioni e di strumentalità unica in Italia, è facile equipararla alla disco music che imperversava nelle discoteche con annessi pregi e difetti e che a furia di rintronarci con lo stesso ritmo ci faceva ballare nei lidi della costa, e proprio come la tarantella, in qualsiasi posto andavi sentivi sempre i soliti brani. Adesso la discoteca invece che nei lidi, si è spostata nelle piazze. Dal Badolato-Festival della Canzone Popolare, svoltosi il 30/31 Luglio, è salito però un venticello di cambiamento musicale in controcorrente, che ha visto premiare quali vincitori il gruppo dei Lamberry Blues (foto) con il loro genere ironico.
I gruppi musicali che sono in Calabria, e mi riferisco non certo a quelli storici, ma a quelli emergenti, devono capire che, o cominciano a fare delle serie riflessioni costruendo ed arrangiando bene i loro brani oppure, finita la tarantella tradizionale, si ritroveranno con due accordi in mano; e due accordi sono davvero pochi, pochissimi per chi vuole fare musica seria. Una conferma di ciò l’abbiamo avuta la prima serata della Tarantella Power svoltasi in Badolato Borgo 21/25 Agosto nel quale si è esibito Roy Paci. Uno spettacolo che per novanta minuti non ha lasciato spazio a rilassamento muscolare, con arrangiamenti fatti benissimo e soprattutto con i tempi musicali e ritmi che incalzavano la melodia; una vera rarità di bravura che se lo può permettere solamente chi ha lavorato negli studi di registrazione e sa come costruire un brano.
Credo che la nostra musica abbia ormai in gran parte esaurito il fenomeno della ricerca e del recupero delle tradizioni e debba ora orientarsi ad approdare nel contesto della musica Italiana-Internazionale e non rimanere nel ghetto (pur sempre dorato) della tradizione regionale. Bisogna superare il concetto del “ Tarantella = Tarallucci e vino”. (Andrea Naimo)