Organizzazione Nuova Scuola Pitagorica & Federazione Internazionale Cavalieri Guardiani di Pace in Località S. Maria del Bosco (Laghetto) – Programma e note di seguito:
1. Bandiera Mondiale. Il mondo non ha una bandiera, ma ci sono circa duecento bandiere nazionali o federali. La Bandiera che noi proponiamo è su campo celeste, colore tradizionalmente femminile nel Mediterraneo, con la Stella Pitagorica a cinque punte e il globo terrestre. Quella stella era il simbolo dei Pitagorici e si trova ancora oggi in più di cinquanta bandiere nazionali: USA, Cina, Nord Corea, Algeria, Pakistan ecc. Anche la stella dell’emblema d’Italia fu voluta dai Padri Costituenti come richiamo alla Magna Grecia. Noi presentiamo quella stella al mondo come simbolo dei cinque principi etici italico-pitagorici: libertà, amicizia, comunità di vita e di beni, dignità della donna, vegetarismo. La bandiera viene innalzata solennemente a Serra in prima mondiale assoluta.
2. Inno Mondiale. Il mondo non ha un inno e noi lo abbiamo scritto mettendo in poesia i valori di pace universale, felicità e benessere cui ogni persona in ogni tempo aspira. Esso è stato musicato dal Maestro Mario Grandinetti, andreolese residente a Roma.
3. Distruzione delle armi sull’incudine. E’ il gesto che da bambino ho visto fare da mio padre, il fabbro mastro Vincenzino Mongiardo, nella sua forgia a Sant’Andrea Jonio. Egli schiacciò sull’incudine la canna di un revolver, che qualcuno gli aveva portato da riparare, dicendo: Basta guerre, basta armi! Noi ripetiamo quel gesto spezzando una spada, come faranno una Dama assieme ai Cavalieri Guardiani di Pace. Poi io romperò col martello un fucile di guerra, e Caterina Villirillo, madre del giovane Giuseppe Parretta ucciso a Crotone, romperà una pistola. Distruggere tutte le armi e non produrne più significa vivere nell’abbondanza senza problemi di soldi e nella gioia dell’amicizia. Questo non è un sogno irrealizzabile, non è una vana utopia: al contrario, sogno e utopia indicano lo scopo cui l’umanità deve tendere. Pensare che sia impossibile un mondo senza armi e senza guerre è come spegnere il desiderio di bene, respingere il sogno e perdere la speranza. Più un sogno sembra irrealizzabile, più è destinato a realizzarsi. Nessun governo del mondo potrà resistere all’ondata del desiderio di pace e benessere degli abitanti di tutto il pianeta.
4. Abete ricordo. Sarà piantato un abete che sarà messo a dimora in un luogo adatto in ricordo della proclamazione di Serra San Bruno Capitale Mondiale per la distruzione di tutte le armi.
5. Bue di Pane. Gli Itali infornavano un bue di pane col primo grano mietuto per ringraziare il bue che aveva tirato l’aratro prima della semina. Pitagora vide quel bue di pane, ne capì l’importanza simbolica e l’offrì agli Dei quando scoprì il suo famoso teorema. Noi ora lo proponiamo come simbolo della fine di ogni uccisione. Quel bue, a vaccareddha ‘e pana, era prodotto in diversi paesi della nostra zona, come Badolato, fino a pochi decenni fa. E’ sopravvissuto solo a Spadola, dove si fa ininterrottamente da millenni, e noi lo portiamo adesso in tutti i Sissizi.
6. Sissizio. Era il convito comunitario (dal greco syn sitein = mangiare insieme), istituito da Re Italo quando gli Itali dividevano in parti uguali il grano raccolto. Quei sissizi antichi si diffusero da qui in tutto il Mediterraneo fino a Creta, Sparta ed Egitto. Noi li abbiamo riaperti nel 1995 a Sant’Andrea Jonio.
7. Lacina e Lacinio. Il bosco di Serra è chiamato da sempre Lacina, come a Crotone c’è il Capo Lacinio, dove sorgeva il tempio di Hera Lacinia. Sembra che questa sia una parola indoeuropea che indica un insieme di boschi e acque. Lo stesso fiume Ancinale, che nasce a Serra e sbocca a Soverato, era Lacinale. Alla Lacina arrivò uno straniero, San Bruno, figlio di una cultura nordica guerresca, per cercare la pace. E a Crotone arrivò Pitagora, un altro straniero figlio di una cultura greca non meno guerresca, anche lui in cerca di pace. Questa è una chiara indicazione della sacralità della terra di Calabria e del suo destino di dare al mondo la nuova civiltà proponendo l’Italia come patria etica universale.
8. Evoè. Era il saluto che nei tempi della Magna Grecia si levava nelle nostre terre e in greco significava evviva. Ne è rimasta traccia nel napoletano e in alcuni dialetti: Oè, Ciro! Uè, chi si vede! Noi lo riproponiamo come saluto negli incontri, nei brindisi e in tutti i momenti di gioia ed esultanza.
Salvatore Mongiardo