Comunicato stampa – Sta sbriciolandosi il “Muro del Sud” mediterraneo e mediorientale con la rivolta dei popoli oppressi, avendo proprio i giovani “internet-nauti” come protagonisti. Ma sta cominciando a preoccuparsi pure l’Europa con le manifestazioni di giovani indignati perché senza presente e, quindi, senza futuro. Per il momento tali manifestazioni sono pacifiche, però potrà non essere così quando le famiglie (il più vero e il più determinante ammortizzatore sociale) avranno esaurito i risparmi che tengono ancora in piedi figli e nipoti senza lavoro e senza prospettive. Il mondo cosiddetto occidentale e l’Europa in particolare si troveranno presto ad affrontare grandi masse di diseredati disperati, interni ed esterni. L’Università delle Generazioni ritiene che è, quindi, assolutamente necessario ed urgente non soltanto “risarcire” i giovani del tempo perduto perché costoro, senza lavoro, con lavoro precario e, comunque, senza contributi pensionistici, saranno senza futuro, ma ritiene che è altresì oltremodo urgente e necessario garantire un lavoro ed una dignità sociale per far sì che la stessa Europa abbia un futuro e non venga inesorabilmente cancellata dalla Storia. Come risarcire i giovani?… L’Università delle Generazioni insiste principalmente nel recupero dell’evasione fiscale (nella sola Italia vale circa 300 miliardi di euro) e poi in una vera e propria “rivoluzione culturale” che tenga conto, tra tanto altro, pure di ciò che l’inciviltà dei consumi ha reso inutilizzabile o marginale (si pensi, ad esempio, alle troppe terre incolte che potrebbero essere, se non coltivate, almeno rimboschite con sicuri vantaggi economici ed ambientali). Bisogna, inoltre, introdurre, là dove non c’è ancora (come in Italia) il cosiddetto “salario di cittadinanza”. E poiché i giovani disoccupati e precari non hanno attualmente la possibilità di versare i contributi pensionistici, gli Stati (tra cui quello italiano) devono assolutamente versare tali contributi pensionistici a tutti coloro che, finita la scuola dell’obbligo, non hanno un’occupazione coperta da contribuzione pensionistica. Ovviamente, bisognerebbe riformare l’avvio al lavoro, da rendere obbligatorio, previo esame attitudinale: non accettando il lavoro obbligatorio il giovane potrebbe restare fuori dai benefici economici e pensionistici. Altro esempio, tra i tanti. Oggi il riscatto del periodo scolastico per conseguire il diploma non esiste nella legislazione, mentre ha costi proibitivi il riscatto degli anni universitari e di laurea a fini pensionistici. Eppure, studiare deve essere considerato un vero e proprio lavoro e come tale deve avere un riscontro pensionistico. Se le famiglie mantengono i figli agli studi, sborsando ingenti somme di denaro, sia almeno lo Stato a dover pagare i contributi per coloro che, studiando, si preparano a dotare la nazione di lavoratori esperti e altamente qualificati. Invece assistiamo al paradosso che le famiglie e lo Stato spendono soldi per la formazione dei giovani i quali sono poi costretti, in buona parte, ad emigrare, lasciando i benefici di tale preparazione professionale ad altri popoli e ad altre nazioni.