L’uomo che ha guidato il peschereccio scalcinato con a bordo i 239 migranti soccorsi e sbarcati ieri a Messina è Rouhoume Ali, un tunisino di 35 anni.
E’ stato senza alcuna esitazione riconosciuto dai tanti eritrei, siriani e bengalesi come colui che ha guidato il mezzo dalle coste libiche, con tanto di mappa e bussola al seguito, due telefoni cellulari con relative schede sim, 350 euro nello zaino e 600 nascosti sotto la suola di una scarpa.
D’altronde sapeva come fare. Non si trattava infatti del primo viaggio. Il 35enne tunisino aveva già raggiunto Lampedusa nell’ottobre del 2013 e Palermo, con scalo aereo, nel dicembre dello stesso anno. Arrestato nel marzo del 2014 per concorso in immigrazione clandestina dopo un nuovo arrivo a Lampedusa, l’uomo era stato scarcerato nel luglio dello stesso anno ed espulso dal territorio nazionale. Ogni volta aveva fornito un’identità diversa. Fino a ieri, quando i riscontri effettuati dal locale Gabinetto di Polizia Scientifica ne hanno ricostruito la storia e l’identità.
Le indagini effettuate dagli agenti della Squadra Mobile hanno completato il quadro d’insieme ed individuato le evidenti responsabilità dell’uomo in un traffico di uomini ormai ben rodato: rastrellamento dei migranti attraverso ogni mezzo, Facebook e passaparola compresi, trasferimento presso strutture in prossimità del luogo di partenza in attesa del momento giusto e di un numero congruo di persone da trasferire sui mezzi di fortuna. Costo del viaggio pro capite, almeno stavolta, circa 1200 dollari.
L’ultima delle tante somme pagate nel viaggio senza fine di uomini, donne e bambini che lasciano il paese d’origine e pezzo di mondo dopo pezzo, a volte aiutati dalle famiglie d’origine, più spesso cercando lavori di fortuna, sempre e per tutti alla ventura, raggiungono le coste della Libia.