Piazza Unità d’Italia gremita ieri sera per la celebrazione del rilevante Premio Zappalà, nel trentottesimo anniversario della nefasta strage di Bologna in cui persero la vita ben ottantacinque persone. Tra di esse Onofrio Zappalà, giovane originario di Sant’Alessio Siculo che i compagni di scuola hanno voluto ricordare fondando l’omonima associazione “Amici di Onofrio Zappalà”. Presenti il presidente Antonello D’Arrigo e il vicepresidente Natale Caminiti, che hanno condotto egregiamente l’evento. Hanno invitato sul palco Danilo Lo Giudice, sindaco di Santa Teresa di Riva, e Domenico Aliberti, presidente del Consiglio comunale di Sant’Alessio Siculo, paese da cui proveniva Zappalà.
La serata ha avuto inizio con una profonda riflessione di Caminiti sulla vita e la morte, sulla mafia e le sue numerose vittime, sui depistaggi e le ingiustizie, di fronte ai quali non termina mai la sete di verità e di legalità. D’Arrigo ha ricordato l’amico scomparso, nel tentativo di «far vivere Onofrio Zappalà nella continuità, nell’insegnamento delle scuole che fanno il loro dovere di dare un’educazione che deve essere anche conoscenza della legalità». Si è poi dato spazio alle testimonianze di vita degli esemplari ospiti: lo scrittore Elia Minari, il testimone di giustizia Alessandro Marsicano ed il magistrato Caterina Chinnici.
Elia Minari è un coraggioso studente che a soli sedici anni iniziò con i propri compagni un’inchiesta a Reggio Emilia sulla mafia nel nord d’Italia, rendendola poi una missione di vita. Dalle seguenti ricerche ha avuto origine il testo “Guardare la mafia negli occhi”, un invito alla lotta contro l’omertà e l’indifferenza spesso dilaganti. La Repubblica lo definisce come il nuovo Peppino Impastato, per l’audacia e l’impegno nell’indagare e nel denunciare. Grazie a lui sono emersi casi di professionisti plurilaureati collusi: imprenditori e consulenti finanziari settentrionali che, diversamente da quelli meridionali, non subiscono nolenti l’attacco della mafia ma la ricercano volutamente per ottenere più soldi e migliorare i propri affari. Minari ribalta così i pregiudizi sul Meridione, raccontando di locali invischiati con la criminalità organizzata, tuttora aperti e frequentati.
Esperienze vissute in prima persona che fungono da esempio per tutti: egli stesso ha evidenziato come l’attività da lui svolta potrebbe essere compiuta da qualsiasi studente, attingendo ai documenti pubblici. Alessandro Marsicano, imprenditore palermitano che ha avuto il coraggio di ribellarsi ai soprusi mafiosi, ha ritirato il premio Zappalà a nome di Piera Aiello. La rinomata politica e testimone di giustizia purtroppo assente per motivi familiari, è intervenuta telefonicamente ringraziando per il riconoscimento donatole. Marsicano, vittima di estorsione per cinque anni nella sua pasticceria, ha denunciato conducendo all’arresto di oltre quaranta persone.
Attualmente vive sotto scorta e ringrazia l’attività delle forze dell’ordine, un po’ meno quella carente delle istituzioni: «Non è stato facile denunciare perché viviamo ancora in una realtà in cui chi sacrifica la propria vita per lo Stato alla ricerca di verità e giustizia non viene sempre supportato […] Molti trovano il coraggio di denunciare questo fenomeno criminale che oscura il volto buio della nostra Sicilia». Simbolo di speranza e di capacità di reagire, incontra spesso i ragazzi delle scuole perché «sono loro i protagonisti del nostro futuro, grazie a loro le nostre idee continueranno a camminare su gambe più forti [… ] La mafia non è invincibile, ha avuto un inizio e avrà una fine, ma dobbiamo lottare». Caterina Chinnici, figlia dell’importante magistrato Rocco Minnici, ha ricordato l’operato del padre nella lotta alla criminalità organizzata, istituendo il cosiddetto “pool antimafia” prima di divenirne vittima il 29 luglio del 1983 a Palermo nel primo attentato terroristico di Cosa Nostra.
Stava indagando personalmente sul cosiddetto “processo dei 162”, che poi sarebbe diventato il maxiprocesso che coinvolse oltre quattrocento imputati, dando un innovativo contributo alla giustizia come i colleghi Falcone, Borsellino e Dalla Chiesa. Essi rappresentano l’impegno dell’Italia agli occhi dell’Europa, come ha affermato la figlia Caterina sottolineando l’importanza di contrastare la tendenza alla rassegnazione e al silenzio, trasformando invece il dolore in uno stimolo per tutti. «La bellezza della nostra terra non è soltanto il mare, non è soltanto il sole, ma è quello che sta accadendo qui questa sera, il fatto che noi ci stiamo incontrando per fare una cosa bellissima, cioè l’esercizio della memoria», ha aggiunto.
Si è proseguito con l’esibizione di alcuni studenti dell’Istituto Comprensivo, con la lettura di due profonde riflessioni sulla difficile situazione in Sicilia e del toccante monologo “La forza delle parole”, mostrando la voglia di giustizia che invade il nostro paese solo in apparenza disilluso e cinico. In conclusione, è stata consegnata una medaglia di riconoscimento al presidente D’Arrigo ed assegnate delle borse di studio tra i dieci finalisti dei locali licei scientifico e classico: vincitrici Migliastro Alice e Di Bella Maria Elena. Infine la premiazione di Chinnici, Minari ed Aiello, vincitori del Premio Zappalà anno 2018. Un ulteriore riconoscimento verrà consegnato ad ottobre a Giovanni Impastato, fratello del celebre Peppino, giornalista vittima di mafia. È stata una manifestazione importante che si rinnova ogni anno con l’auspicio di risvegliare le coscienze e, come espresso da Caterina Chinnici, «non perdere il vizio della memoria».
Cristina Trimarchi