L’attacco destabilizzante della ’ndrangheta intimidisce e uccide i Carabinieri. L’urto mafioso travolge le ultime barricate erette dalla gente perbene. “L’omicidio del Brigadiere Antonino Marino è un atto eversivo”, afferma categorico il sostituto Procuratore della Repubblica Ezio Arcadi che conduce le indagini, “siamo fuori dai confini di un normale delitto di mafia”. E’ la mafia degli affari della droga, la mafia dei sequestri di persona. Quando l’economia criminale è intaccata, la ‘ndrangheta reagisce in maniera selvaggia. Uccide in maniera esemplare, con intento pedagogico, per bloccare chiunque voglia avventurarsi sui sentieri inesplorati degli arricchimenti illeciti dell’Anonima sequestri. Ed è il “crimine” della ’ndrangheta a pianificarne l’esecuzione.
L’Amministrazione di San Lorenzo, sensibile ai richiami e alle ragioni della Legalità, pianifica il convegno per commemorare il compaesano trucidato Nino Marino, invitando le autorità e i familiari delle vittime della ferocia mafiosa. Il Brigadiere, calabrese di San Lorenzo, comandante di Stazione, investigatore coscienzioso e diligente, viene punito perché di ostacolo ai disegni dell’Anonima. Assassinato a trentatré anni, la notte di domenica 9 settembre 1990, all’una meno un quarto, a Bovalino Superiore, durante i giochi d’artificio per i festeggiamenti civili in onore della Madonna Immacolata, patrona dello storico borgo. Durante la sparatoria rimane ferita la moglie, Vittoria Dama, al terzo mese di gravidanza, e il figlio Francesco di appena due anni. Alla presenza di Vittoria (moglie), Tommaso ed Angelo (fratelli), dell’anziana mamma, dei Sindaci Bernardo Russo, Santo Monorchio e Ugo Suraci, nonché del Capitano dei Carabinieri Matteo De Filippis e del Maresciallo Walter Tribuna, del Giornalista Giuseppe Toscano, dei cittadini di San Lorenzo, vengono resi gli Onori al Sottufficiale, decorato di M.O.V.C. alla Memoria, presso la lapide, in cui è descritto il suo valore, eretta nella Piazza a lui dedicata, con la deposizione di una corona di alloro. Prosegue la lettura della Preghiera del Carabiniere, invocando la “Virgo Fidelis”, Patrona dell’Arma. La rievocazione continua nella sala consiliare del Municipio dove a coordinare gli interventi è Mimmo Nasone, Responsabile di Libera. Nello stesso contesto, sono ricordati le vittime della ’ndrangheta. Prendono la parola: il Sindaco di San Lorenzo, Bernardo Russo; il Presidente del Consiglio Regionale della Calabria, Nicola Irto; Nino Castorina, Consigliere della Città Metropolitana; Santo Monorchio, Presidente dei Sindaci dell’Area Grecanica; Miriam Noemi, Responsabile di Anci giovani, Carmela Battaglia, Vicesindaco di San Lorenzo. Tutti concordano che la scuola ha un ruolo centrale nella lotta alla delinquenza mafiosa. Rosanna Scopelliti, in un video messaggio inviato ai convenuti, traccia e ricorda la figura integerrima di papà, il Giudice Scopelliti; Stefania Gurnari, narra la vicenda del figlio Antonino quando, ancora in tenera età, a Melito Porto Salvo, viene ferito alla testa da un proiettile vagante sparato dal killer che manca il bersaglio designato; Anna e Totò Fava rivivono i tragici momenti del giovanissimo figlio Celestino, barbaramente ucciso nella campagne di Palizzi la cui colpa è di essere in compagnia di un altro giovane, il vero obiettivo da eliminare dai killers, proiettando un commovente video di fotografie inerente la breve e santa vita di Celestino; Tiberio Bentivoglio descrive la sua lotta e la continua resistenza al crimine organizzato della città di Reggio Calabria. Nel contesto, i cittadini di San Lorenzo rivivono le catastrofiche uccisioni, decise e portate a termine dalla ’ndrangheta, di Oreste Labate, figlio di imprenditore, oppositore della ’ndrangheta; di Carmelo Vadalà, Vicesindaco del Comune; Giovanni Criseo, Presidente dell’Aipo; Attilio Marino, onesto imprenditore; Angelo Pangallo, coraggioso imprenditore – silente eroe, in contrasto alla ’ndrangheta; Ninì Pontari, Assessore del Comune; Saverio Zuccalà, Sindaco del Comune, ferito dai pallettoni esplosi contro di lui dal fucile del killer, che tenta di ucciderlo. Affrontammo persecuzioni, fame e morte per affermare i valori della Giustizia, quando altri, da qualche cattedra, insegnavano con profitto come comportarsi ad essere retti, onesti, leali. Non riuscimmo a separare le luci dalle ombre e vicino a noi non rimase nessun amico: il pensiero della morte era il principale compagno. Tentarono d’insegnarci, senza riuscirci, che la ’ndrangheta si contrastava con i metodi divenuti ormai quanto mai attuali. Noi, in questa terra siamo stati una sorta di “pasdaran” nella trincea della prima linea mandati armati di sola baionetta, ma con dignità e coraggio obbedimmo e difendemmo ciò che era giusto. Fu il Brigadiere Antonino Marino che, per non venir meno al giuramento prestato alla Bandiera, sacrificò la propria vita perché ci fosse una società più giusta. Siamo noi a piangere, i Reduci e gli Arditi armati di baionetta, coloro che combatterono una guerra infinita mai vinta ed urliamo al mondo il nostro debito d’onore: non essere riusciti a strapparti dai tentacoli mortali del nemico.