A Roccella il 16 marzo un pomeriggio di riflessione sulla nostra Memoria Storica: Cessarè- Viaggio nella Locride degli anni ’70, un film documentario di Rina Amato.
Uno squarcio sulla storia sommersa della Calabria che presenta un’umanità resistente e profondamente attiva. La Storia della Locride come metafora del Tempo del mondo.
Un appuntamento quello previsto sabato 16 marzo 2024 a Roccella Jonica – ore 17.00 all’ex Convento dei Minimi a ingresso gratuito – che rientra nella I parte del progetto “La Memoria ci salva la Vita”, fortemente voluto e organizzato dal Comune di Roccella Jonica, amministrato dal sindaco Vittorio Zito, e dall’Assessorato alla Cultura guidato da Bruna Falcone.
Saranno presenti all’iniziativa, oltre agli amministratori comunali: la regista Rina Amato, la montatrice cinematografica Maria Valerio, i protagonisti del documentario e i loro familiari, alti rappresentanti istituzionali e intellettuali. Accompagneranno e guideranno la riflessione su quegli anni di impegno e di intense battaglie civili, in un confronto e dialogo allargati, la giornalista e scrittrice Annarosa Macrì e il magistrato in pensione, dott. Carlo Macrì.
Cessarè è un film sulla storia e la memoria delle lotte per la conquista dei diritti sociali e civili nella Calabria degli anni ’70.
Cessarè è la narrazione di un viaggio nel tempo, individuale e collettivo, etico e civile; è una riflessione sulla complessità dei processi storici, sulle sue sospensioni e sulla capacità dei movimenti di base, in tutti i Sud del mondo, di liberarsi dai soprusi e dalle ingiustizie e di avviare percorsi per l’acquisizione dei diritti fondamentali dell’uomo e dei principi della giustizia sociale.
Cessarè è la narrazione di un viaggio nei luoghi, la Locride degli anni ’70; è la narrazione corale di un ’68 sconosciuto dell’estrema periferia italiana: lo Jonio reggino; è il percorso di emancipazione della generazione delle madri e delle figlie; è il cammino di liberazione degli indifesi, riuniti nelle comunità cristiane di base, dalle catene oppressive dei poteri tradizionali; è la disperata vitalità dei giovani dei collettivi operai-studenti della zona jonica; è la storia del coraggio civile di un piccolo comune, Gioiosa Jonica, che il 27 dicembre 1975 indice il primo sciopero generale contro la mafia in Calabria; è il mulino, sono gli orologi di Rocco Gatto, Vittima di mafia, ucciso dalla ‘ndrangheta il 12 marzo 1977 per aver osato liberarsi e liberare i cittadini onesti dai suoi mille tentacoli; è il senso profondo dello Stato incarnato e infuso nella popolazione civile, da un giovane Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Roccella Jonica, Gennaro Niglio, il cui impegno e rigore furono indispensabili nella lotta alla ‘ndrangheta dell’epoca; è la determinazione di un sindaco, Francesco Modafferi, che si oppone con passione civile alla ‘ndrangheta; è l’ottimismo di Natale Bianchi, ex prete sospeso a divinis, il suo continuo incitamento ad andare avanti e a prendere in mano il proprio destino per affrancarsi da tutte le forme di oppressione; è lo sguardo aperto e luminoso di Ciccio Gatto sul fratello e sul mondo; è la testimonianza e il coraggio e impegno civile dei protagonisti di quel decennio di battaglie civili: tre generazioni di donne, educatori, operatori sociali e culturali, magistrati, amministratori, uomini delle forze dell’ordine, sindacalisti, studiosi, giornalisti, uomini di diritto, intellettuali, religiosi…
Il nome “Cessarè” è proprio di un luogo geografico: una collina nel territorio del comune di Gioiosa Jonica (RC), coperta da vigneti e castagneti, che negli anni ‘70 subisce l’occupazione della ‘ndrangheta locale, ma è anche il luogo-simbolo dove inizia la silenziosa marcia di denuncia della popolazione civile di Gioiosa Jonica e della Locride, che seppe unire assieme interi territori, la Calabria e l’Italia intera: associazioni, comunità di base, sindacati, partiti, studenti, singoli cittadini. Quegli anni locridei sono stati ben ricostruiti nel libro inchiesta dei giornalisti Bruno Gemelli e Pietro Melia e dal titolo “Cessarè… La mafia calabrese degli anni ‘80. Dalle gabelle, alle guardianie, all’imprenditoria pubblica” (Frama Sud, 1980) curatissimo riguardo i fatti e gli episodi di cronaca di quel decennio.
Da quella stagione di lotte democratiche e civili dei cittadini calabresi è nata la necessità di fare la mappa visiva di quell’itinerario civile; di ripercorrere e sostare, assieme ai protagonisti, nei luoghi della memoria collettiva dimenticata per assorbirne i suoni e i profumi, la bellezza e il suo contrario; di riallacciare i fili di un dialogo generazionale, porre domande, ascoltare le voci dei “padri” per vivere il presente e immaginare il futuro.
Cessarè, più che soffermarsi sugli aspetti cronachistici di quel decennio e porre la lente di ingrandimento sui carnefici, la sposta sui protagonisti coraggiosi, sulle vittime e sui tanti cittadini che sin d’allora, iniziarono, tutti insieme, un “Cammino di Liberazione e Emancipazione Etica e Civile” dei nostri territori per affrancarli dallo stato di sottomissione in cui la miseria e la disoccupazione cronici, la mancanza di beni e servizi di prima necessità, li aveva ridotti e resi vulnerabili alle pratiche dei regimi totalitari della corruzione e delle clientele, del malaffare e delle mafie, tutte: agro pastorali e dei colletti già bianchi.
Il film documentario, indipendente, auto-prodotto dall’autrice e regista Rina Amato con il contributo IMAIE (anno di produzione 2008, anno di uscita 2009, Italia, durata 98’), è stato girato in digitale tra l’autunno del 2006 e il 2007 da una piccola troupe composta dalla regista e da giovani operatori e video makers calabresi, dotata di pochi mezzi tecnici ma di forti motivazioni e capitale umano. Molto curato nel montaggio e nella colonna sonora, da professionisti del Cinema italiano, il documentario si avvale, attraverso il metodo dell’osservazione partecipante, proprio dell’indagine socio antropologica, delle testimonianze dirette dei protagonisti principali di quella stagione di forte impegno civile, di acute analisi interpretative di storici, sociologi, antropologi, giornalisti, delle voci delle donne, e di una ricca documentazione cartacea, sonora, audiovisiva e fotografica inedita e proveniente da archivi privati; rappresenta il primo capitolo di un progetto più ampio sulla memoria storica che raccoglie testimonianze audiovisive su 60 anni di storia sociale calabrese, dagli anni ’80 a ritroso fino agli anni ’20; non ancora consultabile e visionabile in rete e sulle piattaforme perché attende, da vari anni, la pubblicazione di un libro-dvd da parte di un editore di saggi di storia; a sedici anni dalla sua prima uscita viene a tutt’oggi presentato, su invito, in spazi culturali pubblici, scuole, università, biblioteche, archivi storici, festival e rassegne, per una visione collettiva e comunitaria.
Rina Amato nata in Calabria, ha vissuto per trentacinque anni a Roma, rimanendo legata alla sua terra dal costante impegno sociale e culturale per la salvaguardia e valorizzazione del suo immenso patrimonio naturalistico, storico, architettonico, archeologico, socio antropologico e immateriale e soprattutto per la rinascita etica attraverso pratiche partecipate di buona cittadinanza. Laureatasi nel 2000 alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli studi di Roma ‘’La Sapienza’’ con una tesi sull’Economia Solidale nella Locride, ha unito a una formazione socio-politica e antropologica, l’attivismo e l’impegno costanti verso la tutela dei diritti umani e dell’ambiente, la giustizia sociale e la cura dei fragili, sviluppando parallelamente l’interesse verso la ricerca di nuovi linguaggi espressivi nei campi dell’arte e della cultura intesi come strumenti a servizio di tutta la comunità, per l’emancipazione democratica dei territori e delle popolazioni dei cittadini – bambini e adulti – che li abitano. Assieme a vari operatori sociali e culturali, educatori, persone umili e sapienti, intellettuali e artisti, enti e amministratori pubblici virtuosi, ha ideato, prodotto e promosso pratiche di arte sociale e cultura diffusa. Il suo naturale legame con l’immagine fotografica e con la ricerca sociale e antropologica l’hanno portata a sviluppare un profondo interesse per il documentario di narrazione. Ha seguito corsi e seminari di sceneggiatura e regia. Ha partecipato alla realizzazione collettiva di vari medi e cortometraggi, ha diretto video su tematiche sociali e culturali per associazioni e gruppi; ha collaborato con diverse case di produzione cinematografica, festival e rassegne di cinema, curandone l’ideazione, l’organizzazione, la promozione, l’ufficio stampa. Cessarè (Ita 2008-98’) è il suo primo lungometraggio. Riguardo alle motivazioni che l’hanno spinta ad avviare questo progetto, afferma: «Prima di avviare la ricerca audiovisiva, mi sono posta una serie di domande e sono giunta a una serie di riflessioni. Mi sono chiesta, soprattutto, perché i calabresi hanno interiorizzato e fatto proprio il tema della “perdita” e della conseguente rimozione della propria memoria storica. Io ho vissuto e vivo in Calabria, la comunità che documento. Qual è la differenza fra come le persone vedono il luogo in cui vivono e il modo in cui altri, esterni, lo rappresentano? Chi è che racconta la storia della comunità? E quali sono le sue responsabilità?».