Messina. E’ stata ritrovata nei giorni scorsi, negli scantinati di palazzo Zanca, abbandonata da oltre vent’anni, una scultura in bronzo realizzata da Agenore Fabbri e successivamente posta nell’atrio degli uffici del sindaco, Renato Accorinti. L’opera è stata oggetto di un’attenta valutazione da parte dell’artista Ranieri Wanderlingh, che, avendone constatato l’importanza, ha contattato Alessandra Migliorato, storico dell’arte del Museo Regionale di Messina. L’assessore alla cultura, Tonino Perna, ne disporrà il trasferimento nella Galleria d’Arte Moderna al Palacultura. Il bronzo appartiene alla serie delle “Risse”, opere nelle quali Fabbri esprime “l’orrore per la violenza che ha segnato la generazione uscita dal conflitto bellico, oggettivando figurativamente l’elemento di ferinità che sottende ad ogni conflitto. Non è, però, qui, la furia senza controllo a creare inquietudine e disagio, ma l’energia compressa, la tensione trattenuta dei due corpi che si contrappongono senza abbandonare la loro flessuosa eleganza, culminando nello sguardo sgomento della donna, colta di sorpresa dall’unghiata lacerante della belva”. La dott.ssa Migliorato ha redatto una scheda dell’artista toscano (Barba, Pistoia, 20/5/1911 – Savona 7/11/1998), che occupa un posto significativo nel panorama artistico novecentesco. Formatosi presso l’Accademia di Firenze, frequenta sin da giovane il celebre caffè “Giubbe Rosse”, luogo di ritrovo degli ermetici Eugenio Montale, Carlo Bo e del pittore Ottone Rosai.
Numerosi anche i premi ed i riconoscimenti nel corso della sua lunga carriera; nel 1938 ottiene il Premio Bagutta-Spotorno per la statua bronzea “Piccolo pescatore”, che viene acquistata dal Museo di Arte Moderna di Milano su proposta di Arturo Martini; nel 1940 realizza la sua prima mostra personale presso la Galleria Gian Ferrari di Milano. Nel 1952 a Messina consegue il primo premio alla Mostra della Ceramica d’Arte Italiana; nello stesso anno e nel 1960 realizza due esposizioni personali alla Biennale di Venezia. Partecipa a varie edizioni della Quadriennale di Roma, consegue per tre volte la medaglia d’oro alla Triennale di Milano (1948, 1951, 1973). Nel 1967 illustra dieci poesie di Salvatore Quasimodo, con il quale è legato da una profonda amicizia, tanto che l’anno successivo il poeta gli dedica una lettera aperta che viene pubblicata dal settimanale “il Tempo” in occasione della mostra alla Galleria Borgogna di Milano. Prima della sua scomparsa, nel 1998, diventa presidente dell’Accademia Nazionale di San Luca a Roma. Il linguaggio di Fabbri, in particolare negli anni centrali della sua esistenza, dal secondo dopoguerra fino all’inizio degli anni Ottanta, è caratterizzato da una particolare cifra espressionista, che trae ispirazione dai dati della realtà (in contiguità con la grande ondata del Neorealismo), trasfigurati, però, e scarnificati fino a ridursi ad una dimensione di essenzialità immediata, drammatica e sconcertante.