Foto dal web – Il patrimonio archeologico di Soverato questa estate si è arricchito di una “new entry”. Complice della scoperta il mare con le sue oscillazioni e l’attività della “Thalassoma Diving Center”. Il dott. Paolo Palladino, legale rappresentate della “Thalassoma Diving Center”, ha infatti segnalato al gruppo archeologico “Paolo Orsi” di Soverato lo spostamento e il relativo avvicinamento sulla riva di alcune pietre forate o ancore litiche che erano ben visibili nel basso fondale del tratto di mare prospiciente alla necropoli a Grotticelle di Soverato. Nel mese di agosto scorso i soci del gruppo archeologico avevano provveduto a reperire la documentazione fotografica di questi e altri manufatti notati nel fondale marino. L’interessamento di ignoti a tali oggetti era però già stato notato ma, in questo caso, era evidente il rischio di furto. Sorge spontaneo domandarsi a questo punto che cosa siano queste ancore litiche? Il problema dell’immobilizzo dell’imbarcazione è stato risolto nell’alta antichità in maniera molto semplice, legando cioè l’imbarcazione ad un sasso quand’essa si trovava sufficientemente vicino alla costa, oppure portandosi dietro il sasso che, legato ad una corda e gettato nel momento del bisogno sul fondale, assicurava un punto sufficientemente fermo grazie all’attrito determinato dal proprio peso secondo il principio dell’ancora a gravità. A cominciare dall’Odissea di Omero la letteratura greca e romana fa spesso cenno alle “pietre di fondo”, a lungo impiegate e trovate numerose, ascrivibili fino al primo millennio dopo Cristo, usate anche dai Vichinghi e, in etnografia, da molte popolazioni fino ai giorni nostri. Il ritrovamento di queste ancore litiche è sicuramente una bella scoperta ma, purtroppo, c’è un’altra faccia della medaglia, in quanto i reperti non hanno una casa che… li accolga. ««Il sindaco di Soverato – ha così raccontato Angela Maida, direttrice del “Paolo Orsi” – non vuole i reperti. Ha già chiamato la dott. Iannelli, ispettore di zona della Soprintendenza archeologica, che verrà a prendere i reperti per portarli al museo di Monasterace. Certo, meglio il museo di Monasterace che il deposito degli attrezzi del Comune. Il primo cittadino, infatti, non ha voluto che i manufatti fossero portati all’acquario comunale». Sicuramente il rifiuto da parte di Taverniti sarà ben motivato, ma è grave che una cittadina come Soverato non disponga di un luogo dove esporre i propri reperti. «Durante la passata amministrazione – ha così proseguito Angela Maida – il sindaco Mancini aveva concordato proprio con la Iannelli di allestire uno spazio comunale proprio in questi locali che, tra l’altro, dispongono di impianti di sicurezza. Per essere più chiari si prospettava – all’epoca – la possibilità di esporre i reperti di Soverato e anche alcune anfore che la Iannelli avrebbe portato dai depositi di Reggio Calabria. Ma per Soverato basterebbe recuperare ed esporre i propri: due ancore tardo romane, provenienti dal nostro mare, sono conservate al Museo di Capo Colonna e altri reperti, certamente, potrebbero essere consegnati da altri cittadini. Perché mai dovremmo rinunciare a tutto ciò?». La domanda di Angela Miada appare più che legittima. Siamo sicuri che non vi sia una diversa soluzione? È importante per la comunità soveratese evitare lo “sfratto” di questi nuovi reperti.
Gazzetta del Sud – Maria Anita Chiefari