87046723_114818623430560_3748298219273060352_oCi sono enti che sono una chiara espressione politica, perché vengono fuori da percorsi elettivi che si basano sul confronto tra i partiti, ed enti dichiaratamente “superiori” i cui gestori – pur venendo designati attraverso un percorso politico – hanno il dovere di mantenersi al di sopra delle parti, e pensare al bene comune. Il Parco nazionale d’Aspromonte è uno di questi. E lo è per le sue caratteristiche geografiche, per le sue risorse naturali, per l’antropologia storica a cui hanno attinto Cesare Pavese, Corrado Alvaro, Saverio Strati, Francesco Barillaro. Lo è perché essere “Parco” richiede un sacrificio di territorio da parte dei Comuni, cioè limiti e restrizioni senza nulla in cambio, con l’unica finalità di proteggere i delicatissimi ecosistemi aspromontani. Un sacrificio di “livello superiore”, che non può e che non deve avere colore politico. Parte integrante della montagna, e diretti responsabili della sua salute, sono i popoli che la vivono da secoli. Prima di parlare di Parco è dunque necessario concentrarci su di essi. La Gente alvariana è sopravvissuta, in modo dignitoso, a importanti dissidi interni che l’hanno vista dividersi, combattersi e infine dilaniarsi sotto colpi intestini. Siamo negli anni Ottanta, nel ventennio più buio della sua storia: quello dei sequestri di persona. Ma è una guerra, e in guerra pagano soprattutto gli innocenti, e da innocente la Gente d’Aspromonte ha pagato le tensioni e i disaccordi interni secondo quelle regole che ne hanno garantito per anni la sopravvivenza. Regole efficaci, tribali, ma non tollerate da uno Stato che, a sua volta, è piombato duro all’interno di quel perimetro, isolandolo ancora di più, tenendolo sotto assedio con un dispiego di forze armate che ancora lascia sgomenti. E mentre nel triangolo nero d’Italia si setacciava a tutta forza sotto l’occhio attento della stampa mondiale, la provincia reggina moriva. Una guerra, dicevamo, combattuta su più fronti, senza far distinzione tra colpevoli e innocenti; e un veleno che si insidiava lentamente nelle pagine di storia, iniettato per uccidere tutto quello che sarebbe stato dopo. Anche i figli. È il pregiudizio ad essere stato letale, più feroce degli ‘ndranghetisti e delle squadriglie armate, perché tutt’oggi avvolge e soffoca; è la diffidenza di chi – pur non conoscendo – addita e schernisce; è il ricatto, perché nascere aspromontani è una colpa da cui mai ci si potrà redimere.

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Creazzo non c’entra nulla con l’Aspromonte, e meno ancora con l’Ente Parco. Creazzo inizia e finisce nella sua Sant’Eufemia.

Ma i compagni al potere, già privati della Sanità che avrebbe loro garantito altre poltrone, non potevano permettersi – a due anni dalle regionali – di non avere il controllo di mezza provincia reggina, e un po’ come nel Risiko quella di Creazzo era l’armata giusta nel posto giusto. Vicepresidente all’atto della scadenza del mandato di Giuseppe Bombino, diviene facente funzioni (che avrebbe dovuto essere solo temporaneo) nella fase di transizione tra il vecchio e il nuovo presidente. Il Parco è un ente particolare e la procedura per designare un nuovo vertice è abbastanza complessa: partendo da una rosa di nomi, serve l’intesa tra il Ministro dell’Ambiente e il Governatore della Calabria. Ma Oliverio non intende intendere, e ciò si concretizza in un anno e mezzo di nulla per gli aspromontani. Ché loro pagano, e pagano sempre. La figura, inoltre, dovrebbe essere qualificata e colta, e avere la sensibilità di parlare di flora, fauna, cultura, ecosistemi, e di una montagna che per sua conformazione (particolarmente ripida sul lato orientale) necessita di attenzioni costanti e di uno “strappo” alle logiche rigide dei Parchi che poco tollerano l’uomo, ma la componente antropica – in Aspromonte – deve essere considerata essenziale alla salvaguardia di tutto il sistema. Il Parco dovrebbe dunque svolgere un ruolo di collante: laddove la città metropolitana non riesce ancora ad arrivare, resta l’unico ente non repressivo che si interfaccia con i Comuni e con la gente.

Dunque, cosa c’entra Creazzo con il Parco nazionale? Lui, uomo del PD, amico di un governatore del PD, sottoscrittore e sostenitore per la ricandidatura di Oliverio. Sempre nel PD.

È la nostra storia, la solita, della Calabria tutta e dei suoi vari “Aspromonte” che si devono piegare alle logiche di chi detiene il potere e ha il compito di dimostrare a Roma quanto egli appartenga ad un simbolo e non alla propria terra. E tutto resta finalizzato al benessere personale e del proprio gruppo, che il branco è sacro, e non basta la poltrona e l’annesso lauto stipendio, le mani vanno messe ovunque. Per il partito. Domenico Creazzo, già sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte, vicepresidente del Parco nazionale fino a qualche giorno fa, neoeletto consigliere regionale, oggi è ai domiciliari per voto di scambio o qualcosa del genere. E se ci fosse finito per e con il PD sarebbe solo il triste epilogo di tante altre storie uguali. No, Creazzo si supera. Lui oliveriano d’acciaio, stratega della politica, viene eletto con gli integerrimi di Fratelli d’Italia, nel cui simbolo è stampata (ma non arde) la fiamma del Movimento sociale italiano. Il centrodestra arrivato al 26 gennaio è un girone dantesco, in cui si è accaparrato di tutto: socialisti, democristiani, radicali, e poi i voti a pacchetti, e migliaia di firme per sottoscrivere le liste raccolte nottetempo, e gente plagiata al punto di essere felice di stare nel pacchetto di uno piuttosto che di un altro, o del medico che può sempre servire, o dell’imprenditore che a chiedere un posto di lavoro in nero e sottopagato potrebbe anche concederlo. E notturni porta a porta, telefonate pure ai morti, voti a pagamento (e molto a buon mercato). Abbiamo visto famiglie squartate dai fac-simile e dall’ignobile divedere i voti fra i richiedenti. E padri chiedere ai figli di eseguire senza pensare. Perché – alla luce di un sistema allo sfascio sotto tutti i punti di vista, che piega i cittadini calabresi al doversi arrangiare e li costringe a prostituire la propria libertà di espressione – il modo di farsi la campagna elettorale non è penalmente perseguibile? Dovrebbe rispondere, Creazzo, oltre che di voto di scambio o qualcosa del genere, del caso in cui abbia utilizzato la propria posizione di vertice all’interno del Parco per la sua candidatura alle Regionali; se in quella sorta di Via Crucis intrapresa qualche settimana prima di Natale abbia (lui o chi per lui) distribuito materiale elettorale; se sentirlo parlare (finalmente) di progetti e di buoni propositi abbia avuto a che fare con la ricerca del suo personalissimo consenso. Ecco, se lo avesse fatto, anche questa dovrebbe essere un’accusa penale. Ma ora lasciamo che si difenda, perché nessuno può essere ritenuto colpevole fino al terzo grado di giudizio. Ma chi difenderà gli aspromontani dai danni dei vari Creazzo, adesso? Che loro pagano, e pagano subito. Persino Oliverio li ha snobbati quando – nel corso della due giorni estiva “Gente d’Aspromonte” organizzata dalla stessa Regione Calabria – ha evitato di arrivare fino ad Africo antica, fermandosi a Bova. Per le strade dissestate forse? O per il fatto che sul Comune di Africo gravava il responso della commissione d’accesso che poi ha deciso per lo scioglimento dell’Amministrazione? Temeva (forse) il Governatore di compromettere ciò che del suo curriculum era rimasto illibato? Che si difendano dunque gli accusati, ma che non trascinino con sé, qualunque sia il verdetto, la Gente d’Aspromonte. Questa è solo la punta di un iceberg che ha radici molto profonde e che per sciogliere bisognerebbe mettere in discussione tutto. Anche noi stessi. E rieducare i calabresi alla libertà e al senso civico. E alla lotta, che il nostro popolo non lotta più e la forma di ribellione più spinta che conosce – ormai – è l’astensionismo millantato su Facebook. E noi attivisti investiamo tutto, e ci crediamo, e ci speriamo, ma non facciamo più rumore. Insisteremo ancora. E ancora.

 Attivisti Meetup Reggio 5 Stelle

Attivisti Meetup “Magna Grecia” 5 Stelle

 

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