Passaggio di sguardi e aperture, incrocio d’orizzonti dentro un’immagine senza tempo, scolpita sul cemento con la vernice. C’è un dono d’amore al centro di “A sicilian mother”, l’opera murale che Guido van Helten ha realizzato per il quarantennale dell’Avis di Ragusa in collaborazione con FestiWall, inaugurata oggi alla presenza dell’artista australiano, tra massimi esponenti della street art figurativa mondiale, del direttore artistico del Festival, Vincenzo Cascone, del presidente dell’Avis comunale, Paolo Roccuzzo, e del sindaco Giuseppe Cassì, insieme a una nutrita rappresentanza di alunni della scuola Francesco Crispi.
Raffigurando una mamma che allatta il figlio, ma anche una donna, la stessa, che osserva e abbraccia una bimba di origini lontane, van Helten libera sul muro un gesto intimo e privato, che nello spazio urbano diventa subito condiviso in una dimensione sociale e popolare, come simbolo laico di generosità e disponibilità verso l’altro, lo sconosciuto, il forestiero. Così, nella visione dell’artista, prende forma il ritratto collettivo di una storia lunga 40 anni, scritta da tantissime persone, da un numero così alto di donazioni e donatori – molti dei quali stranieri – che non ha eguali tra le città italiane ed europee.
Seguendo il filo del dono, della solidarietà come valore senza confini, il perimetro del murale si allarga su una prospettiva globale e l’abbraccio materno diventa totale, rivolto a tutti i cittadini, di tutti i popoli. «Il bene comune, in fondo, si nutre di qualcosa che prescinde dall’interesse privato o personale, e la madre siciliana che Guido ha dipinto», spiega Vincenzo Cascone, «non mette in discussione il rapporto naturale con il proprio figlio, ma anzi lo rinnova nella possibilità di occuparsi anche della presenza “altra”: una figura sociale che viene letteralmente spinta dentro un legame assoluto come quello naturale fra madre e figlio. L’Avis coagula lo stesso sentimento di partecipazione solidale, di cura di sé e degli altri senza distinzioni di sorta: etnia, nazionalità o altre futili categorie di propaganda politica».
E al di là dei muri, quelli umani e territoriali, nell’orizzonte c’è un’altra Madre, la Sicilia, che nella sua storia, ricorda l’artista australiano, «ha prodotto un ricco intreccio di popoli e culture, dagli arabi ai romani, dai greci agli spagnoli, dai normanni agli italiani. Proprio adesso l’Isola sta affrontando la necessità di una scelta umanitaria all’interno della grande crisi che attraversa il Mediterraneo, come primo punto di approdo e di rifugio per i numerosi migranti che arrivano dalla costa africana. L’immagine della madre siciliana vuole legare insieme il concetto classico di carità con l’attuale urgenza di aiuto a mani aperte».
Ma la Sicilia è anche la prima fonte d’ispirazione dell’opera. Prima di comporre il murale, van Helten ha infatti ripercorso l’iconografia classica partendo proprio dalle radici culturali dell’Isola, in particolare dell’area iblea. In questo percorso, spiega van Helten, «mi sono lasciato ispirare dalla “Dea Hybla”, la statua in calcare della “Dea Madre” in trono che allatta due gemelli risalente al VI scolo a.C, esposta al museo Paolo Orsi di Siracusa. Poi ho studiato le sculture dei grandi maestri che hanno affrontato il tema della carità, e ho trasportato spunti e suggestioni sulla grande tradizione degli scalpellini iblei, visitando gli splendidi palazzi barocchi di Ragusa Ibla, le statue del cimitero monumentale e il museo Archeologico di Ragusa».
Sullo sfondo resta un altro dono, uno scambio che van Helten rinnova dopo “L’attesa”, il murale realizzato in occasione di FestiWall 2017 sul doppio prospetto della Francesco Crispi e del Liceo Classico di Ragusa, a pochi metri dalla sede dell’Avis. È il dialogo reciproco, fra l’autore e la città, fra la sensibilità del primo e l’apertura all’ascolto della seconda, sulla stessa lunghezza d’onda del FestiWall, che con “A sicilian mother” apre l’edizione 2019, la quinta e ultima a Ragusa. L’opera sarà visibile anche di notte grazie ai corpi luminosi che saranno fissati alla base del palazzo, in via Giordano Bruno, sotto la sede dell’Associazione.