Questo viene definito dal Galimberti (2006, vol. 3°, p. 553), come la “reazione emozionale intensa ad una serie di stimoli esterni che mettono in moto risposte fisiologiche e psicologiche di natura adattativa. Se gli sforzi del soggetto falliscono perché lo stress supera le capacità di risposta, l’individuo è sottoposto a una vulnerabilità nei confronti della malattia psichica, di quella somatica, o di entrambe”.
Gli stimoli esterni e, quindi, gli agenti stressanti, possono essere numerosi. Vi può essere uno stress fisico dovuto a stimoli come il caldo ed il freddo o gli eccessivi sforzi muscolari; vi può essere uno stress psicologico, dovuto a stimoli emozionali (Galimberti, 2006, vol. 3°, p. 553), come il dover affrontare le richieste delle persone che vivono accanto a noi, ad esempio, quando i familiari richiedono al bambino un comportamento irreprensibile: eccessivamente educato, ordinato, ubbidiente, puntuale o un impegno scolastico sproporzionato alle sue possibilità. Vi sono, inoltre, gli stress psicosociali, nei quali il bambino è costretto ad affrontare una situazione esterna, caratterizzata da difficoltà interpersonali, sociali o individuali (Galimberti, 2006, vol. 3°, p. 554). Per Clancy Blair (2003, p. 45): “Lo stress influenza lo sviluppo cerebrale di bambini anche molto piccoli, probabilmente perfino prima della nascita”. “Gli ormoni dello stress possono modificare i circuiti cerebrali in via di sviluppo. In particolare influenzano le connessioni neurali nella corteccia prefrontale, che presiede alle funzioni esecutive”. Queste zone cerebrali sono fondamentali per il ragionamento, la pianificazione e la risoluzione dei problemi e per regolare le emozioni e l’attenzione, e sono essenziali al successo accademico (Clancy Blair, 2013, p. 45). Se nei bambini lo stress può impedire lo sviluppo di capacità cognitive importanti, lo stesso è pericoloso a ogni età. Negli adulti, ad esempio, può sconvolgere e portare scompiglio anche nelle loro capacità relazionali e di concentrazione. Se lo stress si presenta in maniera cronica, può danneggiare la persona sia fisicamente, sia emotivamente che intellettualmente. Con conseguenze psicologiche gravi, come depressione e ansia cronica.
Uno stress può essere ben retto e gestito, quando non è frequente, non è eccessivamente intenso o quando la persona che lo vive è abbastanza forte, solida e matura, per riuscire a sopportarlo. In caso contrario può provocare, in chi lo subisce, delle conseguenze psicologiche, ma anche fisiche, più o meno gravi.
L’esposizione precoce a stimoli ambientali stressanti, come possono essere la separazione del bambino dalla madre, la presenza di intensa conflittualità all’interno della famiglia, la depressione o l’ansia genitoriale, il cattivo rapporto con gli insegnanti o con i coetanei, è in grado di alterare, in senso negativo, la sensibilità dell’individuo ai successivi stimoli stressanti; quindi in epoche e momenti successivi, anche stimoli molto modesti e banali possono causare una notevole ansia.
Pertanto uno stress lieve su una persona che ha l’età, la maturità e la robustezza psicologica sufficiente per affrontarlo e ben sopportarlo, produce effetti positivi, come una maggiore gioia e gratificazione, alle quali seguono una maggiore maturità e robustezza interiore, date dal piacere di affrontare, con buoni risultati, un cammino più impervio e difficile del solito. Se invece la situazione stressante si ripete frequentemente, è troppo intensa o agisce su un bambino già provato da stress precoci ed eccessivi, questi, nonostante la buona volontà e nonostante tutti i tentativi di ben affrontare la richiesta, non riuscendo nell’intento è costretto a cedere. In questi casi si ha la fase dell’esaurimento e del collasso delle difese, con pesanti ripercussioni sul piano fisico e psicologico (Meazzini, 1997, p. 33).
Questo tipo di stress con effetti negativi viene definito distress. Il distress prolungato nel tempo produce incremento del ritmo cardiaco, aumento della pressione arteriosa e del ritmo respiratorio, deficit del sistema immunitario e diminuzione delle capacità di ragionamento, con conseguente difficoltà ad affrontare i problemi che di volta in volta si dovessero presentare. Inoltre, nel caso di distress prolungati ed intensi, sono compromesse sia la memoria, sia la percezione della realtà esterna all’individuo (Meazzini, 1997, p. 39).
Quasi sempre gli stress sono di origine ambientale. Solo occasionalmente, invece, sono il risultato di impedimenti costituzionali non riconosciuti (Wolff, 1970, p. 37). A volte gli stress nascono da ottime intenzioni. Ad esempio, spesso, nella nostra società, i genitori, spinti dalla moda del momento e avendo paura di non stimolare sufficientemente il loro figlio e di privarlo di qualcosa, stimolano i bambini coinvolgendoli in mille attività: musica, danza, piscina, corso di inglese, pattinaggio. Ciò senza tener conto dei bisogni reali dei figli.
Come abbiamo già accennato, la possibilità di reggere e ben gestire una o più situazioni stressanti dipende da vari fattori:
l’età dell’individuo. Minore è l’età dell’individuo, minori saranno le possibilità di ben gestire i fattori stressanti (Meazzini, 1997, p. 32);
la frequenza, la durata, l’intensità e la gravita dell’elemento stressante. Maggiore è la frequenza, la durata e la gravità dell’elemento stressante, minori saranno le possibilità di reggerle efficacemente;
la robustezza o la fragilità psicologica della persona. Più una persona è psicologicamente sana e robusta, più facilmente sopporta gli stress; più è fragile, più facilmente diventa vittima degli stress (Meazzini, 1997, p. 32).
Purtroppo quando i livelli di pressione psicologica sono notevolmente elevati, le persone che riescono a resistere senza cedere sono molto poche.
Tutti i bambini incontrano piccole difficoltà nel corso del loro sviluppo, in quanto possono subire incidenti, malattie, la nascita di un fratellino, un cambiamento di casa, di scuola o di ambiente di vita, richieste di maggiore autocontrollo, insegnanti particolarmente severi o scorbutici. Per lo più questi bambini reagiscono a questi stress con temporanee alterazioni del comportamento, episodi di enuresi notturna, manifestazioni di collera violenta o con la presenza di incubi notturni, paure intense ed eccessive. Per fortuna, se i genitori riescono ad interpretare correttamente e rapidamente questi sintomi di malessere, così da attivarsi immediatamente, cercando di allentare le pressioni sul bambino, i sintomi causati dallo stress diminuiscono, fino a scomparire. Serie difficoltà insorgono quando gli stress sono schiaccianti o quando gli adulti sono poco attenti, troppo occupati o eccessivamente superficiali, per cui non badano ai segnali di disagio e difficoltà espressi dal bambino. In questi casi i sintomi del piccolo peggiorano, ed è necessario un aiuto specialistico, quantunque le reazioni del bambino siano “normali”, nel senso che qualunque bambino, in quelle condizioni, avrebbe reagito allo stesso modo (Wolff, 1970, p. 7).
Può succedere di peggio, quando da parte dei genitori o degli adulti, questo tipo di reazione dei bambini agli stress, non solo non è capito e accettato, ma anzi viene giudicato come un comportamento capriccioso e monello: “È diventato incontentabile, sempre piagnucoloso e irrequieto. Fa queste cose volutamente, per farmi soffrire e per stancarmi”. In questi casi i sintomi di difficoltà e disagio espressi dal bambino, non affrontati nella maniera corretta, cercando di scoprirne le cause, per poi provvedere ad eliminarle o ridurle, innescano, ora sì, un vero disturbo psicologico
Dr. Emidio Tribulato Neuropsichiatra e psicologo. Direttore del Centro Studi Logos di Messina