BAMBINI carezzeDurante tutta l’età evolutiva esiste una fame affettiva in tutti i settori della vita di relazione. Quando questa fame non viene soddisfatta, lo sviluppo psicoaffettivo del bambino risentirà di gravi conseguenze. Della carenza affettiva la madre non è l’unica responsabile. Responsabili sono anche gli altri familiari. In quanto, se nei primi diciotto – venti mesi questa richiesta di un solido legame affettivo si rivolge esclusivamente alla madre, a mano a mano che il bambino acquista posizione nel mondo circostante, il bisogno di affetto, dialogo, cure, sicurezza e protezione, viene richiesto anche all’ambiente familiare.

Le carenze affettive si possono manifestare nelle varie età. Vi può essere una carenza affettiva della prima infanzia, una carenza affettiva dell’età prescolare, e una dell’età scolare. La gravità della sindrome carenziale dipende dall’età del bambino e dalla durata dell’assenza della madre. Minore è l’età del bambino e tanto più lunga è stata la carenza affettiva, tanto più gravi e più difficilmente recuperabili saranno gli esiti. In ogni caso le conseguenze delle carenze affettive causate da una madre poco attenta o disponibile possono essere attutite da un padre o da familiari vicini e disponibili alle cure del bambino. Al contrario modeste carenze della madre nella cura del figlio possono essere accentuate dall’assenza o dallo scarso coinvolgimento paterno o di altre figure familiari come quelle dei nonni e degli zii.

Bisogna inoltre considerare le caratteristiche individuali. Alcuni bambini sono particolarmente sensibili alle carenze affettive e, pertanto, quando queste carenze si presentano, reagiscono con sintomi importanti e gravi, mentre altri le accettano meglio e reagiscono con sintomi più blandi e passeggeri. La maggiore capacità di resistenza e la maggiore capacità di recupero non dovrebbero però illudere i genitori in quanto, spesso, una reazione apparentemente neutra nasconde ed alimenta delle invisibili ferite e dei sotterranei risentimenti.

La carenza affettiva può presentarsi in modo acuto o cronico. Una carenza affettiva acuta è, ad esempio, quella nella quale la madre, pienamente disponibile e vicina al bambino fino a quel momento, è costretta, per un motivo qualsiasi, ad allontanarsi dal figlio per qualche tempo. Una carenza cronica, invece, è quella che si ha quando, pur non essendoci un allontanamento reale, la madre ed i familiari a lei vicini, hanno costantemente o frequentemente un comportamento ed un atteggiamento nei confronti del minore caratterizzato da scarsa attenzione, cura, impegno, disponibilità all’ascolto e al dialogo.

I danni da carenza affettiva possono essere in tutto o in parte recuperati o possono accentuarsi nel tempo. Se la madre, ma anche gli altri familiari, nel momento in cui si accorgono del disagio del bambino cercano, mediante maggiore cura, accoglienza, dialogo, di essere più vicini ai bisogni del bambino, i guasti procurati dalla carenza affettiva possono essere mitigati ed in buona parte recuperati. Le conseguenze saranno più gravi, ed in parte irreversibili se, come spesso accade, il disagio espresso dal bambino viene ignorato o peggio mal valutato. Non è raro, infatti, veder giudicare il pianto, gli scatti di collera, la chiusura e una più accentuata irritabilità del bambino, come insopportabili capricci, ai quali rispondere con atteggiamenti repressivi e punitivi, nell’intento di farli cessare.

I danni da carenze affettive possono, come abbiamo detto, essere in tutto o in parte recuperati da altre persone che intervengono successivamente. Ciò lo ritroviamo, ad esempio, nei bambini adottati. In questi casi i genitori adottivi si sforzano e spesso riescono a soddisfare le carenze affettive del piccolo, rimediando, almeno in parte, ai danni subiti precedentemente.

Cause delle carenze affettive.

La scarsa e/o saltuaria presenza dei genitori nella vita dei figli è testimoniata dalla realtà quotidiana e da numerose statistiche. Vi è un calo nel numero delle ore trascorse accanto ai figli. Ma vi è anche un calo nella qualità del tempo trascorso accanto alla prole. Negli ultimi decenni, infatti, se da una parte sono aumentati in maniera vertiginosa le opere, gli articoli, i saggi che tendevano a valorizzare l’importanza della presenza genitoriale, dall’altra gli stessi genitori sono stati, e lo sono sempre di più, bombardati da una serie di stimoli esterni che tendono a sviare la loro attenzione, il loro impegno e anche il loro tempo dalla cura dei figli.

Le cause delle carenze affettive sia acute che croniche sono numerose:

• Molto tempo viene sottratto dagli impegni lavorativi. Nelle moderne società occidentali vi è l’invito, che è quasi un obbligo, dell’impegno di entrambi i genitori nel lavoro dentro e fuori casa. Ciò viene indicato come un segno di modernità, democrazia e necessità per le famiglie e per la società. È anche visto come obiettivo primario da raggiungere per migliorare il PIL (Prodotto Interno Lordo), per dare maggiore ricchezza alla nazione, per permettere la “realizzazione” della donna nell’ambito sociale così da “liberarla” dalla schiavitù della casa, dei figli e dei fornelli. L’impegno lavorativo esterno alla famiglia è segnalato anche come obbligo per migliorare la cultura della donna e darle maggiore autonomia, così da non essere dipendente dall’uomo. Necessità ed obbligo che servono anche a diminuire le retribuzioni e quindi il costo delle merci così da rendere il nostro paese più competitivo in un mercato globale.

• Sono aumentati i motivi che portano ad una lontananza fisica dalla prole. La ricerca di un lavoro gratificante e appagante, sia sul piano economico sia sul piano sociale e personale, spinge uomini e donne a cercare attività lavorative non solo lontane dalla propria abitazione ma, a volte, anche lontane dalla propria città o regione.

• Molto tempo è dedicato sia dagli uomini sia dalle donne a godere, per quanto possibile, di vari tipi di divertimenti fatti di incontri tra amici, balli, vacanze, cene conviviali.

• Vi è poi l’invito pressante a migliorare l’aspetto fisico o a contenere i danni inferti dal tempo sul viso e sul corpo mediante la frequenza delle palestre, dei centri benessere, ma anche delle sale operatorie per interventi di chirurgia estetica.

• Non mancano poi gli inviti a migliorare la propria cultura mediante la frequenza di lauree, corsi, master, tirocini, aggiornamenti. Viene, infatti, affermato continuamente dagli economisti che una società moderna non si accontenta di una modesta cultura di base ma necessita di persone che abbiano un bagaglio di istruzione di tipo universitario e oltre.

• Si è inoltre sollecitati a dedicare parte del proprio tempo e delle proprie energie all’agone sociale e politico.

• Non è da sottovalutare, inoltre, la frequente disarmonia all’interno delle coppie e delle famiglie. Quando i genitori impegnano buona parte delle proprie energie nell’affrontare l’altro, nel difendersi dall’altro, nell’accusare l’altro, nel far del male all’altro, coinvolti da sentimenti che sconvolgono l’animo, come la gelosia, l’aggressività, la delusione, la sofferenza e la rabbia, spesso non hanno la possibilità di vivere ed esprimere pienamente quei teneri e delicati sentimenti di cui hanno bisogno i figli. Non vi è, inoltre, sufficiente disponibilità e serenità indispensabili per la cura e l’ascolto dei loro bisogni.

• La maggiore libertà sentimentale e sessuale della quale godono e si fanno vanto le società occidentali, ha portato ad una sensibile diminuzione non solo del tempo trascorso con i minori, ma anche della disponibilità all’impegno e alle cure.

• L’allontanamento da parte degli uomini e delle donne dalla cura dei figli è causato anche dalla perdita di competenza. Nonostante oggi vi sia una notevole maggiore cultura di tipo tecnico – professionale, sono di fatto notevolmente diminuite le conoscenze riguardanti la relazione con i minori, così come sono diminuite le acquisizioni riguardanti una maggiore sensibilità e competenza nel campo affettivo – relazionale. Tutto ciò contribuisce ad allontanare uomini e donne dalle cure dei figli in quanto i genitori non riescono ad avere nei loro confronti un rapporto sereno e stabile che è anche la premessa per un rapporto gratificante e appagante.

• Se tutto ciò non bastasse le moderne società devono fare i conti con gli strumenti che hanno invaso le nostre case e le nostre vite: televisori, computer, consolle di video-giochi, telefoni cellulari e così via. Questi strumenti che hanno stravolto la vita di tutti i giorni e che si propongono di migliorare la comunicazione tra persone, in realtà, utilizzati in maniera massiccia ed impropria, non solo sottraggono tempo ma sperperano anche energie da dedicare al dialogo e alla cura della prole.

Le conseguenze delle carenze affettive sono numerose:

1. Alle nuove generazioni non sono più trasmessi quegli elementi della cultura di base dell’umanità, del loro territorio e della loro famiglia che sono l’humus non solo formativo ma soprattutto psicologico sul quale i bambini e poi gli adolescenti e i giovani hanno bisogno di affondare le radici del proprio Io per avere stabilità, sicurezza e chiarezza.

2. Il forte legame che dovrebbe unire i genitori ai figli diventa fragile, debole, incapace di sostenere, guidare, confortare.

3. La saltuaria, incostante, instabile presenza dei genitori impedisce ai figli quello sviluppo interiore capace di costruire e poi difendere e rafforzare l’Io.

4. La scarsa e saltuaria presenza impedisce di affrontare in tempo e con gli opportuni provvedimenti i disagi nascenti. Sempre più spesso uomini e donne, padri e madri “non hanno tempo”. “Non hanno tempo” da dedicare ai figli nel momento in cui dovrebbero contribuire alla loro crescita e alla loro formazione ma “non hanno tempo” neanche quando si evidenziano gravi problematiche che dovrebbero essere affrontate con costanza, dedizione e collaborazione con gli operatori. Sempre più spesso, negli ambulatori di neuropsichiatria infantile, quando il bambino, nonché la famiglia, necessitano di una terapia o di un sostegno psicologico, è presente uno scaricabarile: i papà lasciano alle madri questo compito, le madri, troppo occupate, fanno venire le nonne o affidano alle tate o alle baby – sitter l’incombenza di accompagnare il bambino per la terapia. Tutto ciò, nonostante si insista molto sul fatto che non è solo il bambino ad essere malato ma che disturbata è tutta la famiglia dove questo bambino vive.

5. La mancanza di un legame profondo e valido tra i genitori ed i figli instaura frequenti e numerosi conflitti tra loro. Questi conflitti tendono a scatenare negli uni e negli altri diffidenza, ansia, rabbia, livore, aggressività, insoddisfazione.

Come conseguenza di tutto ciò compaiono segni di disagio come la chiusura, l’opposizione, l’ansia, l’insicurezza, i comportamenti aggressivi, l’enuresi, l’encopresi, le crisi di pavor nocturnus, l’isolamento ecc..

I bambini, spesso, hanno un’idea ben chiara su cosa serve loro nella vita e cosa desiderano veramente il racconto di Francesco è eloquente a questo riguardo.

Caldo o freddo?

‹‹Vi era un bambino che si trovava a volte in un ambiente caldo, altre volte in un ambiente freddo. Ma non era contento di ciò. Un giorno fece una scelta: “Preferisco il caldo.” Se ne andò per trovare il caldo e viverci a lungo. La sua scelta era giusta. Il freddo lo rendeva triste. Il caldo lo faceva sentire forte e felice››.

Quando un bambino non ha dalla famiglia la serenità necessaria ha la tentazione di chiudersi e di limitare i rapporti con la vita e con gli altri (l’ambiente freddo). In altri momenti, invece, preferisce l’apertura alla vita, anche se questa apertura può essere causa di frustrazioni, in quanto è costretto a mettere in gioco la sua sensibilità. La decisione finale è però chiara e netta: se ne andò per trovare il caldo e viverci a lungo. Il freddo lo rendeva triste. Il caldo lo faceva sentire forte e felice.

Il bambino che scriveva sugli alberi.

‹‹C’era una volta un bambino che andava scrivendo su tutti gli alberi che incontrava “ciao”, perché si sentiva solo e non aveva amici. Quello che faceva era un modo per fare amicizia con gli alberi, anche se sapeva che non si doveva fare. Un giorno lo incontrò un taglialegna e con la scusa che pure lui aveva a che fare con gli alberi, gli diede qualche consiglio. Questo taglialegna gli servì come amico per confidarsi e per esprimere tutto quello che aveva dentro, così con calma affrontarono questo discorso e questa persona lo convinse che era una cosa sbagliata sia per lui che per gli alberi. Il taglialegna non si fermò qua, ma andò a dirlo a tutte le persone che conosceva per trovare qualche amico al bambino. Così organizzò una festa e invitò tutti gli amici e i parenti ed ebbe tanti amici››.

Anche questo racconto è indicativo su cosa desiderano i bambini. Essi hanno bisogno di amici e se hanno difficoltà a trovarli si accontentano anche di “amici alberi”. Ma è solo quando qualcuno li aiuta a trovare amici veri, in carne e ossa, che essi sono veramente felici e soddisfatti.

Una bambina di dieci anni che a causa di gravi carenze affettive ed educative da parte di entrambi i genitori, viveva in istituto di suore insieme ad un altro fratello ed un’altra sorella, vede soltanto in Gesù, nella Madonna e nei Santi la possibilità di avere amore e attenzioni:

Un cuore in cielo

‹‹C’era una volta un cuore che stava in cielo. Era grande e bello e rosso d’amore. Questo cuore era di una persona femmina, piccola, che aveva due anni, era una bambina e si chiamava Alessia che si era fidanzata con Gesù e gli aveva dato il suo cuore. Alessia aveva una famiglia e i suoi genitori erano contenti che si era fidanzata con Gesù. Gesù era contento e la mamma Maria e i discepoli gli buttavano fiori sul cuore e a lui gli faceva piacere stare con loro, era contento…I suoi genitori erano contenti che si era fidanzata con Gesù››.

Da notare la sua identificazione con una bambina piccola di due anni. È come se la ragazza desiderasse regredire ad un’età nella quale si immagina che i bambini siano felici. Accanto a questo desiderio di regressione vi è in questo racconto anche un desiderio di fuggire dalla triste realtà nella quale si trova (È andato in cielo e si è sposato con Gesù. Gesù era contento e la mamma Maria e i discepoli gli buttavano fiori sul cuore e a lui gli faceva piacere stare con loro, era contento…I suoi genitori erano contenti che si era fidanzata con Gesù).

Una bimba nella tomba.

‹‹C’era una volta una bambina che si chiamava Tindara. Un giorno morì perché i suoi genitori non la volevano più. Quando l’hanno messa nella tomba lei era viva, ma poiché non riusciva a liberarsi morì.››

Questo racconto è della stessa bambina. In questo caso la bambina esprime nel modo più truce le sue reali sofferenze (un giorno morì perché i suoi genitori non la volevano più), ma anche gli incubi più terribili (Quando l’hanno messa nella tomba lei era viva, ma poiché non riusciva a liberarsi morì). Ci chiediamo: liberarsi da cosa? Probabilmente si riferisce al bisogno di scacciare da sé il peso terribile che opprime i bambini affetti da carenze affettive.

 Tratto dal libro “Il bambino e il suo ambiente” di Emidio Tribulato (postmaster@cslogos.it)

 

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