Che cos’è l’amore? Non è facile rispondere a questa domanda, perché se è vero che l’amore è un’emozione ed uno stato d’animo, ciascuno di noi ne ha un’idea soggettiva e personale in rapporto all’ambiente nel quale è cresciuto, alle sue personali caratteristiche psichiche, ma anche in rapporto alle esperienze vissute.
Ogni persona quindi vive questo sentimento a modo suo, così come ogni coppia costruisce e vive l’amore in modo personale ed individuale. Pertanto i modi di vivere e sentire l’amore, sia singolarmente, sia in coppia, sono numerosissimi, anche perché le stesse persone possono vivere questo sentimento in modo diverso durante l’arco della loro vita ma anche in rapporto alle persone incontrate.
Anche se l’amore è un vissuto soggettivo, ricco di proiezioni personali, influenzato dal tempo e dagli incontri avuti, sappiamo però che questo sentimento è una necessità indispensabile per l’equilibrio dell’individuo ed è fondamentale per una buona armonia dell’essere umano quale unità psicofisica.
Per Branden le emozioni, di cui è fatto l’amore sono, infatti, risposte psicologiche automatiche, di maggiore o minore apprezzamento, di ciò che si presenta ai nostri occhi e al nostro cuore. L’individuo, davanti a certe realtà, si chiede se sono “a suo favore o a suo sfavore” e reagisce di conseguenza. L’amore è considerato la più intensa espressione della valutazione “a suo favore”, in quanto nell’amato vediamo quei tratti che più desideriamo per il nostro benessere e per la nostra felicità.
Come conseguenza di questa valutazione con passione noi desideriamo e poi cerchiamo un’interazione e un contatto con la persona amata, proprio perché la vediamo fonte primaria di benessere, gioia e felicità
Al contrario, poiché nei confronti delle emozioni negative come la paura o peggio il terrore, corrisponde un giudizio estremamente negativo, come conseguenza di questo giudizio abbiamo, nei confronti di questo tipo d’emozioni, un comportamento di fuga.
L’amore è quindi la nostra risposta emotiva a qualcosa a cui attribuiamo grande valore. Pertanto questa risposta è accompagnata dal desiderio intenso d’unione fisica e spirituale.
Se l’amore è ricambiato, questo sentimento è accompagnato da un senso profondo di appagamento, di estasi e di gioia, per l’esistenza e per la presenza, accanto a noi, dell’oggetto d’amore. Se, invece, non è ricambiato, si avverte un penoso e lacerante senso di vuoto e struggimento.
Quando nasce l’amore?
A differenza dell’innamoramento la capacità d’amare nasce molto precocemente. Nasce quando ancora l’essere umano è in fasce. Si evidenzia quando il bambino, il quale fino a quel momento aveva tutto ricevuto: cibo, attenzioni, carezze, calore, conforto, senza dare nulla in cambio, sente e matura nel suo io il desiderio ed il bisogno di scambiare, con la madre che lo tiene tra le braccia e poi con il padre e i familiari e infine con il mondo che lo ha ben accolto, l’unica cosa che possiede e che può far felici gli altri: il suo sorriso.
Già nei primi sorrisi vi sono tutte le componenti dell’amore.
C’è il desiderio di contatto e d’unione.
Il bambino è come se dicesse alla madre: ”Ti prego, non andare via: noi stiamo bene insieme. Quando tu mi parli e io capisco dal tono della voce che mi vuoi bene, mentre l’inquietudine e le paure fuggono via dal mio animo, scacciate dal tuo viso sereno e sorridente, noi stiamo bene insieme. Quando tu mi abbracci e accarezzi, quando tu mi baci e stringi al seno, quando mi lavi e giochi con il mio corpo ed io ti tocco e stringo e ti bacio il viso, noi stiamo bene insieme. Quando sicuro e quieto mi addormento tra le tue braccia e poi mi sveglio e ti trovo vicina e mi inebrio del tuo profumo, noi stiamo bene insieme”.
C’è il bisogno di dire “grazie”.
Con questa primitiva ma efficace comunicazione il cucciolo d’uomo, appagato e sazio d’amore, finalmente può dire: “Grazie”. “Grazie per tutte le carezze che mi hai dato. Grazie per tutti i baci ricevuti. Grazie per il calore con il quale mi hai circondato. Grazie per il cibo e le cure che mi hai prestato. Grazie per le dolci parole con le quali hai accompagnato ogni momento della mia ancora breve esistenza. Grazie per le paure che hai scacciato dal mio animo”.
C’è uno scambio di doni.
In quei primi sorrisi sono già presenti le attenzioni e gli atteggiamenti di cura verso gli oggetti d’amore: ”Io ti do qualcosa che so ti farà stare bene. Te la do per dirti grazie, ma anche per farti sentire felice. Perché il tuo benessere è il mio benessere, la tua gioia è la mia gioia, la tua serenità è la mia serenità”.
C’è il desiderio di rendere più forte e saldo il legame tra il mondo interiore e quello esteriore; tra il proprio io e quello dei genitori e degli altri.
C’è, quindi, il desiderio che si stabilisca un’alleanza ed un’intesa proficua per entrambi. Un’intesa che sia duratura e stabile. “Noi stiamo bene insieme, perché lasciarci? Io ho da te tutto ciò che mi serve. Io so darti tutto ciò che ti serve. Lo vedo dai tuoi occhi luminosi e felici quando ti offro il mio sorriso. Noi stiamo bene insieme, perché lasciarci?
In quei primi sorrisi vi sono impegni e promesse.
C’è la promessa di ricambiare quanto avuto, con tutti i mezzi a disposizione. C’è la promessa di una unione di cuori che durerà tutta la vita. C’è il desiderio di un’alleanza fattiva di crescita ed evoluzione per le persone coinvolte in quel legame. Sì, perché ben presto il bambino, se sazio dell’amore materno, allargherà e coinvolgerà del suo amore e quindi anche di questa intesa e alleanza anche gli altri familiari: dapprima il padre e poi i nonni, i fratelli, le sorelle, gli zii. E dopo i familiari gli amici e dopo gli amici gli estranei e dopo gli estranei anche le persone mai conosciute e che forse mai conoscerà direttamente, godranno dei riflessi di questo amore.
Come in tutti i rapporti d’amore, affinché questo legame sia solido, stabile e proficuo sono necessarie alcune condizioni.
La prima è che la cura del mondo affettivo – relazionale del bambino sia stata piena, attenta e rispettosa delle varie fasi della crescita umana.
La seconda, altrettanto importante, è che questo legame, questa intesa reciproca, quest’amore, non vengano traditi.
Gli adulti che si amano accettano, anche se a malincuore, una fisiologica lontananza. Al mattino, dopo una notte trascorsa insieme, è come se l’uno dicesse all’altro: “Abbracciati e vicini, noi stiamo bene. E’ doloroso staccarsi dalla persona che si ama. Ma capisco che entrambi abbiamo dei doveri e dei compiti da assolvere. Ci ritroveremo più tardi, per continuare ad amarci, per continuare ad essere vicini”.
Anche il bambino accetta il distacco fisico e la lontananza dalla madre e dai genitori se questo distacco e allontanamento non è sproporzionato rispetto ai suoi bisogni e alle sue esigenze.
Questi bisogni e queste esigenze variano molto con l’età: sono massimi alla nascita, per poi gradualmente e lentamente decrescere con i mesi e con gli anni. Pertanto, così come gli adulti avvertono come un tradimento ed un abbandono l’allontanamento eccessivo o improvviso, anche i bambini percepiscono, come una dolorosa rottura d’un patto, l’allontanamento troppo frequente, duraturo o improvviso, specialmente se, per le cure necessarie, vengono affidati a persone con le quali non si è instaurata un’affinità, un legame d’amore importante e stabile che per loro rappresenta l’unica fonte di sicurezza e fiducia.
Come per gli adulti, anche per i bambini, quando un patto d’amore viene rotto o tradito le conseguenze personali e nella relazione sono importanti e gravi. Nasce risentimento, rancore, aggressività nei confronti dei genitori che hanno deluso la loro fiducia, ma si sviluppa anche risentimento, rancore, aggressività nei confronti del mondo intero, incapace di accogliere i loro sentimenti e bisogni.
E con il risentimento cresce la disistima nei confronti dei genitori e del mondo intero, ma anche verso se stessi, ritenuti incapaci di instaurare un valido rapporto d’amore. Ed insieme al risentimento nascono l’inquietudine, le ansie e le paure.
Di conseguenza negli anni futuri, quei bambini traditi, quei bambini ai quali non è stato dato l’amore necessario nel modo corretto, quei bambini rimasti delusi e che non credono più negli altri esseri umani, saranno giovani e adulti disturbati nella loro crescita e nella loro maturazione psichica. Saranno anche dei giovani e poi degli adulti con gravi difficoltà nel gestire le situazioni affettivo-relazionali specialmente quelle più profonde e impegnative.
E’ la famiglia, quindi, la fonte e il luogo dell’educazione primaria all’amore in tutti i suoi aspetti: amore per se stessi, amore per gli altri, amore per un altro, amore per la vita e per ogni forma di vita, amore per l’umanità, amore e rispetto per la natura.
Ed è sempre nella famiglia che il bambino potrà introiettare gli elementi più importanti della sua identità e del ruolo sessuale, i quali sono indispensabili per i rapporti d’amore da vivere, da adulti, con l’altro sesso.
Se un maschio acquisterà piena e completa identità e ruolo sessuale, così da poter offrire alla donna d’amare e poi ai figli, gli importanti e ricchi doni della mascolinità come la forza e il coraggio; la determinazione e la comprensione; la coerenza e la linearità, sarà soprattutto merito della famiglia nella quale è vissuto è si è formato come uomo.
Allo stesso modo se una donna acquisterà piena e completa identità e ruolo sessuale, così da poter offrire all’uomo amato, ai figli e alla società le sue doti di femminilità come la dolcezza e la capacità di ascolto; la comprensione e la tenerezza; le capacità di cura e l’accoglienza, sarà soprattutto merito della famiglia nella quale è vissuta e si è formata come donna.
Al contrario, se un uomo sarà debole, insicuro, con scarsa stima di sé; se sarà immaturo, fragile, poco determinato, scarsamente coerente o aggressivo e se una donna sarà irritabile, nervosa, aspra, dura, incapace di ascolto e di accoglienza, il demerito andrà soprattutto alle famiglie d’origine che si sono dimostrate avare o incapaci di dare l’affetto e le cure necessarie al loro sviluppo.
Abbiamo sottolineato la parola “soprattutto” in quanto se gli apporti della famiglia d’origine sono importanti e fondamentali non bisogna dimenticare che oggi, molto più che in passato, gli apporti dell’ambiente dove questo bambino e questa famiglia sono vissuti, hanno una notevole capacità di incidere sulla sua personalità.
La nostra civiltà dell’informazione, gestita ad uso e consumo del mondo dell’economia e degli affari, tende ad avvolgere con i suoi messaggi, come in una ragnatela, ogni bambino, ogni adolescente, ma anche ogni uomo, qualunque sia la sua età e sesso. Purtroppo questi segnali spesso non solo non hanno caratteristiche educative, così da essere di aiuto e di supporto alle famiglie ma, essendo notevolmente ambigui, volgari e diseducativi, riescono a confondere, svilire e depauperare anche quel patrimonio che i genitori o gli insegnanti cercano, con mille difficoltà e limiti, d’infondere nell’animo dei minori e dei giovani.
Dott. Emidio Tribulato