I messaggi madre figlio. Alla nascita i genitori ed i familiari, ma soprattutto la madre, inviano continui messaggi al bambino. Sono messaggi uditivi. Le madri, tutte le madri di ogni cultura, razza e nazione, utilizzando un tono e delle parole particolari cercano di cullare, rassicurare, confortare, manifestare comprensione, vicinanza, attenzione, piacere e gioia nei confronto del proprio bambino. Cercano, inoltre, di stabilire delle intese che siano reciprocamente utili e compatibili. Non è raro sentire durante la notte frasi sussurrate del tipo:
‹‹Ho capito… vuoi mangiare, aspetta che ti prendo. Su…su… non essere impaziente, ecco per te tanto buon latte. E’ proprio bello il mio tesoruccio, succhia… piano, mi raccomando, non essere ingordo e non fare male alla tua mammina. Adesso facciamo un bello eruttino e ritorniamo a dormire. Non hai voglia di dormire? Ma la tua mamma sì. Come risolviamo questo problema? Aspetta… ti metto accanto a me nel lettone e così tu puoi stare sveglio quanto vuoi mentre la tua mamma continua il suo pisolino…ti va questa soluzione? Sì vedo che è di tuo gusto…ma non mi dare calcetti se no non riesco a riprendere sonno››.
Durante il giorno le madri parlano con i loro piccoli per comunicare i loro sentimenti, le attese, le emozioni:
‹‹Ho capito che hai fame, mangia tranquillo e abbondantemente ma con calma, senza abbuffarti se no non lo digerisci e ti vengono le “colichette”. Fra poco arrivano il tuo papà e la nonna. Dopo che avrai mangiato ti cambierò e così farai bella figura con loro. Lo sai che sei bello? Lo sai che sei il più bel bambino del mondo e che la tua mamma ed il tuo papà ti vogliono tanto bene?››
E’ facile sentire frasi e discorsi come questi, fatti dalle madri ai loro neonati i quali sicuramente non sono in grado di capire le parole ma il tono e la intenzionalità che sottostanno alle parole, sì.
Quando, invece, le madri hanno un alterato rapporto con il bambino, le frasi che si ascoltano più frequentemente sono di ben altro tenore:
‹‹Cos’ha questo bambino? Gli ho dato da mangiare, l’ho lavato, l’ho pulito: perché strilla tanto? Non lo capisco proprio! Ho fatto tutto quello che era possibile per lui e non è mai contento. Uffa! Com’è noioso. Sono sicura che è un tipo capriccioso come suo padre. Tra l’altro con i suoi rigurgiti di latte mi ha sporcato tutta. Che puzza che faccio! Non ce la faccio più! Appena viene tua nonna ti lascio a lei e vado fuori››.
Successivamente, con la maturazione delle aree deputate all’interpretazione dei messaggi verbali, la ripetizione delle stesse parole e delle stesse frasi, in occasioni simili, permette al bambino di comprendere il significato verbale.
Sono messaggi visivi.
Il bambino, mentre succhia il seno materno, si ritrova spesso a guardare la madre che, a sua volta, lo guarda sorridendo, comunicandogli la sua gioia nell’averlo tra le braccia, il suo piacere nel stringerlo al cuore, la gratificazione che prova nel dargli, con il latte, una parte di sé. In definitiva la madre, mentre nutre il corpo del suo bambino, dà nutrimento anche al cuore di lui in quanto, come dice BARTOLO: ‹‹Il nutrimento affettivo è essenziale allo sviluppo tanto e più del latte che esce dal seno materno››.
Sono messaggi tattili.
I genitori utilizzano moltissimo questa tipologia di messaggi, come i baci e le carezze al viso, alle mani, ai piedi, al torace. Per calmare il figlio gli massaggiano il pancino, danno colpetti più decisi e ritmici sul suo sederino. Abbracci e baci hanno non solo lo scopo di calmare ma soprattutto tendono a gratificare, a comunicare gioia, piacere, tenerezza, attenzione, accettazione, vicinanza e fiducia.
Il bambino riceve conferma della sua aspettativa ogni volta che le cose avvengono come al solito. Questo gli dà sicurezza in quanto ha dei punti di riferimento precisi per cui la sua globale situazione assume un valore positivo, benefico e rassicurante.
I messaggi figlio-madre
Se sono numerosi i messaggi materni lo sono altrettanto, anche se qualitativamente diversi, i messaggi inviati dal neonato affinché la madre capisca i suoi stadi d’animo: il piacere, l’interesse, la gioia, o al contrario l’angoscia, la rabbia, il disgusto, la paura, la sorpresa.
Sono messaggi visivi: le espressioni facciali, il colore della pelle, le posture che assume il bambino, i movimenti degli arti.
Sono messaggi uditivi: i mugolii, il pianto, anzi i vari tipi di pianto, i vocalizzi. ‹‹Nelle due prime settimane di vita le sue emissioni vocali non sono correlate in modo riconoscibile con la situazione o con gli stimoli. Tra la seconda e la quinta settimana suoni particolari vengono a corrispondere a disagi particolari e vengono compresi come segni.(…) Nel periodo successivo alla prima infanzia (dai due ai quattro mesi), il bambino si fa più attivo nella comunicazione, e vi partecipa maggiormente sia come ricevente che come emittente››.
Sono messaggi tattili: la temperatura della sua pelle, l’umidità e la consistenza della cute.
Sono messaggi odoriferi: l’odore della pelle, del sudore, dell’aria espirata.
E’ necessario allora che la madre, o chi ha cura del bambino, abbia la possibilità e la capacità di interpretare questi vari tipi di messaggi dando ad ognuno di essi il significato più appropriato.
Mediante questi vari tipi di comunicazione i bambini non solo fanno conoscere alle madri i loro bisogni ma inviano ad esse anche delle ricompense per quanto si adoperano. Queste ricompense sono fatte di sorrisi, toccamenti, smorfiette, che comunicano alla madre: ‹‹Sei stata brava. Mi hai capito. Hai posto rimedio al mio bisogno, al mio fastidio. Grazie per esserti subito attivata!››. Tali ricompense, gratificando la madre, a sua volta, sono in grado di migliorare l’attaccamento di questa verso il piccolo, attivandola maggiormente ai suoi compiti di cura. ‹‹In un senso biologico fondamentale, non è vero che l’infante si espande a spese della madre, tranne che in condizioni anormali. Possediamo solide prove per dimostrare che, in condizioni normali, il benessere della madre e quello del bambino sono tutt’uno. Ciò che è bene per il bambino lo è per la madre e viceversa››.
Al contrario questi messaggi possono trasmettere rabbia, collera, insoddisfazione, disappunto per le scarse capacità o per il modesto impegno dimostrato dalla madre nei suoi confronti. In questi casi la frustrazione che ne ha la donna può portare, se da questa non è ben compresa e utilizzata per migliorarsi, ad un maggior distacco affettivo nei confronti del bambino ma anche a giudizi negativi su di lui: ‹‹Questo bambino è cattivo e quindi non si merita molte attenzioni e cure da parte mia››. Si può allora innescare un pericoloso circolo vizioso con conseguente grave sofferenza per entrambi.
Per la madre, avere buone capacità nella comunicazione implica, quindi, saper ascoltare e capire i bisogni del bambino espressi dai suoi segnali, per poi adeguarsi alle sue esigenze fornendo risposte corrette, coerenti e valide.
Gli effetti di una buona e corretta comunicazione madre-figlio portano all’apertura e all’accettazione di un luogo al di fuori di lui e quindi all’apertura al mondo esterno con l’integrazione tra la realtà esterna ed interna. Il bambino allora riesce a distinguere il sé dall’altro, dall’esterno, e può costruire una membrana delimitante, così da poter dire: ‹‹Io sono››. Contemporaneamente, dopo aver acquisito una sua individualità può veramente far parte di un gruppo. Successivamente, all’interno di questo sé possono essere raccolte memorie ed esperienze e può essere edificata la struttura infinitamente complessa che è propria dell’Io dell’essere umano con i suoi numerosi bisogni fisiologici e psicologici. Al contrario, si procura una notevole sofferenza al bambino quando, a causa di errate interpretazioni o di pigrizia e scarsa disponibilità ed impegno, vengono a lui fornite delle risposte non corrispondenti ai suoi bisogni, incomplete o parziali. In questi casi si può avere una sorta di scollamento tra la madre ed il bambino stesso, con notevoli conseguenze sul piano dell’attaccamento reciproco.
Emidio Tribulato (postmaster@cslogos.it)