1Qualunque sia la nostra età, qualunque sia la cultura o la condizione sociale, abbiamo sempre delle responsabilità, dei doveri e degli impegni nei confronti di noi stessi ma anche degli altri, specialmente nei confronti delle persone che ci stanno più vicine: i nostri familiari.

Il permettere che i minori si sottraggano a questi obblighi, non significa farli felici o permettere loro una vita più gioiosa, ma, al contrario, equivale a privarli dal piacere di dare, oltre che di ricevere. Significa non insegnare loro gli elementi basilari del vivere civile.

Per molti figli, ma anche purtroppo per molti genitori, i doveri di un minore sembra che si esauriscono nell’andare a scuola e svolgere, anche se di malavoglia, i compiti assegnati dagli insegnanti.

Ciò è molto limitativo sia pensando all’aspetto formativo che ai bisogni riguardanti lo scambio generazionale. Se i piccoli e i giovani hanno il diritto di richiedere mille attenzioni ed impegni da parte degli adulti, hanno il dovere di contraccambiare, per quanto è loro possibile.

Lo studio dovrebbe essere soltanto uno dei doveri di un figlio.

Impegnarsi in altre attività può permettere numerose esperienze formative e gratificanti sia per il minore sia per gli adulti. Lavorare insieme, collaborare con i genitori, è un’esperienza che aiuta a rinsaldare il legame familiare e tra le generazioni.

E’ importante, inoltre, per un figlio poter avere la gratificazione di fare qualcosa d’utile per la sua famiglia e quindi di contraccambiare, almeno in parte, quanto i genitori e gli altri familiari fanno o hanno fatto per lui e nello stesso tempo effettuare un fondamentale tirocinio in preparazione al futuro ruolo di genitore.

Impegnandosi direttamente, egli si abitua a considerare la famiglia e la società non come una rudimentale realtà in cui il dovere di ognuno si esaurisce in un solo compito, ma come un organismo complesso che necessita di numerosi e vari contributi di lavoro, di affetti, di dialogo, di scambio e di donazione.

Naturalmente i doveri cui dovrà far fronte un bambino piccolo saranno molto limitati ma, a mano a mano che questi cresce, devono aumentare gli impegni e le responsabilità. Deve, sempre di più, imparare a dare, più che a ricevere.

Si cercherà, naturalmente, di adattare i doveri e gli impegni oltre che all’età del minore, alle sue possibilità fisiche ed intellettive, tenendo conto delle specifiche qualità individuali e sessuali.

Dare gli stessi impegni ad un maschietto e ad una femminuccia significa, da una parte perdere l’occasione per migliorare l’identità ed il ruolo di genere, mentre d’altra parte si rischia di lanciare un messaggio fuorviante: “Maschi e femmine sono uguali non solo nella dignità ma anche nella loro realtà fisica, psicologica e nei ruoli nei confronti della famiglia e della società, quindi hanno il dovere di assumersi gli stessi impegni.”

Ciò porta ad una scarsa assunzione dei compiti e dei ruoli maggiormente legati alla propria realtà sessuale e ad una scarsa e confusa identità. E’ più utile pertanto dare compiti diversi anche se d’impegno uguale, che, in qualche modo, possono richiamare i differenti ruoli e le diverse responsabilità che ognuno dovrà assumersi nella futura conduzione familiare e sociale.

Accanto all’aiuto materiale c’è quello relazionale ed affettivo. I genitori e gli altri familiari hanno bisogno di essere contraccambiati per i sacrifici e per l’impegno che mettono nella cura dei minori, anche mediante atteggiamenti e comportamenti ricchi di rispetto e affetto. Soprattutto i familiari più anziani: nonni, zii, che hanno dato per anni il loro impegno materiale ed affettivo a favore dei figli e dei nipoti, hanno acquisito dei diritti inalienabili all’assistenza, alla cura e alla compagnia.

Sappiamo che non c’è niente di più utile per un anziano della compagnia di un bambino o di un giovane; la gioia, l’entusiasmo, il piacere di vivere di questi li allieta e lenisce le loro malinconie e i malanni. Il loro cuore si rinnova e si apre alla gioia, solo nel momento in cui stanno accanto ai giovani.

Gli anziani hanno quindi diritto alla loro compagnia, ai loro sorrisi, ai loro parole. Hanno diritto all’assistenza e all’aiuto nell’esplicare le tante piccole attività che non sono più in grado di compiere.

Questo servizio all’anziano è fondamentale per l’educazione dei minori: insegnerà loro ad avere rapporti di donazione e di scambio. Li arricchirà di pensieri, esperienze ed elementi culturali difficilmente presenti nei rapporti con i coetanei. Li aiuterà a limitare quelle componenti egoistiche, presenti nell’animo umano, che portano i giovani più a chiedere che a dare.

L’aiuto nei confronti della famiglia dovrebbe essere in proporzione all’età. Se al bambino di cinque – sei anni si chiederanno piccole cose: preparare la tavola, sparecchiarla, sistemare i suoi libri; al ragazzo più grande si potranno chiedere attività più impegnative, come quelle di fare la spesa, di pagare le bollette che affliggono ogni famiglia (luce, gas, telefono) o potrà essere impegnato ad aiutare il papà e la mamma nei tanti lavori di casa.

Nelle discussioni che molto spesso coinvolgono i genitori ed i figli adolescenti, l’età è spesso tirata in ballo: “ Adesso non sono più piccolo e quindi ho il diritto di… ritirarmi più tardi, di fare le mie scelte amicali e sentimentali, di scegliere i regali e gli oggetti che voglio tenere per me, di andare alle feste.”

Queste richieste si fanno più pressanti e diventano più aggressive ed impertinenti dopo i diciotto anni: “ Adesso che ho diciotto anni sono un adulto e quindi ho il diritto di….” Che ha diciotto anni si sia adulti, dal punto di vista giuridico, non c’è dubbio almeno per la legge italiana; che un giovane o una ragazza lo sia, oggi, dal punto di vista psicologico, avviene sempre più raramente; che quell’adolescente sia diventato un adulto nelle sue responsabilità, nell’impegno che offre ai genitori e alla famiglia, è una cosa tutta da dimostrare. Essere adulti non significa avere solo più diritti, ma essere più responsabili, più impegnati, più coinvolti, nei doveri e negli impegni e nell’aiuto alla famiglia.

La maggiore libertà, deve quindi essere controbilanciata da un maggiore e più completo impegno.

Questa semplice linea di condotta sembra dimenticata. La crescita di un figlio si misura oggi non dalle sue attività, né delle sue responsabilità ma dai diritti sempre maggiori, dai regali sempre più costosi, dal tempo libero sempre più lungo, dai divertimenti sempre più a rischio. Il messaggio deleterio che spesso i genitori accettano dai figli è diventato questo: “Più si è grandi, più diritti si hanno, più cose si devono avere, più la vita deve diventare piacevole.” In definitiva, come dice Lombardo: “ Una parte delle nuove generazioni, sembra impostare la vita sul principio del piacere, del “tutto e subito”, della comodità e della pigrizia.”

 Tratto dal libro “L’educazione negata” di Emidio Tribulato (postmaster@cslogos.it)

 

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