È entrata ancora di più nel vivo l’attività del centro dell’AOU per la diagnostica, follow up e prevenzione della sindrome di Marfan. Venerdi 23 maggio, alle 9, 30 nell’auletta di Genetica al Piano 0 del Pad NI è in programma un incontro – coordinato dal direttore della UOC di Genetica e Immunologia Pediatrica prof. Carmelo Salpietro – per fare il punto sulle attività svolte e i risultati raggiunti fino a questo momento, ma soprattutto una occasione di confronto per definire un percorso di cura e di assistenza che coinvolge più professionalità insieme.
Pediatria, genetica, chirurgia vascolare, ortopedia, cardiochirurgia, cardiologia, oculistica, più settori e più specialisti che insieme lavorano per far sì che vi possa essere un maggiore coordinamento nel cogliere e prevenire i segnali di identificazione della sindrome di Marfan e provvedere, dunque, al trattamento. Tale malattia colpisce il tessuto connettivo e intacca cuore, vasi sanguigni, ossa, legamenti, occhi e polmoni.
Il centro dell’UOC di Genetica e Immunologia Pediatrica insieme a quello di Milano è l’unico in cui viene eseguita la diagnosi molecolare per tale patologia in Italia; un esame, quest’ultimo, che consente la certezza diagnostica anche nei casi Marfan Like o in bambini che ancora non presentano tutte le specifiche caratteristiche e che da l’opportunità ad una coppia a rischio di eseguire una eventuale diagnosi prenatale. Il riconoscimento del centro di Messina quale riferimento per il sud Italia arriva anche alla luce del prossimo congresso scientifico (Marfan Sindrome: a rare but curable disease. The multicenter international experience) – promosso al policlinico Tor Vergata di Roma il 26 maggio – durante il quale il prof. Salpietro illustrerà, nella sezione dedicata ai centri di specializzazione italiani, le attività e i progressi portati avanti fino a questo momento. Al meeting nella capitale sarà presente anche il ministro della salute Beatrice Lorenzin.
La gestione di questa malattia non può che essere multidisciplinare; da qui la scelta di costituire un team al cui interno operano genetisti, cardiologi, cardiochirurghi, oculisti, pediatri, chirurghi vascolari, ortopedici; l’obiettivo è, dunque, quello di creare una vera e propria “rete” sul territorio, funzionale per identificare eventuali difetti molecolari nei pazienti e costruire un percorso comune di prevenzione e cura.