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Ci si domanda come oggi si fa a stupirsi del fatto che l’Agenzia del Lavoro, creata per i quattrocento portuali licenziati nei mesi scorsi, non funziona, come si fa a stupirsi che un’azienda che va a lavorare al Porto di Gioia Tauro richiede manodopera altrove piuttosto che rivolgersi all’Agenzia del Lavoro. Era forse difficile accorgersi, all’atto di istituzione di detta Agenzia, che la normativa avrebbe creato problemi in tal senso? Non era più funzionale dare l’opportunità al richiedente manodopera di stipulare contratti con l’Agenzia, anziché con i singoli lavoratori? Come mai nessuno ci ha pensato? Del resto l’Agenzia era nata per erogare manodopera, non per diventare un fantomatico ufficio di collocamento malfunzionante. Per questo, probabilmente, oggi vengono usati lavoratori presi altrove e non dall’Agenzia, ma forse l’Autorità Portuale, in qualità di organo vigilante, saprebbe dare qualche spiegazione su come si è potuta essere superata l’Agenzia per l’assunzione di lavoratori.

Ma ci si chiede anche quali altri risultati stanno producendo le diverse promesse e rassicurazioni elargite all’atto dei licenziamenti di queste centinaia di padri di famiglia.

La revoca di alcune aree ad Mct, più che una punizione per l’azienda che ha licenziato e non ha investito non si rivelerà invece un aiuto visto che non pagherà le tasse relative al possesso e nessun altro potrà investire in queste aree essendo piccole, con una banchina minuscola, e quindi per nulla funzionali per un altro terminalista?

La Zes è davvero la soluzione? E questa, comunque, sarà collegata con le altre aree della Calabria attraverso una mobilità che garantisca lo smistamento delle produzioni e quindi creare sviluppo, oppure sarà un’isola a sé stante utile solo a generare gli effetti prodotti anni addietro dall’area industriale retroportuale, ovvero un’occasione per elargire contributi per la costruzione di aziende che non hanno mai aperto? E intanto dov’è e qual è il piano strutturale della Regione Calabria? È stato fatto?

Ed ancora, cosa si è fatto per il bacino di carenaggio, di cui tanto si parla ma ancora nulla si è visto, sarà pronto per i tempi previsti, calcolando anche le lungaggini burocratiche, oppure facciamo bene a dubitarne? E il collegamento ferroviario? Siamo davvero sicuri che sia funzionale alla rete ferroviaria preesistente o questa, da Rosarno in su, va adeguata? E quando? Sarà fatto tutto contemporaneamente o il gateway ferroviario che si sta costruendo rimarrà una chimera inutilizzabile per lo sviluppo del Porto?

Ma perché con tutto questo fermento non si è ancora provveduto a nominare un Presidente dell’Autorità Portuale, credo che chi di competenza (Ministero delle Infrastrutture e Regione Calabria) lo sa che un Commissario non può andare molto oltre all’ordinaria amministrazione e senza la nomina di un presidente tutto quanto annunciato si rivelerà l’ennesima occasione per fare solo parole e niente fatti.

L’unica cosa chiara attualmente è che circa 400 padri di famiglia sono stati licenziati e che il Porto di Gioia Tauro sembra seguire le sorti dettate da quella che sembra, da quanto traspare dalla cronaca degli ultimi mesi, una guerra tra le aziende che amministrano gli scali portuali in gran parte del continente.

 

Antonio Viteritti, addetto Stampa Partito Comunista

 

 

 

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