Nella sua condizione più precaria, quella del lavoratore migrante, nello spaesamento che gli deriva dallo spostarsi inseguendo il lavoro, l’operaio della Cina ricorre allo strumento più classicamente cinese, la poesia, per dare forma e voce al suo disagio.
Una poesia ruvida, come i metalli ferrosi della fabbrica, che ispira una nuova riflessione sulla modernità.
Se ne parla nel volume “Quando la poesia si fa operaia” di Giusi Tamburello, ricercatrice presso l’Università degli Studi di Palermo, dove insegna Lingua e letteratura cinese.
La presentazione avverrà nella suggestiva cornice delle Antiche Fornaci Maiorana, splendido esempio di archeologia industriale. Non a caso, l’iniziativa si svolge sotto l’egida dell’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale.
Le Antiche Fornaci Maiorana alle falde di Monte Pellegrino, sito posto nei pressi del quartiere Acquasanta, sono un complesso preindustriale costituito da due fornaci per la produzione di calce viva e da un frantoio per la produzione di inerti. Furono realizzate nel 1945 dalla famiglia Maiorana in quell’area denominata feudo Barca che fin dal 1799 era stata di proprietà del principe di Belmonte.
L’impianto sorge su un’area di circa 3.000 m2 ubicata sopra una pirriera, cioè una cava di calcarenite dalla quale fin dal Settecento veniva tratto il materiale da costruzione, e si articola su tre livelli compreso un’ampia parte ipogea.
Per informazioni: info@patrimonioindustriale.it