Lo rende noto il Comando Provinciale dei Carabinieri di Palermo. Il 23 aprile, a Monreale, circa 70 Carabinieri della Compagnia di Monreale supportati anche da un elicottero, da 2 unità cinofile e dal Nucleo Radiomobile di Palermo, all’esito di un’attività investigativa condotta dalla Stazione locale e convenzionalmente denominata “URBAN JUSTICE”, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo (Proc. Agg. Dott. Maurizio Scalia e Sost. Proc. dott. Alessandro Clemente), con 14 indagati, hanno eseguito 6 ordinanze di custodia cautelare in carcere e 5 agli arresti domiciliari nei confronti di altrettanti soggetti per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, emesse il 18 c.m. dal Tribunale di Palermo – Sezione G.I.P. (dottor Fernando Sestito).
L’attività investigativa, concentrata in 10 mesi tra il dicembre 2010 ed il novembre 2011 e scaturita dall’esigenza di porre freno all’emergente delinquenza giovanile monrealese, ha permesso di:
− individuare due reti di pusher e fiancheggiatori dello spaccio di stupefacenti, una rivolta allo smercio di cocaina e l’altra di hashish, operanti nel centro storico di Monreale fino alla frazione montana di S. Martino delle Scale;
− far luce su alcuni canali di approvvigionamento di stupefacenti tra Monreale ed il capoluogo;
− far luce sui rapporti di forza, le gerarchie, le figure emergenti di criminali in erba solo con riferimento all’età anagrafica, ma già promossi alla maturità criminale per modus operandi, per le collaborazioni avviate, per la capacità di imporsi tramite l’occupazione quasi militare del territorio;
− segnalare 35 persone alla Prefettura quali assuntori, la maggior parte dei quali acquirenti o corrieri per gli spacciatori indagati.
Genesi dell’indagine
Con l’obiettivo di reprimere il crescente fenomeno dei furti in abitazione e di incendi dolosi perpetrati ai danni di vetture o dimore di abitanti del centro, le attività investigative dei Carabinieri della Stazione di Monreale si sono indirizzate verso un gruppo di giovani gravemente indiziati dei medesimi reati e poi risultati tutti tossicodipendenti ed anche spacciatori. La ragione dei reati predatori è stata immediatamente ravvisata nella necessità di reperire liquidità da riversare nell’acquisto di stupefacenti, innanzitutto per soddisfare le proprie esigenze personali e poi anche per organizzare delle reti di rivendita al dettaglio.
Le reti di spaccio nel centro cittadino
Le indagini, condotte innanzitutto con metodi “tradizionali” consistiti soprattutto in prolungati servizi di osservazione, controllo e pedinamento svolti con l’ausilio di telecamere o macchine fotografiche e sostenute dal ricorso alle intercettazioni telefoniche ed ambientali, hanno consentito di individuare due gruppi distinti di spacciatori orientati su un’offerta diversa e quindi organizzatisi in una rete:
– il primo, con a capo Claudio Alongi e Piero Cassarà, dedito allo spaccio di cocaina, che nasce dalle ambizioni dei due di conquistare prima la piazza di spaccio di Monreale per spingersi poi fino al controllo di Palermo;
– il secondo, controllato e diretto da Giovanni Pupella cl. 90, più orientato allo spaccio di hashish e più efficace nel radicato controllo del territorio.
Il gruppo ALONGI /CASSARA’
Il gruppo Alongi/Cassarà nato, come detto prima, con obiettivi ambiziosi, si propone da subito l’impiego di collaboratori affidabili, sperimentati e, se del caso, congedati con licenziamento senza preavviso: vari sono stati infatti i soggetti monitorati che, impiegati saltuariamente e non ritenuti idonei dai due promotori, non sono quindi rientrati tra gli attuali indagati. Il loro sistema di rivendita al dettaglio riusciva a giovarsi dunque di figure ben “formate” e disponibili: i due cugini Adimino, il padre Cassarà Carlo, e Leto Maria alias Sofia, in grado di organizzare lo spaccio ininterrotto presso la sua abitazione.
I luoghi preferiti da questo gruppo sono stati indiscutibilmente i vicoli della Bavera e la piazza Inghilleri.
Un gruppo capace di soddisfare immediatamente le esigenze dell’acquirente, on call a qualsiasi ora diurna o notturna, di pretendere, con l’intimidazione, il saldo degli acquisti effettuati ma in certi casi disposto perfino a risarcire il prodotto se non ritenuto all’altezza delle aspettative dai clienti fidelizzati.
Il gruppo Pupella
Questo gruppo nasce e si organizza attorno ad una delle figure preminenti della giovane criminalità monrealese, il sorvegliato speciale Giovanni Pupella, in grado di trascinare e coordinare un’ampia schiera di collaboratori e fiancheggiatori, spesso anche anagraficamente più anziani, di condizionare i più renitenti, di intimidire chi oppone resistenza alle sue ambizioni egemoniche sul centro di Monreale, ma dotato anche dall’acume necessario per intravedere che la convivenza con l’altro gruppo fosse possibile quando non addirittura fruttuosa, condividendo spacciatori e controllo del territorio. Pupella è leader, non si occupa direttamente dello spaccio, come fanno invece i promotori dell’altro gruppo, anche perché, sottoposto a sorveglianza speciale di p.s., non può rischiare l’arresto per violazione alle prescrizioni, e non ne ha bisogno grazie all’azione di coordinamento sui suoi pusher: il cugino omonimo Giovanni Pupella cl. 92, incaricato di ricevere e controllare la merce dal fornitore palermitano Mauro Picarella e dal monrealese Cristian Madonia (già recentemente tratto in arresto per associazione a delinquere di stampo mafioso e figlio di Vincenzo, individuato quale capofamiglia di Monreale), La Corte Giuseppe, incaricato del taglio e del confezionamento e poi Massaro Daniele che, insieme ai primi due, interveniva solo per la cessione definitiva agli acquirenti.
Una presenza costante sul territorio che ha visto spesso i pusher passare fino a 18 ore “lavorative” nelle piazze di Monreale, consumando pasti frugali sul posto ed alternandosi nel ruolo di sentinelle per monitorare l’eventuale passaggio delle pattuglie dei Carabinieri che, proprio per tale motivo, dovevano ricorrere ad appostamenti in punti d’osservazione che consentissero di controllare le piazze di spaccio o confondendosi, per quanto possibile, tra i turisti in visita al Duomo. Difficoltà peraltro rese più profonde, come notato dall’A.G., nell’ “impossibilità di penetrare (…) il tessuto sociale poco incline a collaborare”.
Il ruolo dei minori
Coinvolti, a diverso titolo, molti minorenni: spesso clienti abituali disposti ad investire la “paghetta” in stupefacenti, ma anche collaboratori affidabili, piccole vedette pronte a proteggere le attività delle reti di spacciatori, magari con l’ambizione di farsi strada nel gruppo. In qualche caso perfettamente integrati, come la figlia di un indagato che addirittura riceveva le “ordinazioni” al telefono di casa. Numerosi gli episodi di spaccio in prossimità di istituti d’istruzione: in qualche caso l’acquirente, per ammortizzare le proprie spese, diveniva anche piccolo spacciatore, rivendendo a scuola parte di quanto acquistato poco fuori.
Il controllo del territorio: spaccio tra i vicoli del centro storico.
Se il gruppo di Pupella parte dal controllo del territorio sotto forma di vera e propria occupazione fisica degli spazi per arrivare ad organizzare lo spaccio, il gruppo Alongi/Cassarà interpreta invece il controllo del territorio nel senso di verificare e monitorare la presenza delle forze dell’ordine per agire indisturbato e calcolare al meglio ritmi e tempi delle cessioni. I due gruppi si avvalgono comunque, spesso congiuntamente, della violenza, della forza d’intimidazione, della minaccia e, in generale, del timore suscitato in quelli che si oppongono o protestano alla loro indiscussa egemonia, benché all’esasperazione dei cittadini, come osservato nella stessa ordinanza dal G.I.P., “poco o nulla si accompagnasse la ferma determinazione a formalizzare denunce che però, a dispetto di tale resistenza ed omertà, informalmente continuavano a giungere alle forze di polizia”. (Comando Provinciale dei Carabinieri di Palermo)