Messina. Con una nota indirizzata al commissario straordinario del Comune, Luigi Croce; ai dirigenti i dipartimenti Patrimonio, Risanamento e Avvocatura; al Ragioniere generale ed all’assessore regionale ai lavori pubblici, il presidente del Consiglio, Giuseppe Previti è intervenuto sui canoni di locazione degli alloggi comunali. “L’articolo 1 della L.R. 10/90 e ss.m.e ii. (interventi per il risanamento delle aree degradate di Messina), – scrive Previti- prevedeva a favore del Comune di Messina lo stanziamento di 500 miliardi delle vecchie lire. Il successivo art. 4 ha previsto che ”per la progettazione e la realizzazione delle opere finanziate con la presente legge, nonché per la gestione degli alloggi’, il Comune di Messina si avvale dell’Istituto Autonomo per le Case Popolari di Messina, che assume anche la funzione di stazione appaltante”.
I vari dubbi interpretativi relativi alle competenze dei due enti coinvolti (Comune di Messina e IACP) sono stati oggetto di un Protocollo di intesa dell’1/12/97 successivamente modificato con Delibera di Giunta n. 452 del 9/3/98 e, infine, con un nuovo protocollo – oggi ancora vigente – approvato dalla Giunta Comunale con Deliberazione n. 730 del 22/6/2000. Ciò premesso, va innanzitutto rilevato – sottolinea Previti – che la legge Regionale prevede che per la “gestione degli alloggi ” il Comune si avvale dell’Istituto. Escludendo, quindi, le innumerevoli botteghe (circa 100) i cui introiti derivanti dalla loro locazione vanno, senza ombra di dubbio, all’ente proprietario, ovvero al Comune di Messina. Assieme ai locali commerciali, l’art. 5 del predetto Protocollo d’intesa, oltre a ribadire la proprietà del Comune, di tutte le opere e degli edifici realizzati con i fondi della L.R. 10/90, conferma, in capo al Comune, il potere di stabilire la destinazione e l’utilizzo dei servizi pubblici (asili, scuole materne, centri diurni per anziani e soggetti portatori di handicap, etc.).
Ciò posto rimane da derimere la questione della gestione – La legge Regionale citata (art. 4) e lo stesso protocollo chiariscono, in parte, la “querelle” oggetto di un antico e lungo epistolario tra i due enti. L’articolo 7 del predetto Protocollo prevede che l’Istituto è titolare, tra l’altro, “delle quote dei canoni di locazione degli immobili di cui all’aliquota precedente spettanti secondo la normativa vigente”. L’unica “aliquota precedente” citata riguarda la percentuale dell’1% (art. 7) dei certificati di pagamento già liquidati alle imprese aggiudicatarie. Percentuale annullata a decorrere dall’approvazione dello stesso Protocollo. Il Comune ha l’obbligo di restituire allo IACP le somme incamerate precedentemente derivanti dall’applicazione della suddetta percentuale dell’1%. L’Istituto, sempre sulla scorta del citato Protocollo, ha il compito di “curare la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici…” nonché “l’esproprio di beni immobili nei siti di intervento”. Si tenga conto che gli edifici realizzati, in teoria, usufruiscono di una garanzia che pone in capo al costruttore, per dieci anni, eventuali discrepanze progettuali e danni causati da vizi edificatori. In teoria, quindi, è la Ditta che paga e non l’Istituto. Posto, quindi, che la gestione dei soli alloggi è dell’IACP e che il canone riscosso serve, in parte, a compensare le spese dello stesso Istituto, anche in base all’art. 19 del DPR 1035/72, è altrettanto pacifico che “lo IACP ha l’obbligo di rendicontazione e documentazione della spesa” all’ente proprietario, ovvero al Comune (art. 3 del Protocollo).
Se, quindi, lo IACP incassa 100 e spende 50 è chiaro che il resto va all’ente proprietario. Ad oggi non ci risulta nessuna rendicontazione e tutto viene “incassato” dall’Istituto. Per circa 800 alloggi. La successiva Legge Regionale n. 4 del 16 Aprile 2003, all’art. 19, prevede che “gli alloggi popolari di proprietà o facenti parte del patrimonio della Regione o gestiti dalla stessa o costruiti con il concorso o con il contributo della Regione SONO CEDUTI AGLI ASSEGNATARI, ovvero agli aventi diritto o ai soggetti che hanno presentato o presentano regolare domanda di riscatto”. E’, altresì, consentito il riscatto degli alloggi popolari da parte degli inquilini che abbiano maturato dieci anni di locazione, a prescindere dai piani di vendita. Conseguentemente, l’Amministrazione Comunale, può procedere all’immediata vendita del vasto patrimonio di edilizia popolare, che solo in parte deriva dalla L.R. 10/90. E’ necessario che si quantifichi, inoltre, il patrimonio derivante dall’art. 1, comma 441 e 442, della legge 30 Dicembre 2004, n. 311 (cosiddetta legge Romiti). – “Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli alloggi di cui all’articolo 2 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, sono trasferiti in proprietà, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, ai Comuni nel cui territorio gli stessi sono ubicati”.
Ovvero tutti gli alloggi statali e le relative pertinenze, compresi quelli affidati agli appositi enti gestori, sono trasferiti gratuitamente al patrimonio comunale. Sono esclusi dal provvedimento gli alloggi realizzati in favore dei profughi. La stima, per il mancato introito nelle casse comunali, potrebbe aggirarsi attorno ai dieci – quindici milioni di euro. E’ quindi necessario, urgente ed improcrastinabile sollecitare la Dirigenza Comunale – che ci legge per conoscenza – per il recupero delle somme illegittimamente riscosse dall’IACP, per chiedere, allo stesso, la rendicontazione – obbligatoria – delle spese e del saldo eventualmente dovuto all’Ente Comune e, infine, per la rapida alienazione delle alloggi di edilizia popolare. Valuti la SS., – conclude il presidente del Consiglio comunale Previti – ove fosse necessario, la convocazione di una conferenza di servizi per derimere più velocemente possibile ogni e qualsivoglia dubbio e per porre in essere tutti gli atti consequenziali finalizzati al recupero del dovuto”.