Il centenario della nascita di Aldo Moro è stato uno degli appuntamenti discussi nella manifestazione culturale “Babele a Nord-Est”, ideata da Vittorio Sgarbi in questi giorni in scena a Padova. La tavola rotonda, coordinata da Raffaele Palumbo, è stata introdotta da Vittorio Sgarbi, che ha presentato il tema e i relatori oltre a fare conoscere il suo legame con lo statista pugliese. Ha quindi evidenziato che Moro sia stato forse l’ultimo politico italiano con un pensiero, ricordando la vicenda del suo incontro a metà degli anni Sessanta con Moro, allora Presidente del Consiglio, che si era recato in visita al Collegio Salesiano Manfredini di Este e che nell’occasione strinse la mano a tutti i 673 allievi che vi studiavano. Sgarbi ha concluso: “Cinquant’anni fa ho stretto la mano a Moro e non l’ho più dimenticato. In quella stretta di mano c’era lo spirito”. Insieme a Giuseppe Pisanu, collaboratore di Moro e Ministro dell’interno del governo Berlusconi, Gianni Cervetti, deputato e dirigente nazionale del Partito Comunista negli anni Settanta e Ottanta, e Pino CASAMASSIMA, giornalista e autore di numerosi libri sul fenomeno terroristico, è intervenuto anche Mario Caligiuri, Direttore del Master in Intelligence dell’Università della Calabria che ha trattato il tema “Aldo Moro e l’intelligence”. Caligiuri ha evidenziato questo aspetto finora poco affrontato, sebbene sia fondamentale nella vicenda politica dello statista pugliese, inevitabilmente schiacciata sull’epilogo della sua tragica fine. Caligiuri ha sostenuto che “Moro era un autentico uomo di Stato, e, in quanto tale, conosceva in modo approfondito lo strumento dell’intelligence per garantire la sicurezza del Paese, utilizzando uomini e informazioni con grande efficacia”. Ha poi ricordato come Moro sia stato un protagonista assoluto della vita politica italiana, risultando sempre al centro delle vicende più significative. Nello scenario segnato dalla guerra fredda, era segretario della DC quando si aprì la stagione politica di collaborazione con il Partito Socialista e Presidente dell’Assemblea dello scudo crociato nella fase del compromesso storico con il PCI, in entrambi i casi affrontando diffidenze negli ambienti internazionali. Da Presidente del Consiglio affrontò le vicende legate al cosiddetto “Piano Solo”, lo scandalo dei fascicoli del SIFAR (il servizio segreto militare) e la sua conseguente trasformazione in SID. Mentre era ministro degli esteri si verificò l’avvio della strategia della tensione con lo scoppio della bomba di Piazza Fontana a Milano. In tutte queste vicende, e in altre che Caligiuri ha illustrato, si è evidenziata la capacità di Moro nel comprendere lo strumento dell’intelligence. Ha infine ricordato come nei suoi scritti durante i 55 giorni del rapimento, i riferimenti ai servizi siano continui. A questo riguardo ha citato il difficilmente reperibile volume di Francesco Maria Biscione del 1993 sul memoriale rinvenuto nel covo delle BR in Via Montenevoso a Milano. “Così come, ha aggiunto, andrebbero presto attentamente studiati i materiali declassificati dai Servizi italiani sulle stragi di Piazza Fontana a Milano, Piazza della Loggia a Brescia, del treno Italicus e degli altri materiali oggi disponibili presso l’Archivio Centrale dello Stato. Caligiuri ha concluso sostenendo che il rapporto tra Aldo Moro e l’intelligence è un aspetto affascinante ancora tutto da scrivere non tanto sul piano politico e giudiziario quanto per la dimensione storica e culturale.