(Questura Messina) – Un sequestro di beni per un milione e mezzo di euro, costituisce l’ennesimo colpo contro la cassaforte riconducibile al boss mafioso di Provinciale Giovanni Lo Duca, già appartenente al gruppo di una più consistente consorteria mafiosa, coinvolto in alcune delle più importanti operazioni antimafia degli ultimi anni e considerato dalla DDA e dagli investigatori uno dei più pericolosi esponenti criminali cittadini, ristretto in regime di “carcere duro”, c.d. 41 bis.
Il sequestro è stato operato nella giornata di ieri dall’Ufficio Misure di Prevenzione della Divisione Anticrimine e dalla Squadra Mobile della Questura di Messina in esecuzione del Decreto di Sequestro, emesso dal Tribunale di Messina – Sezione Misure di Prevenzione, su proposta di questo Ufficio misure di Prevenzione.
La misura ha colpito i beni intestati ai familiari del noto boss mafioso e, nella fattispecie, diverse imprese individuali costituite da bar ed rivendite ortofrutticoli, con sedi in Messina ed in particolare in Viale Europa, Via Catania e presso mercati rionali.
Sono stati, inoltre, sequestrati, 9 rapporti bancari e postali e due polizze assicurative riferibili al boss ed ai suoi familiari.
Nell’ambito dell’operazione, gli Ufficiali Giudiziari, hanno anche sottoposto a sequestro un appartamento per civile abitazione di proprietà di una sorella, nonché tre SUV di grossa cilindrata, tre motoveicoli e la “flotta aziendale” formata da tre autocarri.
Dalle indagini esperite, attraverso l’esame degli investimenti effettuati nel tempo dai familiari del boss, che per suo conto esercitavano le funzioni di prestanome, si è potuto constatare come gli stessi abbiano continuato a svolgere le attività illecite dell’usura e dell’estorsione, accumulando un patrimonio sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati e alle lecite attività aziendali.
Il Lo Duca, personaggio di indubbio spessore criminale, coordinava le attività illecite di tutti gli accoliti, prendeva decisioni e costituiva il punto di riferimento di qualunque azione criminale posta in essere dagli associati.
Lo stesso, attraverso le articolazioni in cui aveva organizzato il gruppo criminoso, era in grado di esercitare il diffuso controllo del territorio, mediante un’azione intimidatoria derivante dalla caratura criminale che gli veniva riconosciuta da tutti coloro con cui entrava in contatto.
E’ stato tratto in arresto nell’ambito dell’Operazione Anaconda, in cui risultavano coinvolte anche altre 11 persone, appartenenti a vario titolo ad un’associazione mafiosa dedita ai reati di estorsione, usura e detenzione di armi, in quanto riconosciuto capo, promotore e organizzatore della consorteria criminale.