Un ingente patrimonio, costituito da diversi complessi aziendali, attività commerciali, immobili di pregio e disponibilità finanziarie, del valore complessivo di circa 50 milioni di euro, è stato sequestrato in esecuzione di un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo nei confronti di una famiglia di noti imprenditori di Palermo, su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo.
Interessato dal provvedimento di sequestro è il nucleo familiare che vede come capostipite un noto imprenditore palermitano di 71 anni, operante, con varie ramificazioni ed anche attraverso i figli e i congiunti di quest’ultimi, in diversi settori commerciali della città.
Il sequestro nasce da un’articolata attività di indagine svolta congiuntamente dalla Guardia di Finanza di Palermo, dal Servizio Centrale Investigazioni Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza di Roma (S.C.I.C.O.) e dal R.O.S dell’ Arma dei Carabinieri, sotto la direzione della locale Procura della Repubblica, nella persona del Procuratore Aggiunto, Dott. Vittorio Teresi e del Sostituto Procuratore della Repubblica, Dott. Pierangelo Padova.
La ricostruzione patrimoniale, che prende spunto da numerose attività d’indagine svolte dal R.O.S. dell’Arma dei Carabinieri, ha permesso di definire le infiltrazioni di “Cosa Nostra” e dei suoi leader storici, fra cui Matteo Messina Denaro, negli affari delle società appartenenti ad un gruppo imprenditoriale che è leader da molti anni in Sicilia nel settore della vendita al dettaglio di articoli per l’abbigliamento, di accessori e di preziosi.
Secondo le evidenze indiziarie scaturite dalle risultanze di precedenti indagini, il gruppo imprenditoriale interessato dal sequestro risulterebbe, sin dai primi anni ’80, in rapporti di contiguità con esponenti di primo piano di “Cosa Nostra” palermitana, in particolare con i fratelli G. e F. G. (quest’ultimo cognato di M. M. D., per averne sposato la sorella, R. M. Denaro), con i quali avrebbe condiviso una serie di interessi economici, in una logica di reciproco vantaggio, consentendo di espandersi notevolmente sul territorio palermitano e trapanese.
I rapporti con il sodalizio mafioso di riferimento (mandamento di Brancaccio) si intrecciano con le vicende che hanno caratterizzato gli assetti di alcune imprese costituite in quel periodo, attive nel settore dell’edilizia, che hanno visto nel tempo diversi cambi di denominazione e modifiche alla struttura societaria, almeno da punto di vista formale.
Alcune imprese create dal capostipite del gruppo imprenditoriale avrebbero, nel tempo, trasferito la proprietà e/o le cariche a diversi soggetti ritenuti “vicini” ad esponenti della criminalità organizzata palermitana. Il gruppo imprenditoriale opera attualmente attraverso un articolato complesso di società, dislocate in diverse province della Sicilia.
G. G. (classe 1948) è stato arrestato nel 2002 in esecuzione dell’O.C.C. nr. 8908/00 R.G.G.I.P. e nr. 6668/00 R.G.N.R. per associazione mafiosa. Sempre nel 2002 è stato colpito anche dall’O.C.C. nr. 4486/02 R.G.G.I.P. e nr. 16676/01 R.G.N.R. (indagine “Ghiaccio” del R.O.S. dei Carabinieri), per associazione mafiosa ed estorsione aggravata, in quanto ritenuto il “reggente” del mandamento di Palermo-Brancaccio. Sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, nel 2006, è stato condannato dalla Corte d’Appello di Palermo ad anni 13 e mesi 4 di reclusione.
G. F. (classe 1951), nel 2006 è stato sottoposto a fermo per associazione mafiosa ed estorsione.
Nell’ambito del relativo procedimento, nel 2008, la Corte d’Appello di Palermo lo ha condannato ad anni 14 di reclusione. In tale procedimento era emersa, tra l’altro, il ruolo di raccordo svolto dal G. F. nelle comunicazione tra i latitanti P. B. ed il cognato M. D. M.
Lo stesso, inoltre, è risultato in stretti rapporti con il noto G. G. (classe 1949, originario di Castelvetrano), il quale, secondo le risultanze investigative, avrebbe avuto un ruolo determinante nell’apertura di due esercizi commerciali all’interno del centro commerciale “Belicittà” di Castelvetrano, centro di convergenti interessi imprenditoriali riconducibili al sodalizio mafioso capeggiato da M. M. D.
Tra i beni sottoposti a sequestro si annoverano 11 società e relativi complessi aziendali, con sede in Palermo e provincia, esercenti l’attività di gestione di beni immobili, vendita di preziosi, intrattenimento e commercio al dettaglio di abbigliamento, 12 fabbricati, 23 terreni, 16 automezzi, 5 quote societarie e disponibilità finanziarie.