copertina libro LE 4 GIORNATE DI CATANZAROCaro Tito, recentemente (marzo 2014) la casa editrice Rubbettino di Soveria Mannelli ha stampato e pubblicato, poi presentato e diffuso l’interessantissimo libro “Le quattro giornate di Catanzaro” scritto dal giornalista professionista Alessandro De Virgilio il quale è da parecchi anni il responsabile della sede regionale calabrese dell’AGI (Agenzia Giornalistica Italia, la seconda per importanza nazionale dopo l’ANSA). Con la prefazione di un altro noto giornalista e scrittore, Pantaleone Sergi, tale libro (formato quasi tascabile) consta di 128 pagine di sola scrittura, poiché non presenta alcuna immagine né fotografia. Tu sai quanto tenga alle immagini come supporto comprimario alla narrazione e, in verità, un po’ di foto, relative agli eventi narrati, avrebbero arricchito questa importante pagina di Storia che io, purtroppo, non conoscevo ancora. Mi rammarico assai di questa ignoranza che considero una pecca e che probabilmente appartiene a tutte le generazioni, come la mia, nate dopo la seconda guerra mondiale. Adesso grazie ad Alessandro De Virgilio e alla Rubbettino possiamo colmare tale lacuna.

catanzaro panorama col ponte grande

Comunque sia, il libro è scritto molto bene, è chiaro ed esaustivo nel dare un’idea completa e precisa dei fatti e del loro contesto. Ho notato un grande, accurato ed onesto equilibrio storico che aumenta il valore, il decoro e l’autorevolezza della narrazione la quale immette in chi legge un forte desiderio di saperne di più … di approfondire non soltanto i fatti di Catanzaro del 25-28 gennaio 1950 ma anche gli analoghi fatti di Reggio Calabria del medesimo periodo e poi dei cosiddetti “moti di Reggio” del 1970, tutti ascrivibili alla rivendicazione per il capoluogo di Regione.

ALESSANDRO DE VIRGILIO con il suo libro 2014Infatti, il motivo del contendere, immediatamente dopo la promulgazione nel 1948 della Costituzione della Repubblica Italiana, è proprio quello di accaparrarsi il ruolo di capoluogo regionale. Reggio e Catanzaro, un po’ meno Cosenza (le città, sedi delle tre province di allora), si sono aspramente fronteggiate, giungendo addirittura ad uno scontro politico fratricida, fino a quando nel 1970, con l’avvio operativo delle Regioni contemplate dalla Costituzione, fu Catanzaro ad avere il primato amministrativo regionale. Ma, tutto sommato, è stato un primato dimezzato (se non proprio del tutto annullato) dal momento che poi il Consiglio Regionale fu affidato a Reggio, mentre a Catanzaro è rimasta la sola Giunta. Un compromesso umiliante per entrambe le città!…

IL GRIDO DELLA CALABRIA quotidiano CZ 1950Insomma, i fatti raccontati da Alessandro De Virgilio sono l’ennesima dimostrazione di una vera e propria “guerra tra poveri” che alla fine lascia l’amaro in bocca a tutti e provoca tante divisioni difficili a sanare. Io stesso ho risentito di questo brutto clima quando, dal gennaio al maggio 1969, ho frequentato la seconda classe al liceo classico statale di Locri … non c’era giorno in cui non mi toccava subire “attacchi” più o meno pesanti per il mio appartenere alla provincia di Catanzaro … tanto è che poi ho preferito trasferirmi a Crotone per il conseguimento del diploma liceale!

 Pantaleone Sergi giornalista e scrittore calabreseIl medesimo scontro fratricida è accaduto in Abruzzo, con la contesa tra le città de L’Aquila e di Pescara. E forse non a caso tale controversia è sorta proprio in due regioni “gemelle” come Calabria ed Abruzzo (che allora comprendeva pure il Molise), assai simili per carattere e proverbiale testardaggine. A tale proposito inviterei a rileggere il libro dell’avvocato catanzarese Giovanni Balletta “La Calabria nel suo periodo eccelso” (edito pure questo da Rubbettino nel 2001 con l’etichetta di “Calabria Letteraria”), riproposto e ancora scaricabile alla conclusione della “Lettera a Tito n. 70” del 9 gennaio 2014. I due popoli,  quello calabrese e quello abruzzese (ma anche molisano), sono un tutt’uno nell’orgoglio micidiale per se stessi e per gli altri, nella caparbietà e nella “testa tosta”. Infatti, nel 202 a.C. i Romani deportarono i vinti Bruzi in terra di Abruzzo e Molise. Ed io che vivo da quasi 34 anni in Alto Molise al confine con l’Abruzzo (nome che pare derivi proprio dal Bruzio) posso testimoniare che quanto ha scritto Balletta è proprio vero!

Ed io che dal 1970 vivo in pratica fuori dalla Calabria (salvo esigui periodi per motivi familiari), leggendo adesso il libro su “Le quattro giornate di Catanzaro”, ho fatto tra me e me alcune considerazioni che ti voglio partecipare qui di séguito. Per prima cosa, ho pensato che è una grande risorsa per la Calabria, ma soprattutto per noi emigrati, un editore come Rubbettino che si è dato molto da fare per riunire in un imponente progetto culturale un gran numero di scrittori e saggisti su tematiche che altrimenti non avrebbero visto la luce. Bene anche altri editori, le associazioni culturali e la stessa Biblioteca Calabrese di Soriano che, pur arrancando, rendono sempre più preziosa la cultura della nostra Terra natìa. In particolare, voglio ricordare quando Rubbettino, negli anni ottanta e novanta, inviava gratuitamente a calabresi residenti o fuori confine e ai responsabili delle Istituzioni anche nazionali, il settimanale “il piccolissimo” animato con grande passione civile da Vincenzo De Virgilio (papà di Alessandro) e da Moisé Asta, a quel tempo giornalisti della redazione calabrese dell’AGI. 

Vincenzo DE VIRGILIO padre di Alessandro 2014Dunque, Alessandro De Virgilio è “figlio d’arte” e ritrovo in questo suo libro la scrupolosa, attenta e dignitosa puntualità che da sempre caratterizza papà Vincenzo, da molti anni ormai caporedattore dell’Agenzia nazionale Asca in Catanzaro. Reputo Vincenzo De Virgilio uno dei miei migliori “maestri di giornalismo” fin da quando (con la vicenda di “Badolato paese in vendita” 1986-88) ho avuto modo di frequentarlo, donandomi pure spazio su quell’epico settimanale che fu “il piccolissimo”. Ed è stato proprio allora che ho conosciuto Alessandro De Virgilio, ancora studente.

Sono assai lieto che da giornalista Alessandro sia passato a misurarsi con un tema storico così delicato. Ed è una fortuna, a mio parere, per la Calabria che ci siano persone giovani come lui che, accanto al lavoro professionale, trovino il tempo e l’energia per impegnarsi nel produrre un altro tipo di informazione, quella storica appunto, assolutamente difficile quanto necessaria per l’identità e la cultura di un qualsiasi territorio e particolarmente preziosa per la nostra regione, sempre più impoverita di intelligenze che, dedite ad una ricerca così rigorosa ed efficace, possano arricchire la nostra memoria collettiva.

reggio calabria dal cielo

Una considerazione importante. Leggendo il libro, mi sono sentito assai rispettato pure come “lettore” principalmente perché Alessandro ha cercato in tutti i modi di farmi capire il più possibile “distintamente” (con l’insistente ricorso alle fonti, alle testimonianze scritte e orali ma dirette, come ad esempio quella dell’uomo politico di lungo corso Mario Casalinuovo, già presidente del Consiglio Regionale, deputato e ministro) la verità sulle passioni individuali e collettive, non soltanto dei fatti certi e pubblici che hanno caratterizzato gli eventi. Anche per queste caratteristiche metodologiche e ispiratrici possiamo ritenere “stereofonico ad alta fedeltà” tale libro (nel senso che ci fa sentire distintamente e chiaramente le diverse voci dell’epoca, persino i bisbiglii, senza alcun rumore di fondo). Per questo suo grande amore per la limpida verità anche umana, sociale e filosofica oltre che più propriamente storica, Alessandro potrebbe benissimo presentare il suo libro proprio a Reggio e dintorni, sicuro che verrà apprezzato per la sua “onestà intellettuale” che gli fa molto onore e gli apre fin da oggi uno splendido avvenire di storico e di saggista, tanto affidabile quanto ricco di dignità e di lungimiranze!

onorevole Mario Casalinuovo

Una considerazione finale. Avendo avuto modo di vivere con molta passione la Calabria (tanto è vero che ti ripeto spesso di soffrire ancora molto di “calabresìte acuta”) e avendo modo da oltre tre decenni di vivere in Molise a contatto con Abruzzo e abruzzesi, non posso esimermi dall’evidenziare una caratteristica fondamentale che lega queste regioni e questi popoli con il popolo calabrese: l’orgoglio esasperato (come ho accennato prima). Ritengo che l’orgoglio abbia da sempre giocato un ruolo determinante, nel bene e nel male, per questi come per altri popoli nel corso della loro storia. Se l’orgoglio buono ha contribuito a mantenere alta la loro dignità individuale e sociale, l’orgoglio cattivo contribuisce ancora a deprimerli fino a quasi emarginarli nel contesto nazionale ed estero. Per le esperienze che ho accumulato in entrambi i contesti (calabrese e molisano-abruzzese), temo che l’orgoglio cattivo e controproducente abbia tuttora il sopravvento su quello buono, un po’ come il colesterolo. E i risultati si vedono chiaramente. Si può guarire da un simile orgoglio nocivo e persino mortale?… Penso di sì, però penso altresì che non scorgo alcun impegno e nessuna volontà, sia in Abruzzo-Molise e sia in Calabria, per venirne a capo…. anzi mi sembra che tale orgoglio stia diventando sempre più accecante. Perciò, mi convinco (e davvero sempre di più) che popoli come quello calabrese e abruzzese-molisano siano attualmente senza speranza. Vorrei sbagliarmi, ma sono del parere che non hanno vero futuro, almeno fin tanto che usano negativamente il forte orgoglio per dividere e non per unire, per disgregare e non per solidarizzare. E a pensare che paradossalmente hanno risorse ingenti e fin troppo originali, direi quasi uniche per poter eccellere persino nella globalizzazione planetaria!…

RIVISTA STORICA CALABRESE

Infine, ritengo che il libro sulle quattro giornate di Catanzaro debba essere “istituzionalizzato” per essere portato nelle scuole, nelle associazioni e nelle famiglie, pure per cercare di capire le origini della disgregazione fin troppo diffusa e generalizzata, specialmente identitaria e persino antropologica della stessa società calabrese onde poterne adottare efficaci rimedi. La speranza potrebbe essere davvero l’ultima a morire persino per i casi più disperati, impossibili addirittura pure per Santa Rita da Cascia! Saluti e baci, Domenico Lanciano (mercoledì 26 novembre 2014)

Domenico Lanciano Giornalista
Domenico Lanciano Giornalista

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