Caro Tito, nella lettera precedente ti ho accennato ad uno dei tanti esempi della “babele laico-religiosa” (emersa dal Convegno di Agnone 1985) sui principali argomenti della pedagogia individuale e sociale inerenti l’erotologia, la sessualità, i sentimenti, i valori che presiedono ad un dignitoso e buon vivere interpersonale. E ti dicevo pure di Nicola Caporale di Badolato (in provincia di Catanzaro) e di Renato Fidone di Scicli (in provincia di Ragusa) ovvero due persone, due artisti che non si sono conosciuti tra di loro ma che si sono ritrovati sul medesimo tema del celibato ecclesiastico.
Nicola Caporale (Badolato 1906-1994, qui in una mia foto del 1975 seduto alla sua scrivania) ha scritto nel 1935, cioè in tempi non sospetti (nel senso che non c’era allora un così grande dibattito sul celibato dei preti), un lungo racconto intitolato “L’amica d’infanzia” poi inserito nel volume di novelle “Con gli occhi non si vede” (edito da Interlisano a Parma nel 1966). Tratta di un ragazzo di campagna che a dieci anni lascia famiglia ed amici per entrare in seminario da cui esce sacerdote. Tornato nella sua contrada rivede l’amica d’infanzia preferita. Sboccia improvviso l’amore passionale e con esso i grandi interrogativi sul come e sui perché ai preti non sia permesso il matrimonio. L’epilogo di tale storia d’amore è quanto mai drammatico, poiché la ragazza (che aspetta un bambino dal suo amico-prete) ha un destino fin troppo indegno e doloroso. Ricordo che Nicola Caporale è stato prolifico scrittore di poesie, novelle, romanzi, poemi e anche pittore, fotografo, giornalista e cantore della civiltà contadina badolatese di grande pregio ed interesse (da “Premio Nobel” ho sostenuto io più volte pubblicamente e ribadisco ancora).
Renato Fidone (Scicli 13 aprile 1950, qui in una foto di scena, con gli occhiali) è attore ed autore vocazionale di teatro, persona simpaticissima e davvero squisitamente “magno-greca”! Ha al suo attivo numerosi e prestigiosi riconoscimenti per entrambi i ruoli. L’ho conosciuto proprio qui in Agnone del Molise nell’estate 1992 in occasione della rappresentazione di una sua pluripremiata commedia, tramite Giuseppe De Martino lo storico regista della Compagnia teatrale agnonese “Le 4 C”. Gli affidai “L’amica d’infanzia” per un adattamento teatrale, divenuto dopo qualche mese “Il filo spezzato”. De Martino, pure per onorare la sua amicizia con Fidone, promise di rappresentare questo dramma di Caporale-Fidone … ma, almeno fino ad oggi, nonostante ripetute promesse, non ha fatto nulla. E, in verità, ritengo che nulla possa fare poiché la sua Compagnia “Le 4 C” (super-premiata a livello nazionale e con belle esperienze estere) “appartiene” al Cenacolo Francescano della Parrocchia degli ex Frati Cappuccini di Agnone, città che ha visto, negli ultimi decenni, alcuni di questi sacerdoti lasciare la tonaca per unirsi alla donna amata. Dico “ex” Frati Cappuccini poiché il loro Convento è stato chiuso da alcuni anni (forse pure per tali comportamenti ripetuti ed inadatti secondo la morale cattolica). Rappresentare proprio qui in Agnone “Il filo spezzato” non sarebbe certamente opportuno. Però ci ha pensato una parrocchia di Palermo a rappresentare con successo ed interesse un tale dramma che spesso non è, purtroppo, soltanto teatrale.
Il tema del celibato ecclesiastico è sempre presente nella Chiesa Cattolica così come nella società civile sulla quale spesso ne ricadono le tristi conseguenze. Ed è proprio per tali tristi conseguenze sociali che un’associazione come l’EWA si permette di interessarsi al problema (perché di “problema” si tratta) con tutta la buona volontà, la solidale considerazione e l’onestà intellettuale, per contribuire a risolverne le sofferenze e le distorsioni. Nei trascorsi anni settanta specialmente la società italiana ha trattato ampiamente tale argomento. Infatti abbiamo assistito ad un tambureggiare di film, di servizi televisivi, di dibattiti, di libri e quant’altro. A quel tempo, persino parecchi monsignori (con alcuni molto vicini alla Curia vaticana ho parlato pure io) aspettavano la morte di Papa Paolo VI per riproporre la questione … desideravano che il matrimonio fosse stato almeno facoltativo per quegli ecclesiastici che l’avessero voluto!… Invece, il lungo papato di Giovanni Paolo II fu intransigente su tale proposta. Chiusura assoluta per Benedetto XVI e, a quanto pare, pure per l’attuale Papa Francesco. Insomma, la Chiesa Cattolica tollera che parecchi suoi “consacrati” abbiano risapute e “scandalose” esperienze sessuali (a volte generando figli illegittimi, nascosti o palesi), patiscano l’omosessualità e la pedofilia (come da ampia cronaca giornalistica e giudiziaria), però non apre alcuno spiraglio almeno alla facoltà di rimanere “consacrati” ma dentro ad un sano matrimonio ed egualmente dentro la Chiesa (cosa che è permessa in quasi tutte le religioni nel mondo, comprese altre fedi cristiane)!… Così, mancano sempre di più le vocazioni e sempre più tanti “consacrati” (uomini e donne) lasciano la Chiesa per formarsi una propria famiglia. Ma ritorniamo a Scicli.
Nell’estate 1994 io e mia moglie abbiamo soggiornato due settimane a Leamington (Ontario, Canada) dove abbiamo numerosi parenti e tantissimi compaesani di Villacanale di Agnone, i quali, assieme ad altri italiani e stranieri lì immigrati nel secondo dopoguerra, hanno fatto di questa bella cittadina sul grande Lago Erie (al confine con gli Stati Uniti di Detroit) “la capitale canadese del pomodoro”. Già nel 1994, seguìti da una Università di Chicago, le “Farm” (cioè le azienda agricole) avevano già da tempo adottato il metodo “idroponico” (hydros, acqua – ponos, lavoro) per coltivare pomodori ed altre primizie nelle loro serre (green-houses). In pratica, le radici delle piante non sono inserite nella terra o in altro aggregato ma vengono ospitate in grossi tubi dove circola l’acqua con tutti i nutrienti elargiti all’occorrenza automaticamente tramite computer (pure a distanza e, quindi, controllabile anche da casa). Tale sistema (che probabilmente si avvale di semi geneticamente modificati) permette di dare molta resistenza e la medesima grandezza al prodotto che viene così confezionato e spedito verso i mercati di tutto il Nord America in tempi e con costi assai concorrenziali e redditizi. Infatti, questi “contadini-imprenditori” italiani sono ultramilionari (in dollari), hanno ville stile Hollywood già alla seconda generazione di emigrazione e si avvalgono ormai quasi esclusivamente di manodopera messicana, giamaicana e di altre parti del Centro-Sud America. Uno di questi grandi imprenditori è Mike Mastronardi (seconda generazione, qui nella foto dentro una delle sue green-houses), un primo cugino di mia moglie partito adolescente per il Canada verso i primi anni cinquanta e già in quel 1994 chiamato da tempo il “re dei fagioli”.
Nell’estate 1996, Mike Mastronardi è tornato al suo natìo villaggio di Villacanale di Agnone, nel Molise, come spesso è solito fare assieme all’ottima moglie Isolina, ai figli e ai nipoti. Lo convinsi ad andare a Scicli, a visitare le serre dei pomodori e delle altre primizie che invadono il mercato italiano ed europeo. Ci andò. Lo misi in contatto proprio con Renato Fidone, il quale lo presentò ad alcuni imprenditori locali. Nel 1996 a Scicli e dintorni pare che il metodo idroponico non fosse ancora diffuso. Mike ebbe l’opportunità di partecipare (a qualcuno del luogo) idee o di “vendere” tecnologie a riguardo?… Non lo so (forse è segreto industriale o professionale). Sta di fatto che Mike andò un’altra volta a Scicli, negli anni seguenti. E adesso pare che il figlio di Renato Fidone, che è agronomo, intenda recarsi proprio a Leamington per visitare quelle aziende (farm, green-houses). Da parte sua, Renato sogna di portare il proprio teatro in Canada, dove pare che ci siano tantissimi emigrati provenienti specialmente dalla zona del suo “Eldorado del pomodoro siciliano”.
Così, sono assai lieto di confermare una piccola verità … molto spesso la Cultura (come lo Sport e il Turismo) è, nel suo piccolo, un valido e strategico veicolo che contribuisce pure al progresso produttivo (industriale e commerciale) di un territorio e, avvicinando piacevolmente le persone, le predispone alla più utile e significativa collaborazione. Ad majora, quindi, proprio a tutti! Saluti e baci, Domenico Lanciano