Caro Tito, superata l’età di 74 anni, mi accorgo sempre di più (specialmente da calabrese) che la nostra Scuola (non dico quella elementare ma già da quella media e ancora di più da quella superiore) non ci ha fornito i mezzi e gli elementi minimi necessari per conoscere (seppur a grandi linee) la nostra Storia regionale. Mi viene adesso il dubbio o il sospetto che sia stata una strategia voluta dal Nord (tramite il Ministero della Pubblica Istruzione) per non farci capire il nostro valore.
Dovevamo sentirci (come eravamo da loro ritenuti): inetti, vagabondi, scansafatiche, ignoranti, incapaci e, quindi, essere più facilmente preda dell’emigrazione e dello spopolamento, del massimo sfruttamento e magari pure della delinquenza. Invece, piano piano (spesso con l’aiuto di persone più consapevoli del nostro valore umano e storico), mi sono svegliato pure io e ho cominciato a cercare meglio e di più. Così, tra tanto altro, nella mia adolescenza è nato il mio grande interesse per la CALABRIA PRIMA ITALIA, quella dei secoli precedenti alla Magna Grecia (cioè il periodo dal 1500 all’800 avanti Cristo), sette secoli in cui erano ancora in vigore le sapienti leggi di Re Italo, la sua democrazia etica, i suoi sissizi, i sentimenti di solidarietà, di pace, di collaborazione. “Eden Calabria” l’ho chiamata, per rendere l’idea. Rivedi, ad esempio, << https://www.costajonicaweb.it/universita-delle-generazioni-eden-calabria/ >> del 25 giugno 2020 tra i tanti riferimenti presenti in queste lettere. E ringrazio i tanti “maestri di calabresità” che ho incontrato lungo queste mie lunghe ricerche nel corso degli anni che culminano nell’aprile 1982 con la costituzione, appunto, dell’associazione culturale CALABRIA PRIMA ITALIA, portata avanti come ho potuto con i mei esigui mezzi, mentre le Istituzioni che invadevo di sollecitazioni restavano sorde e mute.
Cercando e ancora cercando … nel 2006 ho scoperto il prezioso libro “Calabria the first Italy” scritto e dato alle stampe addirittura da un’americana dell’Università del Wisconsin nel lontano luglio 1939 (giusto 85 anni fa). Un libro che avrebbe dovuto essere scritto e pubblicato da un calabrese o almeno da un italiano … per quanto appassionato, amoroso e soprattutto “doveroso”. Gertrude Slaughter, una donna “straniera”, invece, pur attraverso due brevi soggiorni in alcuni luoghi della nostra regione, ha saputo cogliere ciò che pochi (persino tra gli stessi calabresi, allo stato delle cose) avrebbero saputo o potuto comprendere. Lo ha potuto fare perché, da persona sensibile e motivata, si è trovata innamorata della nostra storia più antica, del nostro popolo, della nitidezza anche morale del nostro ambiente umano e naturale. Che Iddio l’abbia in Gloria!…
1 – LA SCOPERTA DELLA CALABRIA
Come più volte ti ho riferito in queste nostre corrispondenze, ho voluto ed ho cominciato a scavare nella storia del nostro popolo dopo i primi due trimestri della quinta elementare, frequentata nel Collegio francescano di Rivoltella del Garda (Brescia), dove su 160 e più scolari ero l’unico non-lombardo. Benché fosse un collegio che preparava i “fratini” (cioè i bambini che mostravano di avere una vocazione per fare il sacerdote, quindi un ambiente ecclesiastico e addirittura francescano) ho ricevuto tanto di quel vomitevole razzismo quotidiano (perché ero terrone meridionale) che già a Natale avrei voluto tornare in Calabria, nella mia Badolato. Mio padre mi ha chiesto di resistere un altro trimestre. Ma a Pasqua ero già a casa!… Da allora, mi sono ripromesso di approfondire la nostra storia e dimostrare a coloro i quali ci ingiuriano che siamo sostanzialmente (e almeno eticamente) migliori di loro. E’ stata una così triste ed ingiusta esperienza che ha segnato il resto della mia vita.
E, come ti ho riferito altre volte, mi sento a casa soltanto in Calabria, nonostante soffriamo pure noi di un certo campanilismo tra rioni, paesi e province. Un campanilismo che però non è certo razzismo, poiché tutti, alla fin fine, ci riconosciamo in una cultura e in radici molto comuni e irrinunciabili. Infatti, noi tutti (o quasi) amiamo la Calabria come una Mamma o come una Dea. Spesso la veneriamo. Ho girato tutte le regioni, ma assieme a Napoli e dintorni, siamo noi calabresi che amiamo di più la terra natìa.
Basta guardare alle canzoni popolari, alla nostra letteratura, alla nostalgia e allo struggimento prodotti dall’emigrazione, l’indignazione per lo spopolamento, riuscendo persino ad essere accoglienti con i migranti (questo, in pratica, da oltre 4mila anni). Nonostante tanti problemi, l’identità calabrese è sempre forte, di generazione in generazione. Lo facciamo spontaneamente, senza una “guida” (se non l’Etica).
E’ un istinto ancestrale. Amoroso. Religioso. Figurati che meraviglioso popolo potremmo essere se avessimo una vera “Guida” socio-politica e se non fossimo ancora vittime da 164 anni di una guerra “ibrida” (tanto per usare una parola attuale) sotto occupazione della cosiddetta Padania! … La Calabria finora ha avuto ben 22 lunghe dominazioni … passerà pure questa padana, prima o poi!…
2 – LA CALABRIA INDUSTRIALE
Tra i tanti aspetti del nostro popolo che ho voluto conoscere, quello delle risorse naturali e della capacità industriale è stato uno dei più curati da me. Mentre è stato uno dei più completamente smantellati dalla rapina del Sud effettuata dai Piemontesi & Co. con l’invasione del maggio 1860, istituzionalizzata poi con la mal’unità italiana del 1861 fino ad oggi (spesso con la complicità di nostri rappresentanti e della quella indegna classe dirigente complice e collusa). Ti ho spesso ipotizzato il fatto che ho l’impressione ancora adesso che molti sindaci, responsabili regionali e tanti altri siano come “pagati” per non fare niente.
Tutto serve per mantenere il Sud e in particolare la Calabria sotto pressione per essere in balìa di un Nord mai sazio … a tal punto da volere addirittura la “secessione”, rinominata oggi “autonomia differenziata” … ma senza mollare lo sfruttamento del Meridione. Ci dessero l’indipendenza! … Dimostreremo di sapercela cavare alla grande come nel resto dei secoli precedenti!… Ma temono la nostra libertà. Ci vogliono comunque schiavi. Per noi non vale l’autodeterminazione dei popoli. Ancora una volta dobbiamo pazientare. Passerà pure questa bufera.
Nonostante noi cittadini comuni non conosciamo bene i dettagli della situazione industriale pre e post-unitaria, tuttavia ci siamo fatti un’idea della nostra ricchezza e dell’ingegno generalizzato dei calabresi (dentro e fuori i confini). Dire che il Nord è sorretto da risorse economiche e da professionalità meridionali è dire una verità che comunque è sotto gli occhi di quasi tutti. A parte i milioni di meridionali, ovunque trovi calabresi (dalla donna delle pulizie al luminare medico, dall’insegnante al manager silenzioso, e così via). Ho provato più volte, nel corso di questi decenni, a lanciare appelli alle Autorità territoriali e regionali, affinché ci facciano conoscere la vera Calabria che è dentro e fuori i confini. LA CALABRIA POSITIVA. Gli appelli ignorati sono la dimostrazione della collusione con lo sfruttamento del Nord … altrimenti chi ci governa a livello territoriale e regionale ci dovrebbe fornire gli strumenti di conoscenza della CALABRIA MIGLIORE e gli strumenti per aumentare la nostra “autostima” pure per evitare di essere “depressi” (non soltanto economicamente). Invece pure i nostri poteri locali ci vogliono pressoché “ignoranti” … in linea con la strategia nazionale di tenerci poveri, emarginati e depressi.
Non a caso, caro Tito, ho iniziato queste corrispondenze il 04 ottobre 2012 proprio con le prime sette “Lettere” settimanali (1-7) sulle risorse turistico-industriali di “CAPO SUD” (la zona tra Brancaleone-Capo Spartivento e Scilla) … un chiaro segno di presa di coscienza storico-territoriale per significare anche a livelli internazionali. E poi sulle risorse turistico-industriali della “RIVIERA DEGLI ANGELI” (tra Riace e Squillace) con le lettere 8-9-10. Quasi tutte queste nostre Lettere tendono ad una sempre maggiore e migliore consapevolezza delle nostre realtà e soprattutto delle potenzialità che ci derivano principalmente dalla nostra Storia ma anche dalla nostra Geografia. Ho passato una vita a proporre e a segnalare idee ed iniziative per valorizzare le nostre peculiarità. Se fossimo uniti (e non divisi anche all’interno della regione e dispersi per il mondo) noi calabresi continueremmo a dare lezioni di civiltà. Ma ci vogliono divisi e insignificanti perché così possono rubare e depredarci meglio le tante ricchezze naturali e culturali che il nostro territorio ha. E, anche se riusciamo a realizzare qualcosa di prestigioso, ci costringono in tutti i modi a chiudere. Ti ricordi la lettera n. 292 di mercoledì 15 luglio 2020 su << https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-292-appello-per-fare-insieme-la-storia-della-camiceria-pirega-di-badolato-marina-cz/ >> ?… A volte non conosciamo nemmeno ciò che accade nel nostro stesso paese o territorio! … Come ad esempio (emblematico) l’esistenza e la storia della OMC (officine meccaniche calabresi) di Gerace Marina oggi Locri dal 1924 al 1934.
3 – LE OFFICINE MECCANICHE CALABRESI DI LOCRI (RC)
La prova, appunto, che noi calabresi non conosciamo né noi stessi né il nostro territorio mi è stata data, ieri mattina, domenica 16 giugno 2024 alle ore 07.02 quando un gentile amico (che ama come e più di me la Calabria) mi ha inviato il seguente link: << https://it.wikipedia.org/wiki/OMC_(moto) >>. Sono rimasto assai meravigliato ma anche molto arrabbiato. Meravigliato perché non immaginavo una storia così bella ed interessante realizzata ad appena 50 chilometri dalla mia Badolato dal 1924 al 1934. Arrabbiato perché da nessuno ho saputo una cosa così importante, nemmeno durante la mia frequentazione giornaliera (gennaio-maggio 1969) quando ho frequentavo la seconda liceo al classico Ivo Oliveti di Locri. Finora conoscevo industrialmente Locri soltanto per la “Locretta” piccola fabbrica di bibite (prevalentemente aranciate dall’abbondanza di agrumi locali) … pure questa un’esperienza industriale che avrebbe meritato maggiore e migliore fortuna … se non fosse stata distrutta dai concorrenti padani cui si sono aggiunte le multinazionali del settore. E sì, perché adesso, bisogna fare i conti pure con lo sfruttamento delle multinazionali e della globalizzazione! … Tutti vogliono che al Sud non cresca nemmeno un filo d’erba, perché siamo e dobbiamo essere soltanto terra ad alto sfruttamento, senza disturbatori. Deserto Calabria. Peggio dell’Africa.
Dopo pochi minuti, alle 07.11 per la gioia di questa “scoperta” ho inviato il link a tanti miei amici, tra cui Giuseppe Mazzaferro (direttore di “Tele Mia” una TV regionale di Roccella Jonica (RC) – 15 km da Locri) il quale ha immediatamente pubblicato la notizia sul sito dell’emittente con la foto di questo paragrafo e con il testo che puoi leggere al seguente link: << https://www.telemia.it/la-breve-ma-intensa-avventura-delle-officine-meccaniche-calabresi/ >>. Grazie Direttore Mazzaferro a non aver esitato a pubblicare una così bella notizia che fa onore a tutta la Locride ma anche a tutti noi calabresi!!!… Detto in poche parole (l’invito è andare a leggere l’articolo di Mazzaferro oppure ciò che viene evidenziato da Wikipedia nel link sopra riportato). Puoi leggere qualcosa in più in questo altro resoconto con belle foto << https://www.italiaonroad.it/2023/09/24/la-omc-officine-meccaniche-calabresi-quando-anche-la-calabria-allavanguardia-nella-produzione-industriale-ha-avuto-una-propria-produzione-di-motocilette/ >> da cui traggo le seguenti due foto molto indicative.
In pratica, a Gerace Marina (oggi Locri) per dieci anni tra il 1924 e il 1934 ha funzionato molto bene una industria meccanica, creata dal nulla dall’ing. Vincenzo Bruzzese (nato nel 1896 nel vicino borgo di Grotteria) che produceva eleganti e potenti motociclette di media cilindrata, esportate in gran parte all’estero per la loro brillante funzionalità e poi anche per il prestigio che ha saputo guadagnarsi tale marchio. In fabbrica, oltre a ingegneri e tecnici (in gran parte provenienti dal nord Italia), lavoravano oltre duecento operai, tra cui quaranta donne (in un periodo in cui la donna era obbligata a stare in casa ad accudire marito, figli e anziani di famiglia). Per alcune caratteristiche mi ricorda il sistema adottato con grande lungimiranza dai Borboni nelle Reali Seterie di San Leucio vicino alla Reggia di Caserta. Chi sa mi capisce, chi no ricerchi su Google. Purtroppo entrambi i sogni (Locri e San Leucio) sono finiti per il sabotaggio predatorio del Nord padano (almeno come tramandano le cronache). Per ciò che ha dimostrato di saper fare 90 anni fa, Locri avrebbe potuto diventare davvero un prestigioso polo meccanico, come quello emiliano-romagnolo dove adesso ci sono i maggiori marchi di motociclette. E, chissà, col tempo, Locri avrebbe potuto crescere e fare sicuramente qualche cosa di più.
4 – UNA STORIA DELLA CALABRIA INDUSTRIALE
Questo emblematico esempio e tanti altri (dal 1500 a. C. di Re Italo fino ai giorni nostri) meriterebbero uno studio approfondito sulle attività e le capacità industriali nel territorio della Calabria, di cui oggi a malapena si sa delle Ferriere di Mongiana sulle nostre Serre. Chi può effettuare questo studio e la seguente pubblicazione in uno o più volumi, se non le Università della Calabria o un’unione di Enti, magari patrocinati dall’Unione Industriali calabresi?… Ne ho discusso molto utilmente pure con alcuni del Gruppo Whatsapp “Calabria Sviluppo Turistico” (creato il 17 settembre 2020 dall’amico Giovanni Gatti di Copanello) nella stessa mattinata di domenica 16 giugno 2024. Molto interessante (e in linea con questa lettera 546) mi sembra pure l’articolo del prof. Ulderico Nisticò pubblicato proprio su tale specifico argomento venerdì 17 maggio 2024 << https://www.soveratoweb.com/per-una-storia-della-calabria-industriale/ >>.
Nella ricerca che ieri ho effettuato su Google pare che non ci sia ancora un libro che dia informazioni complete sulla STORIA DELLA CALABRIA INDUSTRIALE o STORIA INDUSTRIALE DELLA CALABRIA. Tuttavia, per chi intenda intraprendere (per studio o semplice informazione) tale conoscenza territoriale e storica, provo a segnalare almeno tre testi importanti come, ad esempio: La Calabria industriale pre-unitaria (1815-1860) del prof. Giuseppe Barbera Cardillo (Edizioni Scientifiche Italiane – Napoli 1999); Le Reali Fabbriche del Ferro in Calabria di Danilo Franco (Rubbettino Editore 2019); La Storia Economica della Calabria di Giuseppe Brasacchio (EffeEmme – Chiaravalle Centrale 1980). Inoltre, sull’argomento può giovare ascoltare ciò che ci viene detto in 22 minuti da << https://www.youtube.com/watch?v=fDdfn7LIsJQ >>. L’invito è anche quello di convincere qualche studente universitario calabrese di scegliere come tema per la propria tesi di laurea proprio quello della “Storia industriale della Calabria” nel corso dei secoli. Tanti i libri ed i documenti sui fallimenti della Prima Repubblica (seconda metà del Novecento) sia con la Cassa per il Mezzogiorno e lo Svimez, sia per il mancato quinto centro siderurgico di Gioia Tauro, la Liquichimica di Saline Joniche e la SIR di Lamezia Terme (tanto per citare le cattedrali del deserto o le opere mai iniziate), sia con le fabbriche dismesse di Crotone e di altri siti che hanno lasciato un notevole inquinamento ambientale difficile da risolvere. Non farebbe certo male leggere “ INDUSTRIE IN CALABRIA, ERA LA REGIONE PIU’ RICCA D’ITALIA. ” dello scrittore meridionalista Antonio Ciano << https://www.facebook.com/photo.php?fbid=2135504740070084&_rdr >>.
5 – SALUTISSIMI
Caro Tito, quante cose si dovrebbero conoscere per poterci dire “veri calabresi” per vocazione, cultura e identità … non soltanto per pura e semplice nascita! …. E il caso di dire che la conoscenza ci rende almeno più consapevoli, il che può diventare presupposto per trovare le motivazioni di una qualche liberazione e/o per reagire alla propria condizione di sottomissione quando di non vera e propria schiavitù socio-economica. E, a propositi di industrie e di lavoro, è stato davvero assai bello apprendere dal sempre attento e generoso mio amico Gaetano Drosi (ore 08.51 di ieri domenica 16 giugno – https://www.lametino.it/Ultimora/inaugurato-a-soveria-mannelli-il-museo-carta-dedicato-al-libro-e-alla-tipografia-rubbettino.html) che la Rubbettino, una delle maggiore industrie tipografico-editoriali del Sud, venerdì pomeriggio 14 giugno scorso ha inaugurato il MUSEO CARTA ovvero un museo aziendale allargato a tutti i fenomeni e ai risultati della stampa tipografica e della comunicazione. E’ davvero da ammirare tutto ciò che stanno facendo i fratelli Florindo e Marco Rubbettino (proseguendo la grande opera imprenditoriale iniziata nel 1972 dall’indimenticato papà Rosario) a Soveria Mannelli, un piccolo borgo della presila catanzarese, quindi in una zona disagiata di area interna! … “CARTA” aderisce a SudHeritage ovvero la rete dei musei d’impresa della Calabria.
A parte qualche successo d’impresa al Sud comunque ancora derubato e semi-desertico, l’Italia deva ancora fare i conti con la propria Storia, specialmente quella post-unitaria dal 1860 in poi …
Altrimenti non ci sarà mai una vera democrazia, una vera Nazione o un vero Stato, ma soltanto padroni e servi, egemoni e subalterni. Così, sperando con questa “Lettera 546” di avere dato un utile input o una buona idea su cui lavorare, passo ai saluti, sempre ringraziandoti.
Alla prossima 547 e tanta cordialità pure ai nostri gentili lettori. A presto,
Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)
ITER-City, lunedì 17 giugno 2024 ore 09.39 – Da 56 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto” (con Amore). Le foto, cui i diritti appartengono ai legittimi proprietari, sono state prese dal web.