Caro Tito, oggi (domenica 13 novembre 2022) è la “giornata mondiale della gentilezza”. Nella scorsa edizione 2021, come Università delle Generazioni, sono riuscito a celebrare tale ricorrenza con varie iniziative sia in Calabria che in Molise e persino in Abruzzo dove, nella città di Vasto, su mio input, si è mosso un apposito comitato (formato dal Rotary, da alcune scuole e da altre presenze sociali coordinate “gentilmente” dal dott. Giorgio De Domenico, direttore del mensile “Vastodomani”). Questa volta non sono riuscito a fare nulla, poiché mi hanno tenuto troppo impegnato numerosi impegni personali, familiari e di comunità. Tuttavia, sono riuscito almeno ad inviare qualche messaggio pro-memoria a parenti ed amici; i quali mi hanno risposto in modi assai diversi tra loro … con commenti entusiastici (“E’ giusto ricordare di essere sempre gentili, una bella ricorrenza” … “la gentilezza salverà il mondo”) a quelli pessimisti (“Oggi è una fortuna trovare persone gentili” … “Purtroppo vediamo molto poca gentilezza in giro” … “Secondo me la parola gentilezza non esiste più, tutti egoisti” … “La gentilezza è un sogno” e così via).

1 – IL CIMITERO DEI SOGNI

Quest’ultima frase mi ha fatto risvegliare l’idea del “cimitero dei sogni e dei rimpianti” che coltivavo da decenni e su cui avrei voluto scrivere qualcosa di più sistematico rispetto alla presente “Lettera n. 433”… purtroppo non tutti i desideri si possono, appunto, realizzare. Per prima cosa ho pensato ai tanti cimiteri che ci sono oggi nel mondo dove sono seppelliti i milioni di migranti che (perdendo la vita in naufragi o altri incidenti) non sono riusciti a raggiungere la mèta dei loro sogni, del loro futuro tanto immaginato, “sognato” e agognato. Si dice dello stesso nostro mare Mediterraneo che è un immenso cimitero. Ma non c’è soltanto questo mare. Ovunque ci sono le ròtte dei migranti (per terra o per mare) là c’è un cimitero dei sogni infranti (in Asia come in America, in Australia come in Africa). E, come riferiscono le cronache internazionali, non c’è giorno in cui una o più vite non vengano tragicamente spezzate nel tentativo di raggiungere la mèta del sogno, per il quale, spesso, si spendono tutte le energie e tutti gli slanci non soltanto delle singole persone che si mettono in viaggio ma spesso pure delle loro famiglie per un futuro migliore.

2 – LA STANZA DELLA MORTE

Per seconda cosa, ho pensato alla “stanza della morte” (così la definisco io) nell’ospedale civile di Agnone del Molise (nella cui amministrazione ho lavorato per 25 anni). Devi sapere, caro Tito, che in questo come in altri ospedali può esistere una stanza dove vengono messi gli ammalati terminali, affinché possano stare più tranquilli e con più “privacy” (lontano da occhi indiscreti). E’ una forma di grande rispetto, quasi di affetto. In Agnone, nei reparti di Chirurgia o di Medicina, tale stanza era giù in fondo, l’ultima del corridoio, più appartata, proprio per questo segno di rispetto quasi sacrale quando si ha a che fare con la morte…

 

Quando erano in questa stanza e poiché il mio ufficio era attiguo all’ospedale, andavo a trovare frequentemente persone da me conosciute o care (specialmente parenti ed amici) pure per sapere se avevano bisogno di qualcosa. Solitamente, nelle nostre lunghe conversazioni, alcuni di loro mi affidavano delicate confidenze.

E, tra queste, a volte, mi venivano rivelate cose ìntime che si dicono solo in punto di morte, come per liberarsi di un fardello o di un peso, persino come messaggi ultimi da recapitare ad altre persone.

Quasi che fosse necessario fare il passaggio verso l’aldilà con la coscienza svuotata della terrestrità e più in sintonia con il divino e l’eterno. Svuotata anche da rimpianti e da recriminazioni. Tutto diventa inutile dinanzi all’ultimissimo evento del trapasso.

3 – POTESSI TORNARE INDIETRO – FORMAT TV

Da questa lunga esperienza mi è nata l’idea di un “format radiofonico o televisivo” intitolato << POTESSI TORNARE INDIETRO >>. L’intenzione di tale trasmissione, specialmente TV, era (e continua ad essere) quello di realizzare una riflessione pedagogica, personale e sociale, sul valore della vita e su come viverla nel migliore dei modi pure per non avere cocenti rammarichi, struggenti rimpianti per preziose occasioni mancate o persone volutamente perse. Intanto il primo beneficiario sono stato io, poiché ho imparato molto da costoro che sapevano o immaginavano di avere poco tempo da vivere ancora, spesso settimane o addirittura giorni. Ho presentato tale progetto sia alla RAI che a Mediaset. Ma anche a Telemolise (la principale emittente televisiva regionale), il cui direttore, cui ho telefonato, mi ha detto che era una proposta bella ed interessante però televisivamente addirittura “macabra”! Dipende come si fanno determinate cose, gli ho risposto!

Così, ho coltivato l’idea di scrivere un libro con il medesimo titolo. Ma, poi, come spesso mi accade, si accavallano troppi impegni più impellenti e finora non ho fatto niente. Un volumetto ho curato poi io, in appena un paio di settimane, in corsa con il tempo, per dare la soddisfazione allo stimatissimo amico Tonino Bartolomeo di lasciare qualcosa di tangibile, prima di morire proprio nella “stanza della morte” nel reparto di chirurgia dell’ospedale di Agnone. Tale libro (intitolato “POESIE D’AMORE”) è stato presentato nella stanza d’ospedale dove Tonino Bartolomeo era degente, alla presenza delle massime Autorità cittadine e della Sanità pubblica, ma anche di amici e familiari. Ne hanno dato notizia tutti i giornali molisani e Telemolise ne ha fatto un bel servizio per il telegiornale.

 

Ho realizzato tale volumetto, come Università delle Generazioni e in stretta collaborazione con gli amici del locale Cenacolo Culturale Francescano “Camillo Carlomagno” della cui compagnia teatrale (LE 4 C) Tonino Bartolomeo faceva parte con grande ed entusiasmante successo di critica e di pubblico. Ne ho scritto pure per il trimestrale “La Radice” di Badolato alla pagina 26 del 30 giugno 2005 (anno 11 n. 2) con il titolo: “Vito Maida: un amico, un poeta, un uomo”. Vito Maida da Soverato aveva dedicato e inviato un’apposita poesia al “collega poeta” Tonino Bartolomeo, il quale ha assai apprezzato il gesto che gli proveniva dalla Calabria. Tale poesia ho poi fatto pubblicare pure dal mensile “L’Eco dell’Alto Molise” edito dallo stesso Cenacolo.

Nei giorni di aprile 2001 in cui ero impegnato in tipografia a preparargli il volumetto “POESIE D’AMORE”, ho avuto modo di parlare molto con Tonino Bartolomeo, il quale, sapendo benissimo che era nei suoi ultimi momenti di vita, mi ha confidato tante cose, confermandomi il fatto (già verificato con altri “morenti”) che ci si porta dietro, immancabilmente, nella tomba forse troppi rammarichi e rimpianti. Giustificabili però con il senno del poi, cioè dell’aver vissuto e dell’esperienza. Certo… a saperle prima le cose … tutti ci comporteremmo assai diversamente. Tuttavia, Tonino si mostrava molto sereno nell’affrontare l’ultima prova, in un’età pure relativamente giovane e comunque prematura per l’estremo saluto. E’ morto sette giorni dopo che gli abbiamo presentato il bel volumetto al suo capezzale e con così tanto affetto e rispetto. Un momento di grande commozione e suggestione, ma anche un esempio originale e ancora irripetuto.

4 – I SOGNI SPEZZATI DEI GIOVANI

Caro Tito, la guerra – si sa – è proprio quella che, più di tutte le cose, spezza i sogni di innumerevoli giovani nel fiore dell’età più promettente per il futuro. Spesso di un’intera generazione. E’ un suicidio per qualsiasi nazione, poiché sottrae ad un popolo quella che viene detta comunemente “la migliore gioventù”. Ed anche per questo ci aspetteremmo che mamme e papà dei giovani chiamati in guerra protestassero davvero tanto per impedire questo massacro inutile, perché – sia sa – la guerra è sempre inutile, anche se serve per arricchire chi da essa ci guadagna. Quanti bambini e quanta altra popolazione civile viene immolata nelle guerre! Pàgano sempre i più deboli. Lo stanno dimostrando i tanti conflitti ancora oggi presenti nel mondo, specialmente quello tremendamente attivo in Ucraina, popolo che cerca di liberarsi dall’aggressione della confinante Russia.

 

Ci sconvolge la brutalità di ogni guerra e questa in Ucraina ci strazia pure per le tante fosse comuni di tante persone trucidate da entrambi gli eserciti.

La guerra e guerra e non c’è un esercito buono e l’altro cattivo. Quando le violenze e le atrocità si impadroniscono dell’animo umano, non c’è differenza tra un esercito e l’altro. La guerra è guerra: quanto più danni e morti può infliggere. E devastazioni. C’è soltanto il fatto che uno è l’aggressore e l’altro è l’aggredito.

Ma i morti non conoscono tali sottigliezze. Si muore e basta. Tutto viene spezzato irrimediabilmente con la morte, pure i sogni. Ed ogni tomba può rappresentare e rappresenta un futuro negato ed un infranto sogno di vita.

5 – SALUTISSIMI

E viene infranto pure il nostro desiderio, il nostro sogno di non avere più guerre sulla faccia della Terra. Sembra proprio impossibile che esista la pace tra persone, tra famiglie, tra nazioni!… Tuttavia non bisogna demordere, anche perché sarebbe peggio: sarebbe l’abbrutimento più completo del genere umano e forse il suo annientamento o persino la sua scomparsa (specialmente se si scatenasse una reciproca guerra nucleare). In tal caso tutto il pianeta sarebbe un “cimitero dei sogni”.

Caro Tito, grazie per voler pubblicare pure questa “Lettera n. 433” sperando che la prossima n. 434 possa avere un argomento più edificante nel racconto e nelle prospettive. Purtroppo questa che ti invio adesso fa parte della nostra realtà quotidiana con cui bisogna fare i conti. E misurarsi. Cercando di superare tutto ciò che è negativo per noi personalmente e per l’intera Umanità. Un cordiale abbraccio a te e ai nostri lettori. A presto, spero.

Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)

ITER-City, domenica 13 novembre 2022 ore 15.37 – Da ben 55 anni (cioè dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto”.  Le foto sono state prese dal web. Per la copertina del volumetto ”Poesie d’Amore” di Tonino Bartolomeo la foto mi è stata “gentilmente” fornita dell’amico Giorgio Marcovecchio (per lunghi decenni anima del mensile “L’Eco dell’Alto Molise” e del “Presepe Vivente” emanazioni del Cenacolo francescano di Agnone).

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