Caro Tito, sabato 19 dicembre 2009 nella mia casa di Agnone del Molise stavo seguendo (come ogni settimana) la utilissima quanto drammatica trasmissione televisiva di Rai Tre “Ambiente Italia” … quando in diretta dalla manifestazione “NO PONTE” di Villa San Giovanni un concitato e commosso Angelo Bonelli (storico dirigente dei Verdi italiani) dava notizia del malore che aveva colpito chi poco prima stava parlando sul palco. Si capiva bene dalla trepidazione e dallo smarrimento di Bonelli che era successo qualcosa di assai grave e di irrimediabile per quell’uomo. Dentro di me ho sentito il sangue raggelarsi, eppure non sapevo ancora chi fosse … però sentivo che quella morte mi riguardava da molto vicino. Infatti, qualche ora dopo, l’amico Pietro Melìa (inviato speciale della testata giornalistica Rai TGR Calabria) mi ha telefonato per darmi la dolorosissima notizia. Sì, era proprio Franco Nisticò di Badolato, mio amico fin dai tempi della scuola materna e da sempre indomabile spirito battagliero.
Ne fui tanto colpito che non fui capace di concludere la telefonata con Melìa il quale mi chiedeva di scrivere un ricordo per la sua rivista “Punto & @ Capo”. Cosa che feci attraverso una lettera indirizzata al figlio Guerino, nel segno della continuità delle lotte sociali e dell’impegno politico lodevolmente portati avanti dal padre sempre con sovrabbondante passione. Dopo qualche giorno, alcuni amici lombardi mi hanno chiesto di scrivere per la prestigiosa rivista bimestrale milanese “Guerre & Pace” un breve profilo biografico che è stato poi pubblicato nella quarta pagina di copertina del n. 157 (febbraio-marzo 2010).
Ultimamente, appena saputo che come Sindaco di Messina è stato eletto Renato Accorinti (storico esponente di spicco del movimento “NO PONTE”) ho pensato che probabilmente costui possa essere la persona giusta che potrebbe intitolare nella Città dello Stretto a Franco Nisticò una via o qualcosa d’altro che lo ricordi degnamente e permanentemente. Cosa che, in verità, dovrebbe fare pure Badolato e, in particolare, la città di Villa San Giovanni (anche se qui è già stata posta tempo fa una piccola e malferma targa commemorativa, inchiodata ad un albero, nella piazza della chiesa di Cannitello). Sabato 2 luglio scorso, con lettera raccomandata n. 14533743050-2, ho chiesto ufficialmente al sindaco Accorinti di esaminare la proposta di intitolare a Franco Nisticò (morto sul palco del NO PONTE il 19 dicembre 2009, una vita in lotta per il nostro territorio jonico) una via di Messina o qualcosa d’altro di significativo e di permanente.
Franco Nisticò, a mio modesto parere, merita un vero e proprio “monumento” di bronzo a grandezza naturale che lo raffiguri nell’immagine ultima: mentre parla al popolo davanti ad un microfono (come da ormai foto-icona). Un monumento duraturo che sia di monito permanente alle classi dirigenti nazionali e locali riguardo le fin troppo precarie condizioni del nostro territorio. Condivido, ancora e sempre, quanto portato avanti da Franco, dalla rete “NO PONTE” e da tanti altri in vari tempi e luoghi. In particolare, resto fermo nel parere che le ingenti somme ancora da destinare ad un’opera insicura come il ponte sullo Stretto possano essere spese per mettere in sicurezza il territorio orografico non soltanto della Calabria e della Sicilia ma dell’intera Italia, risparmando lutti e catastrofi “naturali” e procurando così lavoro e dignità a gran parte delle nuove generazioni condannate altrimenti all’abbrutimento sociale, economico e contributivo o addirittura all’inestistenza e all’invisibilità. Inoltre, è sempre più necessario ed urgente intervenire sull’inammissibile sottosviluppo delle nostre zone meridionali, specialmente della costa jonica che le statistiche inchiodano a condizioni da Quarto Mondo (giacché il Terzo Mondo è in via di forte risveglio).
La mia personale indignazione a riguardo perdura almeno fin dalla fanciullezza per sofferenza ed osservazione diretta e poi fin dalla adolescenza e giovinezza, quando ho preso maggiore coscienza studiando principalmente il rapporto sociologico su “Il comprensorio di Soverato: contributo sperimentale e metodologico alla programmazione nel Mezzogiorno” (che ci fotografa come il territorio “il più depresso del già depresso Sud”), pubblicato nel 1965 in Firenze da La Nuova Italia a cura dell’ISES – Istituto per lo sviluppo dell’edilizia sociale; ed anche il tragico libro di Michele Cozza “Calabria 1951-1975: come si disgrega una regione” (edito dal Centro di Studi e di Ricerche Economico-Sociali della Calabria dell’Unione Regionale delle Camere di Commercio). Devo proprio dire di più?… Cordialità.