Caro Tito, pochi mesi fa una mia parente (che mi stima e tiene tanto a me) su “whatsapp” mi ha scritto (alquanto preoccupata) per sollecitarmi a non scrivere e a non parlare più del mio esilio da Badolato e dalla Calabria. Temeva che mi si potesse ancora fare del male. Le ho risposto dicendole che non deve temére poiché l’esilio (pur costando tanta, troppa sofferenza) non è una vergogna, ma è, al contrario e paradossalmente, un onòre. Non certo nel senso del Duce che affermava “molti nemici molto onore”. Personalmente non ho nemici, ma ho soltanto persone che, in un modo o nell’altro, mi hanno fatto del male e non riescono più a guardarmi in faccia e negli occhi. Oppure io li ho allontanati per evitare che mi potessero fare altro male. Infatti ho motivo di credere che buona parte dei miei problemi di salute siano dovuti proprio a costoro. Persino l’asino evita di passare da un luogo dove ha ricevuto bastonate!…
L’esilio immeritato è un onore. Ne vado persino fiero e lo ostento pure, sempre, anche per marcare la differenza tra me e chi (amico/i fin dall’asilo!) mi ha costretto a lasciare la Terra dove sono nato e che avevo il piacere ed il dovere di emancipare fino in fondo, collaborando con tutti coloro che avevano questo obbligo morale ed istituzionale. Non ho paura di dire in faccia che sono stati loro gli artefici del mio esilio, come per dire che l’affronto non l’hanno fatto a me bensì al nostro popolo che avrebbe potuto giovarsi del mio super-attivismo sociale, ampiamente dimostrato fin da ragazzo, come pochi altri o quasi nessuno.
Infatti, è il massimo onore per una figura altamente sociale e generosa come me, che non ha avuto altra ambizione che vedere il proprio paese splendere più del sole … per questo ho sempre vissuto, operato e lottato, mettendoci molto anche di tasca mia, oltre all’inventiva, al lavoro, alla salute e ai sacrifici pure della mia famiglia. Lo dice lo stesso Dante Alighieri (uno dei più splendidi simboli per tutti noi esuli) … “L’esilio che m’è dato, onòr mi tengo!” (come afferma nelle sue Rime varie del tempo d’esilio) … Se ci sono esiliati vuol dire che, più o meno e purtroppo, ci sono i tiranni (coniugati variamente) o gli indegni dell’amministrazione pubblica in tempi di cosiddetta “democrazia” non di medioevo o di dittature!… Tradotto in termini attuali: non c’è vera democrazia dove ci sono esiliati pacifici e nonviolenti!… I fatti parlano chiari, al di là di ogni demagogia, populismo o politicismo.
1 – ESILIO, MASSIMO ONORE PER MASSIMO AMORE
Chi è costretto all’esilio (generalmente e salvo eccezioni) non ha nulla di che vergognarsi, ma anzi è (paradossalmente) un pregio che non capita a tutti ed è il segno massimo di un Amore immenso. “Chi per la Patria muor vissuto è assai” sosteneva il canto operistico di Saverio Mercadante (1795-1870) in “Donna Caritea” (atto primo scena 9-A) del 1826. Ed io mi sento un “caduto” per la Patria!… Anzi, caduto per “fuoco amico”. Tradito da coloro che (a Badolato, come ad Agnone e altrove) si sono persino largamente avvantaggiati del mio lavoro di anni (o addirittura attribuendoselo o negandolo), senza mai dirmi nemmeno un semplice “grazie”… ma anzi ripagandomi con l’ingratitudine, le calunnie e l’esilio!…
Evidentemente mi hanno costretto all’esilio pure per non avere il problema di rappresentare (per le strade del paese) in modo vivente i loro rimorsi! Ecco in quale mondo viviamo persino in una piccola comunità dove ci conosciamo tutti, dove abbiamo condiviso tante cose belle … dove siamo a volte anche parenti!!!… E devo persino ringraziare Dio che sono ancora vivo, poiché ad altri è andata pure peggio in determinati luoghi italiani per molto meno (come rendicontano i media cartacei, televisivi, social, ecc.). L’ingratitudine umana, si dice, è più grande della misericordia di Dio! E’ una ipebole, una esagerazione … però non è troppo lontana dalla realtà, poiché la realtà supera, a volte, la fantasia. Ricevere male per bene è regola!
Chi deve avere vergogna non sono coloro che sono stati costretti a partire per sempre come me (emigrati, altri tipi di esuli e perseguitati, giovani che hanno studiato tanto per poi riparare altrove e persino all’estero, ecc.). Devono avere vergogna coloro che non fanno niente per trattenere nel territorio braccia e cervelli, senza i quali si constata il sempre più crescente degrado sociale e desolazione urbana e rurale. Devono avere vergogna coloro che, per quanto male fanno al popolo e all’economia, sono condannati dai tribunali e, addirittura, si devono nascondere o darsi alla latitanza, spesso chiudendosi in casa o nascondendosi nel “bunker” (sottoterra) o vivere sempre di cattiva coscienza.
L’esilio non è una latitanza, anzi, è l’esatto contrario. L’esilio è una “presenza-assenza” o “assenza-presenza” come mi ha detto un’amica di lungo corso proprio qualche settimana fa per dimostrami di aver capito come e quanto io ami ancora Badolato e la Calabria. Infatti, l’esilio è il massimo orgoglio per una persona che ha amato troppo e continua ancora ad amare tanto e in modo immutato la propria Terra e la propria più degna Gente (anche se fisicamente lontano). Chi Ama ama sempre, ovunque e comunque!
2 – DAL PRIMO NOVEMBRE 1988
Nell’imminente primo novembre 2021 sono 33 anni (quasi metà della mia esistenza) che sono stato costretto a trasferirmi definitivamente ad Agnone del Molise, per l’esilio impostomi dal mio paese natìo, dopo pur tanto, forse eccessivo Amore espresso fin da bambino. E il prossimo febbraio 2022 sono dieci anni che non scendo a Badolato. Un periodo davvero infinito per uno come me che ha sempre ricercato un’occasione per tornare al paese anche se per poche ore (pure quando ero all’università o nel servizio militare o in altri periodi di lontananza forzata).
Ed eccessivo Amore (riconosciuto pure in questa parte di Appennino da taluni agnonesi ed altomolisani) ho nutrito pure per Agnone e l’Alto Molise … perché ovunque sia andato ho sempre cercato e lavorato per valorizzare al massimo possibile e persino per esaltare la Gente ed il Luogo. Gratificato dalle mie stesse opere, anche se alla fine, la parte più politica di Agnone (così come quella di Badolato) non ha saputo o voluto utilizzarmi a proprio beneficio, nemmeno gratuitamente e in modo del tutto volontario!!!… Ma un’amica infermiera mi ha detto una frase che mi gratifica di tanto Amore e di troppi sacrifici per il bene pure di questa Terra e di questa Gente: “Dove vai tu nascono fiori”. Che è un modo di dire per chi cerca sempre di essere (ad oltranza) dalla parte del bene, dell’utile e del bello. Dell’etica migliore! E si prodiga così tanto da fare emergere la parte migliore di tutto e di tutti!
Mi spiace dirlo e me ne dolgo molto profondamente, però “peggio per loro!”, adesso, specialmente per chi mi ha mandato in esilio! E se ne vedono i risultati sia a Badolato e sia ad Agnone per l’esilio imposto. E non soltanto a me. Si vede la differenza. E qualcuno me lo conferma pure! Da tanti anni chiamo “i Prìncipi del deserto” tutti questi desertificatori di popolo e di territorio! Vogliono regnare sul deserto e sulle loro ristrette tribù che si sono create attorno o che hanno causato da decenni di generazione in generazione. Mentalità tribale. Pure per questo diventa sempre più attuale il mio motto di Wita, nato già nel settembre 1967 alla Certosa di Serra San Bruno (VV): “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto!”…
3 – DI ESILIO IN ESILIO
Sono così tanto abituato all’esilio che ormai non ci bado più, ma anzi è la conferma dell’onòre che mi ha donato la Wita di essere sempre “scomodo” – “malvisto” o “rifiutato” da chi detiene un qualche potere e, spesso, si pavoneggia e non lo esercita con etica e soprattutto con vero Amore! Chi esercita il potere come “servizio” (o come vera democrazia) cerca di accogliere e di coordinare chi ama il proprio paese. Non lo fa scappare pur potendolo trattenere. Non è mai questione di soldi o di risorse.
Bene o male siamo in tempo di pace e non mancano le opportunità. E’ sempre e solo questione di volontà, motivazione e principalmente di onestà ed amore. E’ così per qualsiasi tipo di comunità: da quella ecclesiale a quella municipale, da quella regionale a quella nazionale. Purtroppo una cattiva interpretazione del potere a fini privatistici o di solo gruppo causa i disastri che vediamo! L’esperienza di molti decenni dimostra che non si può governare soltanto con gli amici e gli amici degli amici, escludendo tutti gli altri, specialmente gli indipendenti e gli esperti, quelli volenterosi. Non è un governo o un’amministrazione di bandiera ciò che serve, ma è rispondere a quel proverbio che sollecita << CHI PIU’ SA DICA CHI PIU’ PUO’ FACCIA!>>. Non si scappa!
Così il mio primo esilio è stato quando a soli undici anni appena compiuti, nella primavera del 1961 (a 2/3 dell’anno scolastico), sono tornato a Badolato andando via dal Collegio Francescano Lombardo di Rivoltella del Garda (Brescia), ribellandomi a quella gestione miope fatta dai superiori verso noi fratini, ovvero di coloro che fin da bambini studiavano per diventare frati e sacerdoti ispirati (si badi bene) all’Armonia di San Francesco!
E di quella ribellione (io anima innocente di bambino) vado ancora talmente fiero che costituisce la prima clamorosa affermazione della mia personalità libera, onesta, istintiva, naturale e persino ingenua! Autentica!… E, soprattutto, amorosa e armoniosa. Fiduciosa nei dirigenti che, poi, chissà perché deludono quasi sempre, annegando nel malorgoglio, nella mancata fraternità, accoglienza e considerazione.
La mia vita è costellata di piccoli e grandi esilii. L’altro clamoroso esilio è stato quando a 18 anni, nel dicembre 1968, ho abbandonato il Liceo Classico dei Salesiani di Soverato (come altre volte ho avuto modo di dirti e come ho scritto in più sedi di documentazione) per la crudeltà mentale subìta proprio da altri sacerdoti-docenti! Ma l’esiliato non ero io soltanto, poiché io ne ero una conseguenza. Sia a Rivoltella che a Soverato il primo esiliato è stato l’Amore fraterno, umano e divino, la pedagogia, specialmente la Sacralità!
E così in altri esempi ed occasioni, il mio esilio era conseguenza di una mancanza di Valori e di Etica. O di semplice correttezza umana e civile. Così pure per l’esilio da Badolato o da Agnone o da altro luogo o situazione. Purtroppo sono rimasto troppo ingenuo e, quindi, fedele all’Armonia di Kardàra! Sta di fatto che quel Collegio Lombardo di Rivoltella del Garda è stato chiuso per mancanza di vocazioni ed è stato riciclato in struttura socio-sanitaria pubblica.
E, per quanto riguarda Badolato e Agnone e altre realtà, è in atto un “suicidio” demografico oltre che sociale e storico. Si perde persino di significato, nonostante tanta prosopopea e titoli di quella nobiltà storica che non esiste più! E, nonostante abbia forti dubbi, spero in una controtendenza. Di vero cuore. Anzi, per quanto mi riguarda, lotto ancora per questo, per la effettiva rinascita e la significanza concreta di luoghi, popoli e singole persone. La mia coscienza è a posto!…
4 – IL DOLORE NON ELIMINA LA FELICITA’
A volte mi trovo a dover spiegare questa mia ricorrente e paradossale frase che “Il dolore non elimina la felicità”. Intanto dico che non c’è niente di più vero dei paradossi. Poi, come esempio, faccio riferimento al vulcano Etna, che si trova nella Sicilia orientale-jonica. In questa grande montagna (alta oltre 3300 metri) coesistono il fuoco e l’acqua, che sono in fondo un paradosso.
Personalmente non ci credevo neppure io che la felicità potesse coesistere con il dolore. Però con il tempo ho avuto prova che si può essere molto felici anche molto soffrendo. Ne ho scoperto il segreto. Quando si è onesti e si ama tanto, magari pure troppo, si è comunque felici quantunque cause esterne a noi ci fanno soffrire altrettanto troppo. E’ l’onestà (d’animo, di mente e di cuore) il vero “segreto” della felicità!…
Quindi, caro Tito, pènsami completamente e veramente “felice” sebbene formalmente in esilio, persino nel dolore e nella sofferenza per la lontananza dal mio prediletto luogo natìo, sempre amato all’inverosimile (sicuramente più di tanti miei concittadini, specialmente di quelli appartenenti in vario modo alla cosiddetta classe dirigente).
Mi sono sempre e comunque considerato “felice” (situazione più attinente pure al sacro) o almeno “sereno” (per dirla laicamente), soprattutto perché sono rimasto il Mimmo semplice, amoroso e armonioso di Kardàra.
Non ho mai derogato (pur sforzandomi, paradossalmente, per vedere di nascosto l’effetto che faceva il contrario) dall’Amore e dall’Armonia di Kardàra! E sono ancora e sempre fedele a questi Valori che presiedono da sempre ogni momento della mia Wita. Della serie … “Chi nasce tondo non può morire quadrato”. Ma è anche la nostra Natura, oltre che la nostra educazione di base, con l’aggiunta della propria auto-educazione e sensibilizzazione tramite lo studio e la Cultura.
5 – SALUTISSIMI
Caro Tito, con questa lettera n. 361 del 30 ottobre 2021, voglio ringraziare (ancora e sempre) tutti coloro che mi vogliono ancora bene, nonostante la lontananza e l’esilio, e tutti coloro che hanno contribuito (specie se veri Maestri di Wita) al mantenimento e all’accrescimento della mia sensibilità umana, sociale e universale. La maggior parte di questi miei Educatori (come i miei Genitori) sono passati nel mondo dei più … quel mondo dei più che amiamo onorare sempre nel nostro cuore e nella nostra mente ma che, usualmente e socialmente, celebriamo ogni 2 novembre.
Come avrai notato, da qualche tempo queste mie Lettere non hanno più la data dei vari Luoghi del mio diverso esilio ma soltanto il mio stesso “Iter-City” (Cammino-Città o Città-Cammino)?… Perché? … Perché ormai non ho più Luoghi di esilio. Non li considero più. C’è unicamente il mio Cammino, quell’ITER annotato fin dall’adolescenza quando ho capito di avere solo il mio cammino di Wita davanti a me, niente altro! Quindi ogni luogo è una Città del mio Iter, una tappa del mio viaggio, una sosta del mio percorso esistenziale. In effetti, proprio come dai tempi della mia adolescenza “Iter” è il simbolo del mio cammino di Wita e d’Armonia!… Tutto il resto è dietro le spalle, nelle categorie dal Passato prossimo o remoto! Amen!
Così, parlando di esilio, non potevo non ricordare Dante Alighieri (Firenze 1265 – Ravenna 1321) ed Ovidio (Sulmona 43 a.C. – odierna Romania 17 d.C.), i due esuli super-eccellenti della nostra Cultura e Identità di base. Grandi esuli che confortano pure il mio piccolo esilio. Oltre tutto, per Dante ricorrono i 700 anni dalla morte (in terra di esilio, appunto). Era un modo per onorare tutti coloro che (nel passato, presente e, purtroppo, anche futuro) sono stati, sono e saranno esuli. Ma, forse, sono loro il più vero “sale della Terra”!
Sempre con grande riconoscenza e gratitudine, ti saluto assai cordialmente e fraternamente, con il pensiero alla prossima “Lettera n. 362” … ‘iidha ‘arad Allah … Se Dio vuole!… Se avrò ancora forze per farlo!… A presto,
Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)
ITER-City, sabato 30 ottobre 2021 ore 07.07 (ultimo giorno di orario legale e sull’Adriatico è già Aurora) – Dal settembre 1967 il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del nostro deserto”. Le foto sono state prese dal web.