statale 106

Caro Tito, come pochi calabresi jonici, posso affermare che la mia vita si è svolta quasi tutta accanto e sulla strada statale 106 (oggi E 90) e alla parallela ferrovia Metaponto – Reggio Calabria. Infatti, essendo nato il 4 marzo 1950 nel casello ferroviario km 324 + 210 (a Cardàra di Badolato), ho visto il progressivo aumento del traffico ma non il corrispondente adeguamento della sua sede di percorrenza. E questo è uno dei tanti motivi del perché è poi diventata “strada della morte”. Una delle più famigerate. Una vergogna permanente d’Italia e d’Europa! … Il segno e il simbolo di come e quanto il nostro sud sia stato abbandonato o non abbastanza difeso!… Abbandonato contro gli stessi interessi commerciali del centro-nord che non potevano contare su strade più comode e utili alla diffusione dei loro prodotti! Paradosso!

1 – KILOMETRO 152

Ho percorso più volte la Statale jonica 106 in tutta la sua lunghezza da Reggio Calabria a Taranto (o viceversa), da quando ero bambino e fino a qualche anno fa. Ma il mio raggio d’azione quotidiano si è svolto (per i miei primi 12 anni consecutivi) attorno al km 152 (cioè nei pressi dell’abitazione della mia famiglia, al casello della contrada rurale di Cardàra di Badolato). E, poiché ho percorso tante altre strade statali di carattere nazionale in varie parti d’Italia, posso affermare che la 106 jonica resta senza dubbio tra le peggiori, come concezione e come esecuzione tecnica, persino come manutenzione ma anche come uso.

Ad esempio, ricordo che, nella primavera del 1987, era talmente alta e debordante l’erba all’ingresso e all’uscita del ponte sul torrente Gallipari (tra Isca e Badolato, al km 153) che noi automobilisti non riuscivamo a vedere che automezzi stavamo per incrociare in quell’improvviso restringimento della carreggiata!… Una situazione molto pericolosa che ho cercato di segnalare con tutti i mezzi mediatici allora a mia disposizione … persino (con foto) sul settimanale “il piccolissimo” che l’editore Rosario Rubbettino distribuiva in 10mila copie a tutti gli enti calabresi e persino nazionali. Difficile non venirlo a sapere per ANAS e altri Responsabili di zona. Eppure non cambiò proprio nulla. Questa delle erbe alte al Gallipari mi rimane ancora nitidamente impressa nella memoria. Dovemmo aspettare l’arsura del mese di luglio perché quelle erbe (inariditesi da sole e dal sole) si afflosciassero un po’ permettendo così una migliore visibilità. Forse all’ANAS aspettavano proprio l’aiuto dell’estate!

2 – AMARA LETTERATURA JONICA

Salvo eccezioni, ritengo che probabilmente nessuna strada al mondo (considerata normale) si sia meritata più della Statale 106 l’onore delle cronache (prevalentemente nere, purtroppo). Le lamentazioni per la sua pericolosità e per i disservizi sono sicuramente lunghe quanto la sua stessa messa in esercizio negli anni 30 dello scorso 20° secolo. In fondo è una strada ancora giovane … non ha ancora compiuto nemmeno 90 anni!… Possiamo considerarla una strada ancora con il “biberon” in tasca, se consideriamo l’età media delle strade italiane. E’ così infantile che ha già prodotto troppi guai, come, giustamente, afferma l’Associazione BASTA VITTIME SULLA S.S. 106, di cui è stato presidente e paladino il badolatese e l’amico d’infanzia Franco Nisticò (1951-2009) combattente per i diritti del popolo calabrese e martire dell’inefficienza sanitaria.

E rimango ancora con il dubbio che il Fascismo (nel pieno delle sue avventure coloniali africane) abbia deciso di realizzare tale strada non a beneficio degli abitanti della fascia jonica ma principalmente per motivi strategici di carattere militare, essendo un asse verso il Mediterraneo meridionale.

Mi pare che l’inconscio dei nostri governanti sia forse rimasto “coloniale” pure nella recente denominazione di “Autostrada del Mediterraneo” dell’esile tratto che va da Salerno a Reggio Calabria (ex A3 del Sole). Il Mediterraneo meriterebbe una denominazione più appropriata che un così breve percorso! Ma tant’è!….

Voglio ringraziare pure adesso e anche qui tutti coloro che (dentro e fuori l’Associazione BASTA VITTIME SULLA S.S.106) si affannano a reclamare i sacri diritti (a non morire) nel semplice percorrere una strada di rilievo nazionale e territoriale, che però nasconde così tanti pericoli ed insidie come poche altre al mondo di una simile categoria.

3 – NOI (QUASI SEMPRE) DOPO L’AFRICA

Evidenziando sempre con amara ironia storica, ho scritto e detto più volte che la Statale 106 jonica è stata costruita molto tempo dopo tante altre strade e persino (ritenute tali) “autostrade” coloniali … nel senso che la monarchia sabauda e i suoi governi (con pseudo-nascita e vanto risorgimentale ed unitaria nazionale) hanno preferito prima dotare le colonie africane di strade e ferrovie abbastanza decenti e soltanto troppo tempo dopo degnare la costa jonica di un viottolo di strada sterrata denominata addirittura Strada statale 106 nei collegamenti sud-nord e viceversa, collegando, comunque, ben tre regioni Calabria – Basilicata e Puglia per una lunghezza complessiva di 491 km  da Reggio a Taranto.

“Nemmeno in Africa!” bestemmiavano alcuni camionisti che dal nord Italia (ad esempio, Treviso, Milano, Torino o Genova) si avventuravano verso il profondo sud italiano per trasportare le merci della modernità … tra cui i primi prodotti pubblicizzati a “Carosello”. Alcuni di questi autisti in Africa c’erano davvero stati e, quindi, le loro imprecazioni e bestemmie erano plausibili e credibili.

In particolare, ricordo la rabbia degli autisti delle bisarche (gli autotreni che trasportano le automobili). Erano costretti persino a sgonfiare le ruote delle macchine che avevano a borgo per poter passare sotto le travi di sostegno delle arcate dei ponti costruiti negli anni trenta in cemento armato. Le lamentele per questi fastidi e ritardi sono state tali e tante che l’ANAS (azienda nazionale autonoma delle strade) è stata indotta a ridurre o addirittura a rifare, rialzandole (come nel caso del ponte sul fiume Gallipari tra Isca e Badolato), queste travi per permettere agli autotreni e ai furgonati di passare senza danni e ritardi.

Inoltre, attorno al km 152 e nei tratti percorsi spesso da me negli anni 1950-60 (Badolato – Monasterace e Badolato – Catanzaro), la statale 106 era davvero poco più che un viottolo brecciato. Per dare un’idea, se un camion incrociava un’automobile (tipo Fiat 500 topolino o 600) … era preferibile che la macchina rallentasse, si accostasse il più possibile o addirittura si fermasse. Non parliamo poi quando si incrociavano i pur rari camion, specialmente quelli con rimorchio. Entrambi dovevano fermarsi e trovare un accordo nello sfiorarsi senza farsi male.

Di sorpassi non ne parliamo!… Dal casello di Cardara verso Badolato Marina c’era e c’è ancora un rettilineo (chiamiamolo così) di circa 300 metri. Alcuni automobilisti usavano tentare il sorpasso tra di loro o azzardavano quello di un camion (spesso anche con rimorchio) che ostacolava o rallentava il loro incedere. Tale sorpasso riusciva mediamente al 50%. In genere l’audace automobilista doveva rientrare perché non c’era spazio sufficiente per il sorpasso. A volte capitava che l’automobile andasse fuoristrada e meno male che lì il terreno era ed è pianeggiante. Ho visto parecchi di questi incidenti, così come tra camion, alcuni dei quali si ribaltavano nelle curve pericolose nei pressi del torrente Barone e, in particolare, a Isca Marina al ponte sul torrente Salubro.

La peggio toccava alle moto. Principalmente perché la strada era sterrata e piena di brecciolino (negli anni 50). Poi è stata asfaltata alla meglio e meglio quando è passato un Giro ciclistico d’Italia (anni 50) e quando (sempre anni 50) è transitata una gara automobilistica. Tuttavia, tale asfalto (steso in economia o con qualche imbroglio) si sgretolava facilmente e, in particolare, nelle curve diventava insidioso. Faceva slittare o cadere quasi sempre le moto.  Nonostante con tempo fosse migliorato il genere di asfalto, tuttavia restava la pericolosità strutturale, mentre il traffico diventava più intenso e i mezzi più grandi e potenti (con conseguente guida più veloce, pericolosa o persino azzardata).

4 – LE MIE PRIME 4 COLONNE SULLA S.S. 106

Caro Tito, quando avevo appena compiuto 15 anni, nell’aprile 1965, ho ottenuto, a distanza di pochi giorni (quindi potremmo dire “contemporaneamente”) la tessera di “corrispondente” stampa del quotidiano romano “IL Messaggero” e di “vice-corrispondente” (di Vincenzo Guarna, 1945) de “Il Tempo” (l’altro quotidiano romano operante in Calabria con due pagine di Cronaca).

Ricordo che le mie prime due corrispondenze furono pubblicate con il titolo ad una sola colonna. Poi, nel terzo articolo, ho lamentato la pericolosità (effettiva da me sempre constatata) delle doppie curve a S che precedevano e seguivano lo stretto ponte sul torrente Barone all’ingresso/uscita dal nuovo abitato di Badolato Marina, nel bel mezzo del km 152. Tale mia lamentela/segnalazione ottenne fu pubblicata con un titolo di ben 4 colonne! Fu la mia prima vera e grande gioia giornalistica! Non era infatti facile ottenere un titolo su 4 colonne sulle 9 esistenti allora in una pagina di quotidiano cartaceo. Fui soddisfatto non soltanto perché tale mio articolo fosse stato preso in buona considerazione, ma anche perché diede spunto ad un parlamentare calabrese di fare una interrogazione alla Camera dei Deputati sulla pericolosità di tale tratto stradale. Nulla di fatto, ovviamente, se, a distanza di ben 56 anni non si muove foglia a riguardo! E così il pericolo persiste tuttora!… Pericolo che (a mia memoria degli anni 50-60) ha causato parecchi incidenti, alcuni gravi. Uno mortale. Non parliamo di automezzi pesanti che si strusciavano con danni alle loro carrozzerie … con tanti ribaltamenti nella scarpata sottostante, come accennato, e con perdita del carico.

A parte gli incidenti stradali, sulla statale 106 ho scritto altri articoli sulla sua pericolosità. Una lamentela in particolare fece tanto clamore. Era inerente al fatto che i due spazzini comunali (non so se di propria iniziativa o perché indotti da autorità amministrativa locale) andavano a buttare la spazzatura raccolta in Badolato Marina sulla sponda destra del torrente Vodà, proprio a ridosso della statale 106, creando di fatto una discarica. Cui gli spazzini davano fuoco, per ridurne il volume dell’immondizia o per “igienizzare” il sito.

Ovviamente, quella discarica (posta lì proprio all’ingresso del paese e a lato di una strada nazionale) pare che non fosse proprio un bel biglietto da visita … il pericolo maggiore consisteva nel denso fumo che da essa proveniva in pieno giorno e che oscurava la strettoia sul ponte Vodà che ancora adesso ha bisogno di un senso unico alternato. I due distinti articoli (mio e di Vincenzo Guarda) indignarono gli amministratori comunali dell’epoca (anni sessanta), i quali diedero ordine agli spazzini di buttare la spazzatura sul greto dei fiume Vodà, ma più a monte, a distanza di 500 metri e all’altezza di località “Chjanti”. Quella discarica, che conteneva di tutto e di più (non essendoci ancora la raccolta differenziata), ardeva e fumava in continuazione. Proprio come quell’altra discarica, posta su un bordo scosceso della strada provinciale per Santa Caterina Jonio Superiore, dove venivano gettati e incendiati i rifiuti urbani di Badolato Superiore.

5 – INCONCEPIBILE LA NUOVA 106 MUTILATA

Caro Tito, tu sai meglio di me come vanno le cose sulla statale 106, perché la percorri molto frequentemente da alcuni decenni. Non ti sembra inconcepibile che la fascia jonica da Taranto a Reggio abbia avuto per così lungo tempo una strada indegna del progresso generale e di quello automobilistico, in particolare?… E che dire del tipo di modernizzazione che si sta attuando dalla Puglia in giù, con una Calabria sempre fanalino di coda in tutto e su tutto, pure in questa modernizzazione della 106?…

Chi ha concepito tale adeguamento/modernizzazione ha forse avuto paura di metterci pure la corsia di emergenza, cadendo così negli errori e nei pericoli della vecchia autostrada Salerno Reggio Calabria! Insomma, proprio mentre tutte le autostrade italiane stanno facendo i salti mortali (con costi esorbitanti, in continua lievitazione) per mettere la terza corsia o la corsia di emergenza là dove non c’era … per la statale 106 di nuovissima e attuale concezione manca proprio la corsia di emergenza! Dove sono i benefici e la lungimiranza?…. Chi ha progettato e finanziato una così nuova statale 106 non ha capito proprio nulla. E passeranno altri cento anni prima di avere una strada pure con la corsia di emergenza! La nuova statale 106 è nata già mutilata e ciò è emblematico di come il profondo Sud non abbia adeguato rispetto dalle istituzioni nazionali. Ed è altrettanto emblematico di come lo stesso Sud non si fa ispettare!…

Intanto, molti tratti della statale 106 (specialmente da Soverato a Monasterace e nel profondo reggino) resteranno ancora per chissà quanti decenni allo stato iniziale degli anni trenta del secolo scorso!… E questo pure per colpa di quei Comuni che hanno permesso di cementificare disordinatamente e ad oltranza, senza nemmeno prevedere un corridoio vitale per le comunicazioni stradali nord-sud. E questo è un altro aspetto di quel “Suicidio del Sud” che fa capo alla mancanza di lungimiranza e di forza contrattale, forse mai utilizzata o male utilizzata! A volta un’ambulanza giunge al già lontano ospedale con il paziente morto nel frattempo su una strada concepita ed eseguita per le esigenze degli stentati anni trenta.

Ad esempio, Davoli Marina resta l’emblema dell’ingorgo urbanistico per questa statale 106 che già fa tanta fatica ad attraversare abitati intricati come Locri, Siderno e similari! E poi vogliamo parlare di turismo?… Persino io, che avrei avuto mille motivi per scendere in Calabria (fino all’amato Capo Sud – Melito P.S.), mi astenevo proprio per non soffrire troppo (soprattutto di vergogna) nel percorrere la statale jonica (specialmente nel tratto da Metaponto a Reggio). Per la mentalità attuale dell’automobilista o del camionista è allucinante tale situazione!… Una regressione storica inconcepibile! E, oggi, non si può nemmeno dire, come tempo fa, “degna del terzo mondo”!!!…

Ma, poi, a parte la tortuosità, a pesare in modo tragico e doloroso sono le vittime che un simile tracciato causa con una media annuale superiore di molto ad altre strade interregionali che, per l’indignazione ed il dolore, la gente jonica si sta ribellando in vari modi, in particolare con l’Associazione “BASTA VITTIME SULLA S.S. 106” che manifesta continuamente e sta creando una migliore “cultura” sulla sicurezza stradale.

6 – I MARTIRI DELLA STATALE 106

Infatti, a pagare tutte queste incongruenze strutturali e amministrative sono le vittime di questa “strada maledetta” o “strada della morte” e le loro famiglie. Sempre più famiglie sono costrette a piangere i loro congiunti, sacrificati all’inefficienza nostra e dello Stato! Quanti sacrifici umani deve ancora pagare la costa jonica, specialmente in Calabria? … Non deve forse considerarsi pure questa della Statale 106 una vera e propria strage di Stato?… O vogliamo nasconderci dietro un dito?….

E, come per le stragi di Stato, mi sembra giusto ricordare le vittime per nome e cognome, con l’allegato elenco scaricabile (che ovviamente è solo parziale, pure perché la compilazione è approssimativa per difetto). Va dall’agosto 1957 (da un mio parente-amico e vicino di casa, Giacomo Mannello morto a 22 anni su una moto della parrocchia di Badolato Marina) fino al 2018.

Ben 61 anni di un rosario di morti senza fine, la maggior parte delle quali si sarebbe potuta evitare. Qualche anno fa, ho proposto di dedicare alle vittime della statale 106 una collina inutilizzata (tra le tante che ci sono sulla fascia jonica) su cui piantare tanti alberi per quante vittime ci sono state e purtroppo continuano ad esserci. Farne un sacrario, un santuario, una memoria, un promemoria!…

Oltre a ricordare coloro che hanno perso la vita, voglio implorare chi di dovere a fare presto, molto presto nell’adeguare in modo più sicuro e lungimirante la Statale 106 … ogni minuto perso può essere una vittima in più.

E questa vittima possiamo essere noi stessi o un nostro familiare o amico.

Ci pensiamo?….

Ognuno di noi ha una parte di responsabilità. Ma anche una parte in più di rischio mortale!….

7 – SALUTISSIMI

Caro Tito, in prossimità del 2 novembre, giorno dedicato ai nostri cari defunti, con la precedente “Lettera n. 358” ho voluto ricordare la non più ammissibile strage quotidiana dei morti e dei feriti sui luoghi di lavoro. E dare una calda carezza alle loro famiglie! Con questa n. 359 non potevo non ricordare le vittime degli incidenti stradali (in particolare quelle abnormi sulla nostra strada statale jonica 106).

Le vittime delle strade, di tutte le strade, costituiscono un’altra strage che, se non si può evitare totalmente, si può almeno ridurre con più sicurezza di attenzione, di controlli e di strutture. Come per le vittime sul lavoro. Ma, purtroppo, non vedo volontà da parte di nessuno, a ridurre o a risolvere!

Inoltre, riguardo le stragi sulle strade (specie di giovanissimi), chi ci governa dovrebbe porsi il problema sulla esagerata costruzione di automobili ancora più potenti e sofisticate … quando i limiti di velocità sono in tutto il mondo ridotte di molto rispetto alle potenzialità dei bolidi costruiti, venduti, acquistati e guidati. Un assurdo paradossale che, oltre tutto, fa aumentare l’inquinamento dell’aria e del pianeta (emissioni, gomme, olii esausti, carcasse e quanto altro) … un disastro coscientemente voluto per il profitto di pochi e la dannazione di molti. E nessuno paga per questo … però paghiamo tutti in salute e in morti (evitabili) per il capriccio di pochi!

Tornando a noi, la Strada statale 106 è una delle mie più grandi amarezze fin dall’infanzia! Sull’asfalto ho visto morire troppe persone … troppi parenti, amici e persone care! L’ho percorsa migliaia di volte ed ogni volta è stata una sofferenza ed un sentire vergogna per come abbiamo permesso che lo Stato ci maltrattasse così tanto! Però è pur vero che, in Calabria (e non soltanto per la statale 106), sembra combattere contro i mulini a vento! Ed è questa l’amarezza più grande, che poi, nel mio sentire, rientra in quel “Suicidio del Sud” che temo stia diventando definitivo, piano piano, impercettibilmente.

Ogni volta che ho percorso questa strada è stato come fare un pellegrinaggio sacro, come visitare un cimitero per quanti fiori, altarini, lapidi e fotografie di vittime s’incontrano. Come si fa a gustare le bellezze che pur circondano in abbondanza questa arteria lungo il sempre splendido mare Jonio e si beano di secolari uliveti e di tante altre suggestioni?!… Sento che non hanno più valore le meraviglie joniche per quale e quanta tristezza sono gravate e per le afflizioni statali ma anche interne nostre!… E sempre invoco e lavoro per una “generazione decisiva” che ci porti fuori da questi gorghi paurosi e suicidi, tragici e infernali come gli incendi che ogni anno feriscono e deturpano, impoveriscono e offendono un preziosissimo e millenario ecosistema, un territorio, un popolo e una civiltà!

Grazie, Tito, per questa “Lettera n. 359” in attesa della prossima “n. 360” sperando che sia meno dolorosa e pessimista! Con tanta fraterna cordialità,

Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)

Iter-City, domenica 24 ottobre 2021 ore 06,38 – Dal settembre 1967 il mio motto di Wita è Fecondare in questo infinito il metro del nostro deserto” – Le foto sono state prese dal web.

 

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