Caro Tito, da quanto mi è pervenuto finora (tramite telefonate, email, whatsapp) mi sembra che abbia avuto un buon gradimento la prima Miscellanea della precedente “Lettera n. 322” del 19 marzo 2021 ( https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-322-miscellanea-n-1-di-fatti-e-personaggi-al-18-marzo-2021/ ).
1 – UTILI RISCONTRI
Mi ha gratificato in particolare il messaggio di un vecchio amico che ci segue da molto tempo: << Questa volta ho letto questa tua 322ma “Lettera a Tito” con uno stato d’animo un po’ diverso dal solito, forse perché hai scritto e descritto ogni argomento con una più toccante verità, sincerità ed onestà intellettuale ed umana. Spero che chi leggerà possa realizzare tutto ciò che tu, nonostante tutte le avversità che ti hanno fatto andare via da Badolato e dalla Calabria, da sempre stai portando avanti con sensibilità, specialmente il tuo volontario compito di farle apparire migliori di quello che potrebbero meritare … Ti chiedo io scusa per tutti coloro che non hanno capito … e per quanto abbiamo perso tutti noi con il tuo “esilio”!!!… >>.
2 – APPELLO A RINA TROVATO-LAROCCA
Caro Tito, come Carmelina Amato (cui il 25 aprile 2019 è stato intitolato il Belvedere di Piazza Castello al borgo) Rina Trovato (classe 1937) è un mito vivente per Badolato, specialmente per il movimento femminile, cui ha dato la sua vita e la sua anima, al pari del Partito Comunista Italiano nella cui culla si è svezzata fino a sposare Antonio Larocca uno dei principali leader delle lotte contadine provinciali dell’immediato dopoguerra. Entrambi i coniugi hanno poi fatto parte, in un modo o nell’altro, della Federazione del PCI di Catanzaro. Quindi, nel 1970 il Partito ha deciso di affidare Badolato a Larocca, il quale è divenuto sindaco fino ai primi di marzo 1976, quando è deceduto molto prematuramente.
Antonio Larocca, a detta di molti, pare che sia stato un ottimo sindaco, tanto è che quasi sicuramente gli verrà intitolato l’edificio delle Elementari di Viale Aldo Moro, principalmente perché ha realizzato (tra i primi in Italia) “la scuola a tempo pieno” (cosa molto importante adesso ma ancora di più in quei particolari anni settanta). Recentemente, in occasione della Festa della Donna dell’8 marzo, Rina Trovato ha inviato un video-messaggio-testimonianza (“Donne, storia e territorio”) ai bambini di quella scuola elementare, non potendo essere presente alla manifestazione (denominata “Diamo radici alla memoria”) per l’impianto di due alberi di mimosa (di cui uno dedicato a lei e l’altro a Carmelina Amato).
Ringrazio il dottore Guerino Nisticò, guida turistica ed animatore culturale di Badolato, per avermi informato di ciò e per avermi partecipato via WA tale video-messaggio che, tra l’altro, mi dà la preziosa occasione di fare questo appello alla signora Trovato-Larocca.
Ne trascrivo il link
(https://ne-np.facebook.com/AssociazioneMaMa/videos/535876440717562/) sperando che i nostri Lettori vogliano ascoltarlo (dura appena dieci minuti) pure a corredo di questo mio intervento.
Rina Trovato (che conosco dal 1970) in tale video-messaggio, oltre a raccontare in breve il significato del’8 marzo e le lotte che si sono avute a Badolato nel dopoguerra, ha raccomandato ripetutamente ai bambini di prestare molta attenzione alla “Cultura”.
Poiché la Cultura, pur essendo cosa assai complessa e variegata, passa essenzialmente dalla formazione personale e comunitaria della gente…
e poiché la formazione si acquista e si conquista specialmente tramite la testimonianza delle generazioni passate e presenti, anche attraverso una Biblioteca … faccio appello alla sensibilità umana, femminile, sociale, civile e politica della signora Trovato per invitarla pubblicamente ad esaminare la possibilità che la BIBLIOTECA COMUNALE DI BADOLATO (sempre travagliata ed incerta fin dal 1982, ancora dolorosamente chiusa) venga fatta funzionare e localizzata proprio nell’edificio intitolato al marito sindaco Antonio Larocca.
Così i bambini e i ragazzini cui si è rivolta (tanto accoratamente, raccomandando loro di amare la “Cultura” perché indispensabile) potranno formarsi meglio e di più, avendola in pratica dentro casa e, magari, invogliando pure le loro famiglie, i giovani e gli altri adulti a frequentarla. Mi rivolgo a lei pure perché so bene quale e quanto peso ha sempre avuto nelle Amministrazioni comunali, anche quando non hanno mantenuto il simbolo del PCI e delle varie altre formazioni seguenti. Una Biblioteca Comunale è solo una delle tante tappe pure per l’emancipazione femminile, oltre che dei cittadini in genere.
3 – LA CULTURA OSTACOLATA
Caro Tito, non puoi immaginare come e quanto io sia lieto che una persona come Rina Trovato-Larocca abbia inneggiato alla “Cultura” (nel citato video-messaggio-testimonianza dell’8 marzo 2021) proprio lei che è stata una colonna del comunismo badolatese e non solo. Un comunismo, quello badolatese (ancora di più di quello nazionale), che non ha mostrato di amare sufficientemente o di impegnarsi nel concreto per la cultura ma solo e soltanto per eventi e manifestazioni utili e funzionali al Partito e alle sue mire elettorali e di potere. Ne so bene qualcosa io per essere stato ostacolato e sabotato per decenni proprio dal PCI badolatese, tanto che è stato proprio un’Amministrazione comunale comunista a mandarmi in esilio nel maggio 1987 (come ho accennato con le parole di un caro amico, sopra, nel primo paragrafo).
Ma ne sanno qualcosa pure tanti altri cittadini (di ogni tendenza socio-politica-religiosa), in particolare tutti quelli che si erano riuniti l’8 dicembre 1975 per costituire l’Università Popolare Badolatese, iniziativa sabotata in forze e in modo veemente dallo stato maggiore comunista badolatese di quel tempo (sindaco, segretario del partito e presidente UDI) provocando una lacerazione che ancora non si riesce a rimarginare. Esulto, quindi, che adesso proprio la signora Rina Trovato abbia raccomandato molto caldamente alle nuove generazioni badolatesi di coltivare la “Cultura” (sperando che sia quella “universale” e non solo e sempre quella settoriale o che fa capo ad un partito o addirittura “all’odio di classe” molto in auge nei decenni passati). A Badolato, come in Agnone, ho sempre incontrato (almeno in quanto a Cultura) Amministrazioni comunali di diverso od opposto colore che << non fanno e non lasciano fare! >>.
Ed ecco che (sempre cercando di fare “Cultura universale” con questa umilissima Lettera n. 323) vorrei completare il più possibile gli impegni presi in questi ultimi mesi, presentandoti una ragguardevole rassegna di fatti e persone. A cominciare dal medico-poeta Antonino Picciano, molisano di Campochiaro (CB) ma residente in Battipaglia (SA), il quale, con email delle ore 17.08 di sabato 20 marzo 2021, così ci ha commentato le ultime due “Lettere a Tito”.
4 – ANTONINO PICCIANO MEDICO-POETA
<< Carissimo Mimmo, grazie per avermi citato a proposito della Strada della Poesia di Verdiglione. Questa 322esima lettera è una ricchissima Miscellanea. Mimmo Lanciano come “centralino socio-culturale” ci sta tutto, eccome! In quante cose mi ritrovo: dalla Spolitica (prima nemica della cultura), alla cultura negata, alla grave crisi del sistema sanitario nazionale pubblico (il nostro Molise è l’esempio eclatante!). Ricordo che avevamo già parlato del progetto dell’enciclopedia su “I complessi musicali italiani”.
Intrigano molto le figure di Natuzza Evolo e di Fratel Cosimo e tutto ciò che ruota attorno alla spiritualità calabrese. Torna prepotente il tema “Dove è nata l’Italia?”, in contrapposizione alle tesi mastronardiane, e il tuo progetto “Capo Sud” in Melito Porto Salvo. Curioso il ritrovamento di termini calabresi nella Divina Commedia. Commovente il ricordo della Sig. ra Giuseppina Caporale. Belle le due poesie in dialetto. Sottoscrivo in pieno la massima: “La salute è più saporita delle golosità”. Ricordando le vittime del covid, ti inviai su WA il 22 aprile 2020 un video scaturito proprio dalle immagini drammatiche dei carri militari, preparato insieme ad un cugino di Anna; il testo della poesia era mio.
Per quanto riguarda il libro di Mimmo Barbaro con un’opera di Ugo Martino, lo leggerò con piacere. Fai i complimenti al dottor Barbaro per quest’altra creatura. Fai bene a citare l’Archivio Diaristico Nazionale. Belle anche le testimonianze delle Signore “mondine” (torna alla mente “Riso amaro”).
È un periodo che sto utilizzando poco il computer, per cui mi sono bloccato sul tuo “Sobillatore” (non dimenticando però che sono stato il primo e non so se l’unico ad aver letto integralmente tutti e 7 i tuoi tomi!). Negli ultimi tempi mi sono buttato a capofitto in una lettura cartacea, come se non avessi più tempo per farlo! Ho acquistato i primi di marzo una trentina di testi: da Borges a Scotellaro, da Sartre a P. Roth, da Yashimoto a Pavese, da Hemingway a Celine, da Malraux a Ungaretti, da Rea a John Fante, ecc.
Tanti cari saluti, estesi anche a Bambina >>.
5 – SPOLITICA
Caro Tito, come è mia consuetudine, dopo che mi è venuta un’idea (che immagino originale), ricerco in internet l’esistenza di quella stessa idea per come realizzata da altri, pure per verificare le attinenze o le diversità tra le nostre differenti posizioni. Riguardo il termine “Spolitica” (per come io indico, cioè il contrario della Politica con la P maiuscola), in internet finora ho trovato soltanto due riferimenti.
Il primo riferimento appartiene sicuramente al profilo << https://it-it.facebook.com/giovanna.tornator >> intitolato LA SPOLITICA MAZZARIN. Poiché attualmente non sono iscritto a “Facebook” non posso entrare per saperne di più. Comunque sia tale profilo dovrebbe appartenere a Giovanna Tornatore, siciliana di Piazza Armerina in provincia di Enna, una ex infermiera con studi superiori. Ha come emblema del profilo la foto di una testata del quotidiano “L’Uomo Qualunque” organo della formazione politica “Fronte dell’Uomo Qualunque” fondata nel secondo dopoguerra da Guglielmo Giannini e presente cospicuamente in Parlamento dal 1946 al 1953. Da tale dizione politica è nato il termine ”qualunquismo”.
Il secondo riferimento appartiene al profilo “spolitica italiana.blogspot.com” dove si possono leggere dei commenti su vari fatti e personaggi a partire dal 2012 con lo slogan “Uno sguardo disincantato sulla politica italiana”. Non ci sono firme né altri riferimenti alla persona o alle persone che gestiscono tale spazio comunicativo in internet. Lo seguono in 102 (ultimo dato disponibile). Lunedì 22 marzo 2021 mattina ho chiesto all’amico tipografo Antonio Litterio di confezionarmi la parola “Spolitica” con la S simbolo del dollaro USA come riferimento all’unica vera e generalizzata “politica” esistente veramente al mondo che è quella del “denaro”. Spero di essere efficace in tale estrema sintesi.
6 – VOLEVO I PANTALONI – SOVERATO 1972
Caro Tito, qualche tempo fa una amica di lungo corso (che qui chiameremo Betty) mi ha confidato una sua disavventura risalente a ben 48 anni fa, al gennaio 1972 quando frequentava la terza media all’Istituto Maria Ausiliatrice di Soverato (CZ). Le ragazze che andavano a questa scuola di suore erano tenute a indossare una divisa, con gonna fino al ginocchio che lasciava scoperte le gambe. Quando faceva freddo, potevano indossare calze lunghe fino a sotto le ginocchia. Era proibito loro portare i pantaloni. Ma Betty, quell’inverno, aveva più freddo del solito e sentì l’esigenza di portare i pantaloni. Successe il putiferio.
Nonostante fosse stata ufficialmente richiamata dalle sue insegnanti e dalla preside (tutte suore), Betty continuò ad indossare i pantaloni pure il giorno dopo. Puoi immaginare, caro Tito, la reazione delle monache che percepivano come un affronto la reiterazione del “reato”.
Venne addirittura convocato il padre della ragazzina. Nonostante ciò Betty non smosse di un millimetro. Dimostrò tutta la sua caparbietà fino al punto che le suore dovettero giungere ad un inedito compromesso. Per far finta di accettare quei pantaloni, pretesero un certificato medico che salvasse la faccia a tutti.
La vicenda di Betty, accaduta nel gennaio 1972, mi ha fatto venire in mente quanto raccontato da Lara Cardella (nata a Licata – AG – il 13 novembre 1969) nel suo romanzo d’esordio del 1989 a 19 anni “Volevo i pantaloni” cioè una vicenda analoga, anche se di diverso contesto, quello tipicamente siciliano maschilista e repressivo degli anni ottanta. Ebbe un enorme successo in tutto il mondo tale romanzo d’ispirazione autobiografica e nel 1990 uscì pure un fortunato film omonimo.
Per le donne, giovani e meno giovani (che in epoche precedenti hanno subìto ogni sorta di proibizione e di ostracismi) la rivoluzione del pantalone avvenne con maggiore forza negli sessanta del 20° secolo appena trascorso, specialmente con la rivoluzione studentesca ed operaia del 1968 e, in particolare, con la diffusione dei “blue-jeans” e della moda “unisex” (https://yourstyle.altervista.org/la-nascita-dei-pantaloni-per-donne/?doing_wp_cron=1616327054.5971610546112060546875 ).
Appena ho appreso la vicenda di Betty, ho pensato che il romanzo autobiografico (di tipo femminil-rivoluzionario-culturale) avrebbe potuto nascere a Soverato (o suoi dintorni) se solo ci fosse stato qualcuno in grado di capìre l’importanza della piccola-grande “rivolta” storico-culturale della ragazzina. Oppure, se la stessa Betty, una volta cresciuta, avesse meglio interiorizzato il valore della sua innocente ma importante “rivolta”. Una piccola-grande rivolta che nascondeva una piccola-grande coerenza, partita dalla constatazione che lei già nella sua vita normale indossava i pantaloni e non vedeva alcun impedimento “sacrilego” o “immorale” nel portarli pure a scuola, sebbene fosse una scuola di suore.
Un’altra considerazione. Lara Cardella ha pensato e pubblicato il suo romanzo “Volevo i pantaloni” a distanza di oltre 15-17 anni dall’esperienza di Betty. Ci dobbiamo chiedere come mai una normale adolescente di 18 anni, abitante in una cittadina di una remota provincia siciliana, sia riuscita a farsi pubblicare dalla più grande casa editrice italiana, la Mondadori, il suo romanzo che, dopo appena un anno, è divenuto un film di successo come lo stesso romanzo tradotto in tantissime lingue. Sicuramente è stata aiutata. Non dobbiamo meravigliarci che gli scrittori siciliani siano sempre stati grandi protagonisti (nell’Italia unita) nella scena e della Letteratura italiana mentre quelli calabresi non esistono che in misura assai minimale e neppure nelle dovute proporzioni percentuali in base agli abitanti. Qualcosa non funziona in Calabria, sicuramente, tanto da renderla quasi del tutto assente nei settori nazionali più importanti!…
7 – IMMACOLATA GALLELLI SARTA
E a proposito di pantaloni, ti voglio raccontare (anche se brevemente, pure perché ne resti almeno minima memoria) la storia della maestra sarta Immacolata Gallelli, figlia di un primo cugino di mio padre ed appartenente alla stessa nostra “razza delle Margherite” il cui nucleo originario era localizzato in Via Siena, alla Jusuterra del borgo antico di Badolato verso il Bastione, dove appunto c’è ancora la “ruga delle Margherite” arricchita dalla “pietra dell’innamorato” e dalla “fontana dell’amore” (oggi grandi attrazioni turistiche)
Tale ruga era così denominata in onore della bellezza delle donne derivate dalla mia bisnonna Margherita, assai nota in paese per essere stata ribelle, assieme al compagno don Peppino Bressi, per una ardita storia d’amore consumata oltre 150 anni fa e che ho raccontato nel libro “Il Sobillatore d’Armonia” che ho dato e continuo a dare in dono ai lettori tramite i seguenti link (https://www.ilreventino.it/wp-content/uploads/2020/04/IL-SOBILLATORE-DARMONIA-Domenico-Lanciano-10-04-2020.pdf) oppure (https://www.soveratoweb.com/wp-content/uploads/2020/04/SOBILLATORE2.pdf) a partire dal 10 aprile 2020, quando eravamo in piena clausura domestica per via del Covid-19.
Fino agli anni ottanta del secolo appena trascorso, la maestra sarta aveva un compito importante nei nostri paesi meridionali, non soltanto perché formava bambine, ragazze e adulte nell’arte del taglio, del cucito e del ricamo di un qualsiasi capo di abbigliamento e di dote matrimoniale, ma anche perché era una vera e propria “scuola di vita” e di prima socializzazione. Avute recentemente dalla signora Mirella Scaccia (che a sua volta ha preso da “Facebook”) eccoti due significative foto di Immacolata Gallelli con alcune sue allieve: davanti la sua casa a Badolato borgo attorno al 1954 e poi nella sua casa di Badolato Marina (rione Maiolina) nel 1961.
Quasi sicuramente tali foto sono state scattate dal mitico Giocondo Rudi, uno dei principali fotografi sociali e storici del comprensorio di Soverato.
Mia cugina Immacolata Gallelli è nata venerdì 7 febbraio 1936 in Badolato (CZ). All’età di 11 anni, nel 1947, con la madre Domenica Battaglia e i fratelli Vincenzo ed Antonio, ha raggiunto il padre Nicola in Argentina, dove era già emigrato da tempo nella capitale Buenos Ayres.
Qui ha è divenuta immediatamente allieva di Annamaria Procopio, una bravissima sarta di origini badolatesi, imparando tutto ciò che era necessario per esercitare l’arte sartoriale, soprattutto femminile, compreso il sapere preparare i ricami e la dote per le giovani spose.
Ad appena 15 anni, nel 1951 è rientrata a Badolato, dove ha aperto una propria sartoria frequentata da numerose allieve. Domenica 11 settembre 1954 ha sposato Domenico Cimata (Santa Lucia del Mela ME 1928 – Roma 1995) da cui ha avuto Angela (1955), Pippo (1958) e Nicola (1964). Nell’inverno del 1970 con tutta la famiglia ha voluto raggiungere genitori e fratelli in Argentina, ma nell’autunno dello stesso anno c’è stato il loro definitivo rientro in Italia, a Soverato, dove sono rimasti fino al 1983, quando si sono trasferiti tutti a Roma, dove ancora risiede e dove ha continuato a fare la sarta. Da parecchi anni fa parte attiva della “Banca del Tempo” della Capitale e ne è stata efficace “testimonial” a livello nazionale in una trasmissione televisiva RAI del noto conduttore Michele Santoro.
Con la figura di Immacolata Gallelli voglio qui ricordare e “celebrare” tutti gli artigiani sarti (uomini e donne) dei nostri paesi, pure perché è una categoria in via di estinzione. L’associazione “La Radice” di Badolato (nel contesto del progetto “Borgo-Museo-Territorio”) ha provveduto, nel corso degli ultimi decenni, ad aprire al pubblico, nel borgo antico, alcune botteghe artigiane (come quelle del fabbro, del falegname e, ultimamente, pure del sarto, esibendo la bottega del compianto Vincenzo Ermocida). Per il prestigio che avevano nelle comunità paesane, una delle caratteristiche dei maestri sarti e delle maestre sarte era che venivano richiesti come padrini e madrine di battesimo o di cresima dai figli di famiglia.
Voglio altresì ricordare che alcuni sarti badolatesi hanno partecipato a quasi tutte le edizioni nazionali del “Defilée di Moda Sartoriale” organizzato ogni mese di agosto dal maestro e stilista Antonio Russo (1937 – 2010) nella sua Roccella Jonica. Te ne ho scritto il 23 settembre 2014 ( https://www.costajonicaweb.it/ lettere-a-tito-n-83-in-ricordo-del-maestro-sarto-e-stilista-antonio-russo-di-roccella-jonica-rc/ ) e il primo ottobre 2015 ( https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-140-presentazione-archivio-del-maestro-sarto-stilista-antonio-russo-a-locri/ ).
8 – L’OSTIA SPUTATA (aggiornamento)
Caro Tito, troviamo la sarta Immacolata Gallelli anche nell’episodio della “ostia sputata” che ho riportato in fondo al paragrafo 11 della precedente “Lettera n. 322 – Miscellanea n. 1” di venerdì 19 marzo 2021 alle ore 22.12 (poi riproposta lunedì 22 marzo), dove ho così scritto: << … attorno al 1960, ho visto con i miei occhi un compagno comunista sputare l’ostia (l’Eucarestia, la comunione) appena avuta durante la messa del suo matrimonio nella chiesa parrocchiale di Badolato Marina! E’ stato il massimo gesto ed il più clamoroso dell’ateismo comunista (forse non solo) a Badolato “Roccaforte rossa”!!!… >>.
Come ti dicevo, poiché stavo a servire Messa, ho visto con i miei occhi quando questo sposo ha sputato l’Ostia sacra. Ed ho visto proprio la sarta Immacolata Gallelli raccogliere con un candido fazzoletto tale Ostia dal pavimento della chiesa e metterla nella sua borsetta. Nell’intervista telefonica di mercoledì 24 marzo 2021 (durata 21 minuti e 23 secondi dalle ore 10.23), la signora Immacolata mi ha confermato tale episodio e mi ha dato il seguente aggiornamento: << In chiesa ero seduta nel banco vicino alla sposa, cui avevo confezionato l’abito bianco. Appena ho visto lo sposo sputare l’Ostia sacra mi sono alzata di scatto e sono andata a raccoglierla con un fazzoletto bianco per metterla nella mia borsetta. Una volta che i neo-coniugi sono usciti dalla chiesa e sono andati per fare il ricevimento in una casa poco distante, ho convinto lo sposo (preso in disparte alla presenza dei familiari più intimi) a mangiare l’Ostia. Ciò è stato possibile perché avevo battezzato una sua congiunta e, a quei tempi, il rispetto per la madrina era altrettanto sacro e lui non ha potuto dirmi di no >>.
C’è una considerazione da fare. Tale sposo (che era fervente comunista ed anche per questo si professava “ateo”) avrebbe potuto benissimo evitare quel gesto sprezzante e clamoroso, ma anche sacrilego per i credenti. Infatti, da persona civile avrebbe potuto concordare con il sacerdote di ricevere solo formalmente un’ostia non consacrata, come mi risulta abbiano fatto alcuni comunisti che, per motivi di pace familiare, si sono trovati costretti a celebrare anche in chiesa il loro matrimonio. Come al solito, con le buone maniere si possono risolvere persino le situazioni più difficili o imbarazzanti evitando azioni scabrose e traumatiche.
9 – DOMENICO LEQUOQUE POETA
Caro Tito, a proposito di parenti e di eredi delle Margherite, ti presento Domenico Lequoque (01 novembre 1955), figlio di Caterina Caporale (16 settembre 1927) nipote di Vittoria Cundò, sorella di mia nonna, e quindi mia cugina in seconda, e di Santo Lequoque (1910 – 1980) di Isola Capo Rizzuto.
Sono molto affezionato a questo mio cugino Domenico Lequoque per la sua immensa bontà e per una rara sensibilità umana e sociale. Emigrato da ragazzo a Wetzikon, nella Svizzera tedesca (nel cantone di Zurigo) come gran parte dei badolatesi, egli ha un doppio lavoro non soltanto per la dignità della propria famiglia (formata dalla moglie Teresa Cundò e dai loro figli Santo, Caterina ed Angela) ma anche per la dignità dei bambini più poveri del mondo. Infatti, religiosissimo e generoso come pochi, Domenico (che adesso è anche nonno) sostiene molto alcuni missionari cattolici che operano in Africa a beneficio delle popolazioni di cui si prendono cura. A tale scopo lavora ancora adesso che è in pensione da qualche anno.
Come poeta, finora ha pubblicato quattro raccolte: “Candore d’infanzia” (dedicata al suo figlio primogenito) – “Gesù ritorna” (poesie natalizie) – “Amore Amore” – “Paese mio”.
Come quasi tutti i poeti ha numerosi inediti da pubblicare. Gli ho dedicato le pagine 369-370 del sesto volume (I MIEI VIP) del “Libro-Monumento per i miei Genitori” (2007). Siamo quotidianamente in contatto via whatsapp o telefono.
10 – FRANCESCO MIRARCHI CANTAUTORE
E, a proposito di poeti ed artisti, eccoti un pregevole cantAutore che ho appena conosciuto. E’ Francesco Mirarchi, nato Davoli (CZ) il 10 marzo 1953, ingegnere e docente di matematica a Milano, in pensione da qualche mese. E’ sposato ed ha due figli.
Fin da ragazzo ha avuto la passione per la chitarra e il canto, passione ereditata dal nonno, emigrato in Canada nel 1959, con moglie e otto su dieci figli. Di tale nonno conserva e suona ancora la chitarra vecchia di cento anni e che chiama con affetto “A chitarra do nonnu” (qui, nella foto suonata dal figlio).
Francesco ha composto la sua prima vera canzone a 17 anni e da allora non ha più smesso. Ha scritto e continua a scrivere canzoni tutte sue, ma l’attività principale in campo musicale è quella di autore dei testi. Ha, infatti, collaborato, e continua a collaborare, con diversi musicisti di professione.
La gran parte della sua produzione come “paroliere” è stata realizzata in collaborazione con Claudio Procopio, cantante e compositore del gruppo rock “I Tabla”, molto attivo nel Basso Jonio negli anni ’90. Con Procopio la collaborazione continua tutt’oggi e spazia dal rock al folk, dal pop allo sperimentale (ascolta “Tutto è matematica” una delle sue video-canzoni al link https://www.youtube.com/watch?v=vdgBVP6qTMM).
Ha al suo attivo più di 300 canzoni arrangiate e depositane presso la SIAE, alla quale è iscritto dai primi anni ’80. Ha scritto quasi sempre in italiano. Infatti, al suo attivo ha “solo” 15 canzoni scritte in dialetto davolese. Bisogna però dire che queste canzoni sono nate sempre in momenti particolari, ossia legate al contesto familiare o su quanto avveniva a Davoli, ma anche nei piccoli paesi della Calabria. L’uso della “lingua madre” si è reso necessario sia come testimonianza di una memoria storica preziosissima e sia come lingua viva per dire quelle cose scritte nella carne prima ancora che nel cervello, e che non possono essere dette altrimenti. Nella foto qui a fianco i componenti del suo complesso di riferimento rock “I Tabla”.
Ha sempre conservato un forte legame con la comunità di Davoli, dove ritorna spesso, dove ha casa e terra, gli amici, il mare e la simpaticissima mamma ultranovantenne! Con gli anni questo bisogno di ritorno al dialetto si è fatto più forte. Il suo augurio è che l’uso del calabrese non avvenga in modo folkloristico per divertire i turisti, ma con la stessa dignità letteraria di una vera e propria lingua. Qualche giorno fa l’ho messo in contatto con l’editore e storiografo Maurizio Maiotti (info@jamboreemagazine.com tel. 349-2268370) per una auspicabile inserimento suo e del gruppo dei “Tabla” nella storia dei complessi musicali italiani dal 1944 ad oggi (enciclopediacomplessi@gmail.com).
Tra tante sue attività socio-culturali, Francesco è anche autore di video che possiamo definire “valoriali” poiché intende far riflettere su alcuni valori fondamentali per la civiltà umana, come ad esempio: Progetto sull’accoglienza – Il mondo in una scuola – IISS Schiaparelli Gramsci di Milano: Ohé! ( https://www.youtube.com/watch?v=UTjAGXb9CHs ) – Messaggio ai giovani: Svegliati ragazzo! – Suonato dai Tabla, I miei studenti in manifestazione ( https://www.youtube.com/watch?v=uFO_iY8JCDU ) – Canzone contro la Violenza – Concerto Tabla ( https://www.youtube.com/watch?v=ytwPF7Lwc5U ).
Caro Tito, adesso ti voglio far leggere il testo di una sua canzone che a me è piaciuta tantissimo e che ti dà la cifra qualitativa del suo scrivere. S’intitola “Chi ci salverà?” – La musica è di Claudio Procopio. Tale testo è scritto in lingua di Davoli, ma che qui si seguito, per una migliore comprensione, riporto in italiano con traduzione letterale. Sono parole che danno i brividi. << CHI CI SALVA? Mi ricordo come mia madre mi parlava quando ero ragazzino. Quando la senti parlare adesso sembra un’altra, mi sembra nuova e capisco quanto male che ci fanno scuola e televisione. Lingua mia ti stai perdendo e con te mi perdo anch’io. Ogni treno, un pezzo di me svanisce, fuoco mio (maledizione)! Ci hanno cancellato dalla nostra vita e (paradossalmente) noi li abbiano persino aiutati o no?… Ci hanno sterminati per quattro soldi, eravamo qualcuno e adesso chi siamo? Tagliano gli aranci e alzano i pilastri di cemento. Mare mio, ti devi aspettare che ti costruiscano sopra! Questi sono tempi che ci fanno marcire cervello e anima, ormai non ci salva – credimi – nemmeno la Vergine Maria!
Ti invidio, nonna cara, che sei vissuta di ulivi e non hai visto, per grazia di Dio, come si è ridotta la terra e quella tua casa si è tutta sgretolata, sono cadute pure le travi! Storia mia, ti stai sciogliendo e per te non c’è più scampo, penso e allora mi piange il cuore, così, perché?… Ci hanno cancellato dalla nostra stessa vita, e noi li abbiamo pure aiutati, e vero o no?… Ci hanno sterminato per quattro soldi, eravamo qualcuno, chi siamo adesso?… Ci hanno sterminati per quattro soldi, eravamo qualcuno e adesso chi siamo? Tagliano gli aranci e alzano i pilastri di cemento. Mare mio, ti devi aspettare che ti costruiscano sopra! Questi sono tempi che ci fanno marcire cervello e anima, ormai non ci salva – credimi – nemmeno la Vergine Maria! >>.
11 – LAVORARE A DISTANZA DAL SUD
Caro Tito, prima di questo anno di pandemia del Covid-19, si cominciava già a parlare sempre più frequentemente della possibilità del lavoro a distanza … tanto è che l’Associazione della Stampa Estera in Italia (che unisce e rappresenta oltre 500 giornalisti di ogni parte del mondo, presenti a Roma ed alcune centinaia pure a Milano) aveva chiesto ufficialmente alla Città di Agnone di poter realizzare una residenza attrezzata in cui i propri soci potessero trascorrere (a turno) un periodo di relativa vacanza e contemporaneamente lavorare da remoto. Quella proposta non fu capita o non volle essere recepita, cosicché tutto l’Alto Molise ha perso una preziosa occasione anche promozionale che tanto avevo invocata.
Con i ripetuti “lockdown” causati dal coronavirus in tutto il mondo, il lavoro da remoto ed anche la DAD (didattica a distanza) hanno rilanciato la possibilità di utilizzare la rete web per qualsiasi esigenza lavorativa o di studio. In questo anno di Covid-19 ho avuto modo non soltanto di leggere parecchi articoli a riguardo, ma anche di conoscere parecchie persone che fittavano appartamenti proprio per poter lavorare a distanza e, nel contempo, farsi un minimo di vacanza al mare o in montagna. A riguardo evidenzio il seguente link ( https://www.repubblica.it/green-and blue/2020/12/22/news/la_lenta_crisi_delle_citta_le_classi_elevate_scelgono_la_montagna-279323220/ ).
L’amico sociologo Franco Caccia (che è assessore al turismo e alla programmazione del Comune di Squillace – CZ – e che ringrazio) mi ha inviato le 25 pagine dello “Svimez south working slides” ovvero “Da nord a Sud: le opportunità del South working”… uno studio realizzato dall’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno (SVIMEZ) che unisco come allegato a questa lettera n. 323 affinché possa venire consultato e/o copiato.
12 – MARIO D’AGOSTINO – CATANZARO
Caro Tito, mentre stavo “chiudendo al computer” questa “Lettera n. 324” ho ricevuto la gradita telefonata di un vecchio amico, Mario D’Agostino (Girifalco – CZ – 1942), conosciuto nel 1967 quando il fratello giornalista Giuseppe (direttore del periodico “Il popolo calabrese”) mi stava pubblicando a Catanzaro, come editore, la mia prima raccolta di poesie “Gemme di Giovinezza”. Non ci sentivamo da molti anni, dopo le nostre assidue frequentazioni romane degli anni 70 – 80. Mi ha chiamato alle ore 18.35 e siamo rimasti a parlare fino alle ore 20.21 essenzialmente sulla sua più recente e notevole novità bibliografica.
Si tratta di uno studio molto serio ed impegnativo di circa 440 pagine che è in cerca di un editore e che è intitolato << NICOLA MISASI – Un grande narratore, principe del verismo calabrese e figura centrale della “questione meridionale” >>. La prefazione a tale importante lavoro è del professore Carmine Chiodo, docente all’Università Tor Vergata di Roma. Mario D’Agostino, tra tanto altro, ha scoperto che Nicola Misasi (1850 – 1923), parente del più volte ministro DC Riccardo (1932 – 2000), è nato a Paterno Calabro, un piccolo paese poco distante da Cosenza e non a Cosenza come riportano le cronache e le biografie. A momento opportuno di saprò dire di più su tale saggio e sul suo autore.
13 – SALUTISSIMI
Caro Tito, non ho esaurito ancora gli impegni presi e mi servirà almeno un’altra puntata ancora di “Miscellanea”. Perciò, ti do appuntamento alla prossima “Lettera n. 324” come contenitore di fatti e di personaggi degni di attenzione.
La Pasqua è imminente. Perciò, sono lieto di augurare a te, alla tua famiglia e ai nostri gentili lettori una serena e santa ricorrenza (religiosa o laica che sia) secondo i migliori desideri di ognuno. Allora, alla prossima! Cordialità,
Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)
Iter Love City, mercoledì 24 marzo 2021 ore 22.00 (Le foto sono state prese dal web)