Caro Tito, nonostante siano passati oltre 40 anni dalla prima intuizione e realizzazione del “pop-islam”, continuo a credere che questo nuovo genere musicale possa avere un qualche futuro, visto e considerato pure il sempre più crescente numero di islamici presenti in Italia e in Europa. Da quando gli Euro Universal si sono sciolti nella primavera 1973 a causa delle più impellenti necessità di sopravvivenza esistenziale (facendo così sfumare la preziosa e irripetibile occasione di realizzare il primo disco con la RCA), io personalmente non ho smesso di cercare persone e situazioni che avrebbero potuto permettere di proseguire il discorso intrapreso. E, per quanto mi è stato umanamente e socialmente possibile, nulla ma proprio nulla ho lasciato di intentato, anche se, ovviamente, non ho fatto soltanto questo nella vita! Qui ti racconto unicamente i principali tentativi, giusto per farti rendere conto come e quanto creda ancora in questo sempre valido progetto interculturale.
Dal giugno 1973 al luglio 1977 (periodo in cui sono stato impegnatissimo nelle ricerche e nella stesura della mia tesi di laurea storico-sociologica su Badolato) mi sono limitato soltanto a guardarmi attorno e a chiedere qua e là, senza potermi sbilanciare più di tanto. Nell’agosto 1977 alla primavera del 1980 ho avuto contatti con gruppi e singoli artisti appartenenti all’area della sinistra parlamentare ed extraparlamentare, impegnati in canzoni e concerti dichiaratamente a favore dei popoli diseredati, in particolare dei palestinesi che sono di cultura e religione islamica. Ma nessuno di questi musicisti ha inteso accogliere l’idea del mio pop-islam, poiché apparivo loro o mi consideravano alquanto “moderato”. Nell’agosto 1977, appena laureato, mi sono recato al Ministero degli Affari Esteri in Roma, all’Ufficio che si interessava del collocamento dei docenti nelle scuole italiane nel mondo. Ci andavo sia per avere un lavoro e sia per poter studiare musica islamica. Potevo scegliere fra tre sedi resesi libere dove insegnare: al Liceo Classico de Il Cairo, capitale dell’Egitto, oppure al Liceo Classico di Mogadiscio, capitale della Somalia, o alle scuole elementari di Tàngeri in Marocco. Scelsi Tàngeri per il clima mite, per la vicinanza all’Europa (a poca distanza dalla Spagna e dal Portogallo) e perché sapevo esserci una buona possibilità di studiare musica araba per perfezionare il “mio” pop-islam. Purtroppo, entrambi i miei genitori ormai anziani (che già mi consideravano il “bastone della loro vecchiaia” essendo undicesimo ed ultimo figlio) si mostrarono assai contrari e dovetti rinunciare all’incarico annuale (ottimo per posizione giuridica ed economica, come possibilità di carriera e soprattutto per i miei vitali approfondimenti socio-culturali internazionali, specialmente islamici). Un’altra preziosa occasione persa!
Dal giugno 1980 all’ottobre 1981 sono tornato a Roma per lavoro ed ho avuto modo di cercare non più artisti italiani che potessero adottare il pop-islam degli Euro Universal ma direttamente musicisti musulmani presenti nella Capitale per ragioni di studio o di lavoro. A credere nel mio progetto fu principalmente uno studente marocchino claudicante che suonava mirabilmente una specie di chitarra araba ed aveva una voce di forte suggestione. Abitava nel mio stesso quartiere popolare di San Lorenzo (tra la Stazione Termini ferroviaria centrale e l’Università) e ci incontravamo spesso anche per caso. Mi fece conoscere un gruppo di suoi amici ed un pomeriggio provammo ad abbozzare un “pop-islam” misto, utilizzando loro strumenti tradizionali assieme alle nostre chitarre. Tale abbozzo si mostrava assai promettente, ma poi, dopo cena, il gruppo si mise a “fumare” qualcosa (marijuana, hashish?) che mi spaventò. Bastò questa paura della droga (sebbene “leggera” come mi assicurò l’amico marocchino) a sottrarmi da tale gruppo e non se ne parlò più.
Tramontata tale possibilità diretta, mi recai al Centro Culturale Islamico di Roma (quello che poi nel 1995 si è trasferito nella appena ultimata Moschea di Roma, la più grande d’Europa) per cercare di proporre il “pop-islam” proprio a coloro che avrebbero potuto avere più interesse ad utilizzare la musica per un dialogo migliore e più efficace con l’Occidente, in particolare italiano ed europeo. Sarà che i tempi non erano ancora maturi nemmeno per tale pur semplice discorso, ma non ebbi il dovuto ascolto, neppure per le prospettive che facevo loro intravedere. Non abbandonai la presa, però, e di tanto in tanto frequentavo tale Centro per cercare interlocutori. Da costoro riuscì ad avere soltanto un degno rappresentante al Primo Convegno internazionale di Erotologia su “Amore e Religione” che ho voluto, organizzato e poi realizzato con successo (in collaborazione con alcuni amici) dal 4 al 6 ottobre 1985 in Agnone del Molise (assieme ad altre notevoli presenze religiose, culturali e mediche italiane ed estere).
Pur tenendo tenui contatti con il Centro Culturale Islamico, cercavo altrove. Ho provato a chiedere attenzione ad alcune banche arabe presenti in Roma, ma evidentemente una banca non è capace o non vuole pensare in modo culturale. Mi sono rivolto pure ad alcune compagnie petrolifere ed aeree di area islamica. Cercai poi, sempre a Roma, negli uffici culturali delle Ambasciate dei Paesi di religione musulmana … ma forse avevano altro cui pensare. Tentai di coinvolgere gli uffici romani della Comunità Europea e quelli dell’Organizzazione della Nazioni Unite (ben conosciuti già nel 1968), ma senza risultati. Cosa mi restava da fare? Consultai la casa discografica EMI, che aveva uno studio di registrazione a Roma-Eur e che vantava un Catalogo più sensibile, ma niente di fatto pur ottenendo apprezzamenti. Qui ci portai per un provino pure il gruppo del nuovo folk “I Figli di Calabria” formato dai miei amici di Soverato, ma senza risultato positivo nonostante poi tale gruppo realizzò dischi di grande successo. Forse mi muovevo troppo da solo e senza appoggi?…
Allora ho tentato persino la via di appoggi esterni. Nel 1982-85 erano anni durante i quali frequentavo l’Archeoclub d’Italia poiché, avendo formato in Badolato un Gruppo Archeologico Interzonale, speravo di valorizzare il mio territorio di appartenenza, specialmente il ricco aspetto dell’archeologia subacquea (in questo caso, l’interesse diretto con sopralluogo da parte dei vertici di tale organizzazione nazionale per realizzare un “campus” specialistico non fu appoggiato dall’allora amministrazione comunale badolatese). Diventai amico fraterno di Francesco Berni (fondatore e segretario generale dell’Archeoclub d’Italia) il quale (stimandomi e sapendo del mio impegno a ricercare chi mi potesse aiutare a realizzare il sogno del “pop-islam”) mi “raccomandò” ad un suo carissimo e vecchio amico, titolare di un’avviatissima agenzia cinematografica. Dopo i primi contatti con tale ambiente, fu chiaro che la realizzazione del “pop-islam” poteva essere possibile soltanto entrando nel giro dei favori sessuali, specialmente omosessuali. Mi sottrassi immediatamente da tali prospettive. Altri amici mi suggerirono la via politica e ministeriale, ma non volli percorrere nemmeno questa, non soltanto perché ero allergico ai partiti e alla partitocrazia più in generale ma perché puntavo (forse sbagliando?) a far emergere il “pop-islam” soltanto per il suo valore musicale e per il suo significato interculturale. Ma, si sa, la meritocrazia sembra essere un miraggio ancora oggi, figuriamoci poi la pur utile sperimentazione culturale o scientifica!…
Tuttavia, pur avendolo capito già molti anni prima, nell’occasione delle ricerche effettuate in diversi ambienti influenti nella Capitale, ho avuto la riprova che potere, soldi e sesso (PSS) sono le principali leve che muovono il mondo. E oggi come oggi la corruzione politica e sessuale, i ladri di Stato stanno ancora di più dimostrando che è sempre più difficile agire e realizzare qualcosa con il merito e l’onestà (lo sanno bene specialmente quelle persone – in particolare i giovani – che si tengono lontano da tale troppo diffusa corruzione e non riescono, almeno in Italia, a trovare una collocazione lavorativa e sociale dignitosa e libera da indegni e umilianti condizionamenti). Così, negli anni, pur tenendo acceso il motore della ricerca per trovare un qualche spiraglio per realizzare il pop-islam, non sono riuscito a concludere niente di positivo. E la montagna delle difficoltà sembrava non soltanto invalicabile ma addirittura proibitiva. Tentai poi con amici cantautori.
Nella primavera 1987 ho conosciuto il cantautore Claudio Sambiase (nato a Zagarise, nella presila catanzarese, ma da parecchi anni residente per lavoro a Milano). Claudio aveva fatto una canzone su Badolato, che aveva appena presentato con molto successo al concorso di Rai Uno “Un’isola da trovare”. Gli proposi di realizzare una musicassetta di canzoni, da me prodotta, intitolata “Badolato paese in vendita” che abbiamo registrato a Milano nel luglio dello stesso anno 1987 (quando la vicenda del paese in vendita era al culmine nazionale e internazionale). L’arrangiatore preferito di Claudio era pure allora Alfredo Lacosegliaz, un valoroso musicista triestino di origini croate che aveva uno stile orientaleggiante (tra il balcanico e l’islamico). Allora proposi a Claudio di farsi interprete del pop-islam, con l’aiuto di Lacosegliaz. La mia proposta aumentò d’intensità quando seppi che la moglie di Claudio, Flavia De Marco (in arte Nurya), non soltanto era una notissima insegnante di “danza del ventre” ma faceva con grande successo parecchi spettacoli in Italia e all’estero (pure per alcune emittenti televisive nazionali, come Rai e Mediaset, e straniere) … Quale migliore situazione?!… Purtroppo, nonostante tutto ciò fosse assai favorevole alla realizzazione del pop-islam non arrivammo a capo di niente. Dieci anni dopo ci fu un ritorno di fiamma, dopo gli effetti mediatici ed emotivi prodotti dallo sbarco dei kurdi della nave Ararat sotto il Natale 1997 sulle nostre coste joniche e dal clamore internazionale suscitato per l’ospitalità avuta a Badolato e dintorni. Ma tutto finì lì, nonostante Claudio Sambiase avesse composto la musica di due belle canzoni per quei profughi kurdi su mio testo letterario, ma senza alcun effetto musicale pop-islam (pur essendo gli stessi kurdi di cultura e religione islamica). Si legga, a riguardo, alla pagina 30 della Gazzetta del Sud di domenica 22 marzo 1998 e alla pagina 12 de Il Giornale di Calabria di mercoledì 18 marzo 1998. Adesso pare che Claudio voglia riprendere il discorso e realizzare un CD intitolato proprio “Pop-Islam” assieme a Lacosegliaz. Possiamo sperare?…
Devo inoltre annotare che, a volte, nelle mie ricerche per realizzare il pop-islam, emergevano nei miei piccoli e grandi interlocutori alcune paure politiche sulla opportunità di dare enfasi e spazi ad una musica che è espressione di popoli considerati “pericolosi” per l’Occidente, contro cui gravavano vari terrorismi e ogni sorta di minacce. Rovesciato il problema, stesse paure politiche emersero allorché alcune immobiliari di Israele e di ebrei degli Stati Uniti d’America erano veramente interessate nel biennio 1986-88 ad acquisire non soltanto tutto il semivuoto borgo antico di Badolato ma anche buona parte della montagna e della costa per realizzare un mega-villaggio turistico a funzionamento continuo per israeliani (soldati in turnover, anziani, famiglie e bambini). Cosa che da qualche anno stanno cercando di realizzare attorno alla foce del fiume Neto nel crotonese per dodicimila posti letto. Insomma, il mio “pop-islam” e la mia vicenda di “Badolato paese in vendita” soffrirono veti incrociati a causa delle paure culturali, religiose e politiche, trattandosi di popoli mediorientali ancora adesso ritenuti tra i più difficili che ci siano al mondo fin dai remotissimi tempi biblici per la sempre precaria coesistenza pacifica: ebrei ed arabi.
Acquisita tale consapevolezza, ho capito che era inutile andare avanti con il proporre un pop-islam inteso come unione o dialogo tra culture … i tempi allora non sembravano affatto maturi. Speravo per il futuro. Futuro che finora, però, non è mai arrivato. Nonostante ciò, ripeto, vorrei realizzare almeno una registrazione (in CD o DVD) con tutte le canzoni pop-islam composte dagli Euro Universal, perché resti la testimonianza di tale tentativo, che era piaciuto comunque alla RCA quando questa Casa Discografica era la prima in Italia a puntare su numerosi artisti e sulle varie tendenze espresse da quel magico periodo degli anni sessanta/settanta che ha animato grandemente la cultura e la società internazionale, italiana in particolare. Fu proprio quello l’unico periodo possibile per il lancio di un nuovo genere musicale come il “pop-islam” … peccato che la povertà ambientale, la solitudine istituzionale non solo calabrese e la precarietà lavorativa dei componenti gli Euro Universal non abbiano permesso la realizzazione di questo piccolo-grande sogno. Infatti, se non fossimo stati “poveri” e se per impellenti necessità lavorative individuali non ci fossimo sciolti, sicuramente avremmo avuto la soddisfazione di un “lancio” artistico-discografico dovuto soltanto alle nostre forze e all’originalità della nostra musica. Per capire meglio il periodo assai favorevole esistente nella RCA Italiana degli anni 1960-1980 per i debuttanti e il conseguente esistente vivaio (lo storico “Cenacolo”) di numerosi artisti, ti invito a leggere (per il periodo 1951-2002) in www.ilpopolodelblues.com/pdb/old/new/0205/melis.html la lunga intervista fatta il 27 novembre 2002 da Alessio Colosi ed Ernesto de Pasquale ad Ennio Melis (il mitico e lungimirante responsabile discografico della RCA Italiana)… ovvero la più illuminata politica artistica che ha reso questa Casa Discografica una delle migliori del mondo.
Personalmente ho fatto il mio massimo possibile, dissanguando addirittura la mia poverissima economia personale frutto delle sudate annuali borse di studio scolastiche ed universitarie ma anche come tempo dedicato al progetto. Nel settembre 1967 ho scritto alcuni versi, durante una visita degli Euro Universal alla Certosa di Serra San Bruno, nel librone degli ospiti della Biblioteca: “Ritornerò / per fecondare / in questo infinito / il metro del mio deserto” (il concetto di “deserto” è proprio antesignano di quel “pop-islam” che sarebbe intervenuto poi nel 1972). Nel dicembre 1967 ho pubblicato questi versi nella mia prima raccolta di poesie “Gemme di Giovinezza” (Editore Giuseppe D’Agostino, Catanzaro). Ecco (pure attraverso il “pop-islam”) ho cercato di fecondare il “metro” del mio deserto con il massimo impegno possibile. Ma, ovviamente, realizzare ciò non dipendeva soltanto da me!… Comunque, resto personalmente felice e soddisfatto per tutto ciò che sono riuscito a fare, con le mie troppo esigue forze, per concretizzare il “pop-islam” … perché almeno ne resti l’idea progettuale e la ricerca di un metodo privilegiato per il dialogo e l’amicizia tra i popoli (specialmente delle varie sponde del Mediterraneo). Fecondare il metro del mio deserto e cercare di farlo al massimo possibile sono ancora oggi i miei imperativi esistenziali … però tali imperativi esistenziali devono essere il più auspicabilmente collettivi per avere una effettiva efficacia operativa proporzionale all’impegno di più persone e società possibili. Cordialità.