Caro Tito, il nostro corregionale Leonardo Mastìa (avvocato nato nel 1947 a Campana, in provincia di Cosenza, e operante in Campania tra Salerno e Napoli), si conferma “scrittore di razza” pure con il suo secondo romanzo intitolato “Nebbie” andato in stampa recentemente (gennaio 2017) per conto di NPE – Nicola Pesce Editore di Eboli (SA). 206 pagine di ottima narrativa, suddivise in 22 capitoli per raccontare alcuni aspetti del nostro Sud e, in particolare, le tante “Terre del Fuoco” dove vengono bruciati non soltanto i rifiuti nocivi all’ambiente e alla salute degli abitanti di quelle zone … ma anche le residue speranze di un meridione migliore. La “Prefazione” è firmata da Andrea Manzi, direttore de “La Città” (quotidiano di Salerno e provincia).
Come ricorderai (per avertene scritto nella “Lettera a Tito n. 184” del 26 giugno 2017”), Mastìa aveva iniziato l’avventura di scrittore nel 2011 con il romanzo autobiografico “Il Viale degli Angeli – Boulevard Serurier” ovvero il lungo periodo di malattia (un tumore al cervello), il calvario e la morte nel migliore ospedale pediatrico di Parigi del figlioletto poco più che decenne. Già con questa sua prima Opera, l’Autore aveva dimostrato di essere un vero “scrittore di razza”. E non ha deluso con la sua seconda prova, sia come scrittura che come tematiche (le aumentate morti per tumore, specialmente di bambini, in alcune parti della regione Campania dove l’inquinamento sembra essere maggiore).
Se questo è il suo modo di scrivere, ritengo che Mastìa possa essere considerato “lo scrittore dell’escalation” poiché partendo pacatamente da zero ci porta ad altezze vertiginose. Per cui ritengo che per leggere Mastìa bisogna essere adeguatamente equipaggiati ai suoi continui “crescendo” e, in particolare, ad avere quelle “crisi di coscienza” che (è bene avvisare) potrebbero destabilizzare il paradigma esistenziale di ognuno di noi. Infatti, dopo aver letto i suoi libri si rischia di non essere più come prima. Sicuramente migliori!
Tutto adesso lascia intendere che questo secondo libro faccia parte di una trilogia sul “cancro” (fisico e morale) che uccide persone, territorio e società soprattutto a causa degli inquinanti molto pericolosi che l’industria vomita sul nostro meridione con la complicità della malavita organizzata (ma anche con la silenziosa complicità della nostra indifferenza o disimpegno). E, si badi bene, i rifiuti che ci vengono riversati addosso non sono soltanto materiali. Abituati, infatti, ad essere quasi sempre alle prese con prodotti e manufatti materiali (industriali), pensiamo che non esistano quei prodotti immateriali (elaborati in sofisticati laboratori di altro tipo di droga e narcosi destinati al nostro cervello) imposti al consumo umano spesso in dosi così tanto massicce e deleterie da bruciare pure la nostra originaria identità e i nostri più autentici valori! Infatti, tale secondo romanzo di Mastìa è altresì un “discorso sull’identità”.
Quanto descritto in “Nebbie” non è un problema soltanto della Campania e del Sud. E’ un dramma globale. Si pensi ai numerosissimi incendi che ogni estate devastano preziosi territori dell’Italia o della California o di moltissimi altri Paesi, impoveriti sempre più di risorse e persino di ossigeno vitale. Sono impressionanti le cronache e i resoconti (anche statistici) non soltanto degli incendi ma anche delle deforestazioni che anno dopo anno oltraggiano e desertificano territori (in varie parti del mondo più verde come le foreste delle Amazzoni in Brasile) vasti come le superfici di grandi Stati, nazioni o regioni.
In Mastìa, quindi, il nostro Sud è soltanto un pretesto per parlare di tutto il mondo, per difendere l’intero nostro pianeta così tanto sofferente. Tale scrittore, già con i suoi primi due libri, ha dimostrato di prediligere i valori universali per le sue descrizioni, finora tutte vere e tutte tragiche, ma evitabili in molti casi. Ed è questa, alla fin fine, la “morale della favola” del discorso di Leonardo Mastìa (padre, avvocato, scrittore, cittadino, ecc.)… liberare l’Umanità almeno dalle tragedie evitabili!… Pure perché sono già fin troppe le tragedie inevitabili che i popoli subiscono in ogni angolo della Terra. E la colpa è anche nostra, di ognuno di noi, quando quotidianamente eccediamo nel consumismo causando i cosiddetti cambiamenti climatici che poi si trasformano in uragani di distruzione e di morte, in altri tristi fenomeni di morte e distruzione (come è possibile constatare attraverso i numerosi mezzi di comunicazione sociale). Non possiamo, perciò, far finta di non sapere!
Ma torniamo al nostro “particolare”. Chi sta uccidendo veramente le bellezze del Sud e il Sud stesso?… Bellezze, preciso, in senso largo ed ancora più estensibile fin tanto che la singola persona o la società riescano a percepire. Chi ha interesse a mantenere il Meridione italiano sotto il tallone (quasi fosse, questo, il serpente della Creazione e della cacciata dall’Eden), riducendolo ad una discarica malefica e a tante nocività tali da trasformare uno dei luoghi più belli del mondo in una terra ormai quasi invivibile, quasi da evacuare!?… questi ed altri sembrano essere gli inquietanti interrogativi che angosciano lo scrittore attraverso il principale protagonista del romanzo, il giovane Mario che si batte assieme ad altri contro la desertificazione territoriale voluta dalle “ecomafie” (e dai loro segreti mandanti). Ma chi trama contro il Sud già devastato da secoli di alterne conquiste e da imposti martirii ?… E perché sembrano essere tutti contro il Sud?…
Ad esempio, gli storici più informati e rigorosi hanno dimostrato come nel 1860 la conquista garibaldina del Sud sia stata molto più decisamente facilitata da apparati borbonici che, al soldo inglese e dei nuovi conquistatori, hanno reso possibile anche militarmente l’annientamento del nostro Meridione. C’è da chiedersi: le ecomafie locali stanno facendo , più o meno, ciò che gli apparati borbonici (traditori della propria terra) hanno fatto, in quel nefasto 1860, contribuendo a portare il Sud in sempre più tristi situazioni, con il rischio di insignificanza totale?!…
Oppure, come nei campi di concentramento nazisti, c’è una subdola volontà di annientare le persone con le camere a gas di nuova e più raffinata concezione, quali possono essere gli inquinanti mortali smaltiti in modo criminale per far ammalare e morire la gente del posto e anche coloro i quali, altrove, non sanno di mangiare prodotti coltivati sui “campi minati” da ogni genere di rifiuti nocivi!?…
La narrazione di “Nebbie” inizia nel modo più semplice (quasi idilliaco) in un caratteristico paesino del Cilento, sulla amenissima costa tirrenica della Campania a sud di Salerno verso la Basilicata. Un paesino tranquillo, quasi sonnacchioso e apatico, sulla riva del mare. Il mare è, in un modo o nell’altro, un particolare protagonista di questa storia così tanto veritiera assieme al giovanissimo Ferdinando destinato a diventare grande amico di Mario venuto ad abitare da una terra partenopea martoriata nel più tranquillo Cilento, assieme agli anziani genitori nella vecchia casa di famiglia.
Mario e Ferdinando, amici per la pelle così come lo possono essere due adolescenti, si ritrovano poi a frequentare l’Università a Napoli. Ferdinando, essendo orfano di padre e con una madre che fa fatica tirare avanti, abbandona gli studi e va a lavorare in Friuli. Mario, ragazzo assai sensibile e generoso, sente il dovere di contribuire a riscattare e difendere la propria terra e partecipa alle manifestazioni contro la cosiddetta “Terra dei Fuochi” nel casertano. Innumerevoli gli scontri con la polizia antisommossa. Si fa così tanto coinvolgere che è costretto a rifugiarsi in Inghilterra, per evitare il carcere e anche perché si sente frustrato ed impotente di fronte alla quotidiana situazione di degrado del suo paese. A Londra frequenta i bassifondi più degradati per aiutare i più deboli ed indifesi. Lavora e vive, sebbene in modo precario, esclusivamente per aiutare gli altri. Un eroe dei nostri tempi … ma senza farlo vedere a nessuno.
Però Mario, una volta andato in tale auto-esilio, perde (volutamente) i contatti con i genitori ed anche con Ferdinando. Questi però viene contattato dalla madre dell’amico, la quale lo prega di recarsi a Londra per cercare il figlio. E Ferdinando ci riesce, dopo tante peripezie, e viene così a conoscere il nuovo tipo di vita del suo migliore amico, il quale, nel frattempo, era stato reso padre da Ester, una ragazza conosciuta in quei bassifondi. Ferdinando riesce a convincere Mario a tornare, almeno per il solo tempo dell’imminente Natale, al paese dove gli anziani genitori soffrono enormemente la sua mancanza, tanto da vivere in continua angoscia.
Il racconto di questa storia di lotta e di amicizia è un veloce cambiamento di luoghi e patemi d’animo, dall’idillio iniziale fino al ritorno di Mario all’amato paese del Cilento. Ma l’epilogo è quanto mai inatteso (per chi legge) e tragico per i protagonisti, mare compreso. Leonardo Mastìa è stato assai bravo ed abile a portare il racconto, pagina dopo pagina, in un crescendo tale che il lettore non riesce a staccarsi dalle pagine del libro, così come non si riuscirebbe a distogliersi da una sinfonia che (in tale “crescendo”) sta per raggiungere quell’acme liberatorio necessario a chiudere, comunque, un percorso narrativo-musicale.
Ritengo che, se non avesse intrapreso la carriera giuridica, Leonardo Mastia avrebbe potuto fare benissimo il compositore e il direttore d’orchestra, poiché avrebbe dato prova di conosce bene i parametri descrittivi ed emozionali della nota musicale così come dimostra di conoscere le sfumature della parola. E, quasi certamente, proprio perché è avvocato penalista, questo suo secondo libro “Nebbie” potrebbe essere variamente considerato un “giallo”, un “poliziesco” … quasi un “thriller”. E proprio per questo non è opportuno rivelarne il finale. Un finale che sembra essere l’arringa conclusiva davanti al tribunale della vita.
Finale che potrebbe portare ad innumerevoli altre considerazioni specialmente d’ordine sociale, morale, politico e, in particolare, di impegno “civile”. Infatti, questo secondo libro di Mastìa a me è parso un’Opera di grande tensione morale e di esemplare valore “civile”. In pratica, l’Autore riempie la storia e i protagonisti di una tale ricchezza valoriale che stupisce il lettore, il quale deve essere cosciente (prima di cominciare il libro) che potrebbe trovarsi addirittura a rimettere in discussione il proprio modo di vivere.
Fossi stato io l’editore, avrei fatto abbracciare ogni copia del libro da una fascetta con l’avvertenza: “Maneggiare con cura” oppure “Consigliabile alle persone forti di cuore”. “Attenti alle emozioni!”.
Caro Tito, devo dirti che a me piace molto lo stile narrativo di Leonardo Mastìa, il quale dà molta importanza al respiro e ai tempi del lettore il quale ha la possibilità di elaborare immediatamente quanto appena percepito dalle frasi sempre brevi con il ricorso frequentissimo al capoverso (proprio come anche io preferisco scrivere e leggere). Persino il ritmo del crescendo narrativo ha bisogno di pur brevi pause, di utili soste “assimilatrici”. Inoltre, si resta stupiti per talune “metafore” poste inaspettatamente sul testo che apparentemente non lo richiede … così come, quando percorriamo una strada piena di curve e, d’improvviso, si apre uno scenario tanto bello e sorprendente da lasciarci a bocca aperta. E mentalmente esclamiamo “Ma guarda tu quanto è bravo e sorprendente questo Mastia!”.
Alcuni scrittori “sequestrano” il lettore con pagine stipate di testi lungi e spesso difficile da seguire. Invece, si nota come e quanto Mastìa rispetti ed ami il lettore perché lo rende “libero” con le sue frasi brevi e i rapidi capoversi. Frasi brevi e compendiose (quasi schematiche, spesso come “saette di Giove”) come quelle che solitamente hanno gli articoli del Codice Penale o del Codice Civile o le altre leggi dello Stato. Si nota che il nostro Leonardo è nato nel Sud, poiché a me è parso che le sue frasi siano illuminanti come guizzi di luce solare quando si attraversano le foreste o i boschi della Sila. Ti indicano il percorso, ingannando l’ombra tremula di milioni di foglie.
Lettura consigliata, pure per questo, a chi ha il cuore forte (come ho evidenziato prima) per poter sostenere l’alternarsi delle sempre più crescenti emozioni e delle sempre più intense e toccanti atmosfere narrative. L’Autore, infatti, mette a dura prova la tenuta valoriale ed emozionale del lettore, il quale sembra che si trovi ad ingaggiare con lo scrittore un’avvincente sfida di intelligenza e di amore. Sono molto pochi i libri che impongono al lettore di sostenere una simile sfida … ma è proprio questo che rende la storia narrata assai palpitante ed appassionante.
Caro Tito, sperando che i libri di Mastìa vengano portati al cuore e alle intelligenze di un numero sempre più ampio e “crescente” di lettori di qualità, ti ringrazio per aver così gentilmente ospitato questa mia lettera n. 189 e ti saluto sempre con tanta cordialità! Ciao!
Domenico Lanciano Azzurro Infinito, mercoledì 27 settembre 2017 ore 13,31