Caro Tito, giorni fa ho avuto in dono il libro firmato da Lorenzo Braccesi e Michela Nocìta, intitolato “I Fondatori delle Colonie tra Sicilia e Magna Grecia” (edito nell’ottobre 2016 da “L’Erma” di Bretschneider di Roma come volume n. 33 della rivista “Hesperìa). Tale volume è stato pubblicato nell’àmbito delle attività scientifiche del Dipartimento di Scienze storiche, geografiche e dell’antichità dell’Università di Padova e del Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna. Il prof. Braccesi è considerato il decano degli epigrafisti italiani ed ha cattedra proprio a Padova, alla cui Università Michela Nocita ha il dottorato di ricerca in Storia antica, moderna e contemporanea. Tale pubblicazione è stata presentata qualche mese fa al Museo delle Terme Diocleziane in Roma durante un incontro presieduto dal prof. Amedeo Visconti (al centro nella foto tra i due Autori), cattedratico dell’Università Sant’Orsola di Napoli.
E’ uno di quei libri che non dovrebbero mancare nelle biblioteche pubbliche e private non soltanto italiane, in particolare nei Luoghi qui trattati riguardanti la Grecia, la Sicilia, la Calabria, la Basilicata, la Puglia e la Campania. Data l’importanza, spero tanto che se ne voglia dotare pure la Biblioteca Calabrese di Soriano (VV), dal momento che possiamo ritenerlo uno studio altamente strategico, anche perché aggiornato alle più recenti scoperte archeologiche, in particolare a quelle epigrafiche (iscrizioni antiche incise su bronzo, marmo e su altri materiali pervenutici, nonostante i millenni).
Inoltre, per me personalmente, c’è anche un motivo “affettivo”. Infatti, uno degli Autori è Michela Nocìta, figlia del noto avvocato Pietro, docente alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma “La Sapienza”, nonché direttore ed editore di una prestigiosa rivista giuridica. Il prof. avv. Pietro Nocìta è, a sua volta, figlio dell’ex vice-pretore ed avvocato di Badolato, Salvatore Nocìta che ha abitato con la famiglia nel mio paese natìo per alcuni decenni, provenendo dalla gloriosa ed antica Santa Severina (oggi provincia di Crotone). Per alcuni anni tale famiglia Nocita è stata pure mia vicina di casa, intensificando così la significativa reciproca amicizia.
Fin dalla più remota antichità, la Sicilia sembra essere stata una realtà a sé stante, quasi una “nazione” autonoma con una propria indelebile identità, nel bel mezzo del Mediterraneo, stazione obbligata nel corso dei secoli e dei millenni per tutti i popoli naviganti o per chi, ancora più avido di ricchezza e bellezza, proveniva da altrove, persino dal grande centro-nord europeo. Tuttavia, leggendo tale libro sui Fondatori delle Colonie greche, mi è parso di capire che il destino di questa grande isola non possa mai comunque dirsi slegato del tutto dal resto della penisola che ebbe esteso il nome “Italia” dalle Alpi alla Calabria originaria nel 42 dopo Cristo (ad opera dell’imperatore Augusto) e, poi, nel 292 d. C., l’imperatore Diocleziano volle inglobare nella “Diocesi Italiciana” pure le tre isole maggiori (Sicilia, Sardegna e Corsica).
Il filo conduttore, che anima e distingue il notevolissimo lavoro di Lorenzo Braccesi e Michela Nocita, è proprio l’inserimento massiccio dell’elemento greco in taluni territori corrispondenti all’odierno meridione italiano a partire dall’8° secolo avanti Cristo. Ho trovato molto attuale (pur nelle rispettive diversità storiche e nelle proporzioni) l’epoca della colonizzazione greca con le odierne migrazioni provenienti da Africa e Oriente (prevalentemente islamico). Le cause sono più o meno le medesime: necessità (ostracismo in patria, guerre, tirannie, carestie, ecc.) ma anche spirito di avventura (specie per i giovani, definiti emigrati economici) e desiderio di emancipazione sociale (in particolare per le donne). Se non costretti da gravi pericoli o da forti malesseri esistenziali, pochi sarebbero disposti (ieri come oggi e domani) a lasciare le proprie case, importanti affetti e il proprio “genius loci”. Quindi, viviamo in diretta migrazioni necessarie.
Perciò, per tornare alle antiche colonizzazioni greche, chiediamoci quali siano state le mete delle migrazioni evidenziate da Braccesi e Nocita?… Quali le motivazioni, i conduttori, le guide, i navigatori, gli eroi che hanno portato le proprie e le altrui genti sulle coste di Sicilia e della “prima Italia” dove fondare le loro città?…
Caratteristica comune ed indispensabile di tutti gli intrepidi greci, aspiranti colonizzatori e fondatori di città (sulle coste del Mediterraneo o del mar Nero), era il doversi rivolgere (pena fallimento) all’Oracolo di Delfi, il quale (pur nel sacrale mito che l’avvolgeva) mi sembra fosse stato una vera e propria “regia” o “centrale operativa” dell’espansionismo greco. Tradotto in termini laici attuali, l’Oracolo di Delfi mi ha dato l’impressione che possa essere simile (più o meno) ad una grossa struttura (forse istituzionale) paragonabile all’odierno “National Geographic” o ad una vera e propria super-Università o super-Governo poiché possedeva le cognizioni storico-geografiche migliori per indirizzare a colpo sicuro chi volesse fondare città e colonie altrove, ad Est come ad Ovest, a Nord come a Sud (persino sulle più vicine coste dell’Africa). Un Oracolo come vera e propria sede strategica della politica estera panellenica (soprattutto commerciale, ma anche demografica, culturale e religiosa). Ci dicono niente, ad esempio, le Crociate medievali, pur con tutte le loro caratteristiche discutibili o reinterpretabili?… Ci dicono niente i vari colonialismi vecchi e nuovi, prima e dopo Cristoforo Colombo, il cui “Oracolo di Delfi” era la sua scienza e la corona di Spagna?
Così, Baccesi e Nocita ci elencano e ci descrivono le città e i loro fondatori. La loro narrazione è quanto mai interessante e suggestiva e la raccomando a tutti, specialmente a coloro i quali intendano capire di più un periodo storico che ha caratterizzato enormemente il nostro sud Italia, Sicilia compresa. Ovviamente, i territori dove sono approdati i coloni greci non erano del tutto disabitati, ma ci vivevano popolazioni italiche preesistenti (ad esempio, sìculi e sicàni in Sicilia). Alcune di queste hanno accolto pacificamente i nuovi arrivati, mentre con altre genti sono avvenuti veri e propri scontri sanguinosi, con vincitori e vinti.
Forse non tutti sanno o immaginano che Cuma (sita in Campania, un poco più a nord-ovest di Pozzuoli, vicino al famoso Lago Averno) è stata la prima vera città fondata nel 740 a.C. da migranti (in prevalenza mercanti) provenienti da quell’antica Grecia che stiamo considerando (in particolare dalla zona della Calcide), guidati da Hippokles e Megasthenes. Ci può sembrare strano che questi greci avessero oltrepassato Sicilia e altre regioni joniche per spingersi fin nell’odierno Golfo di Napoli, dal momento che a quel tempo avevano rotte nautiche obbligate di piccolo cabotaggio e, quindi, primi approdi in ordine di tempo sarebbero stati nell’odierno Salento adriatico e su tutto lo Jonio. Ma è bene ricordare che Cuma avrebbe potuto essere una buona base per i commerci con gli Etruschi (che, pur abitando l’attuale Toscana, frequentavano od occupavano anche territori laziali e campani) o con altri popoli dell’entroterra appeninico come i Sanniti, i Sabelli, gli Irpini e via dicendo.
Le motivazioni, le epoche e gli eventi che hanno portato gli antichi greci a colonizzare numerose parti della Sicilia e del sud Italia sono assai interessanti e bisognerà leggere tutte le 148 pagine del libro di Braccesi e Nocita, i quali hanno saputo, con il loro documentatissimo racconto storico-scientifico, affascinarmi tantissimo verso un periodo assai “costitutivo” della nostra storia pre-romana. E molteplici sono pure gli “input” di questo libro, mentre davvero grande è la voglia di soffermarsi su tanti aspetti di considerevole interesse e fascino per noi, eredi (seppure in parte) di questi popoli approdati nel nostro stesso suolo.
E .. a proposito di “suolo” mi verrebbe pure voglia di fare un mini-cenno al dibattito attuale sullo “ius soli” ovvero sul riconoscimento della cittadinanza italiana (di fatto “europea”) cui avrebbero diritto coloro che, provenienti da terre di emigrazione, desiderano divenire e sentirsi “italiani” a tutti gli effetti pure perché su suolo italiano sono nati, hanno studiato e parlano bene la nostra lingua. Ma una simile digressione (quantunque attinente alle migrazioni d’ogni tempo e paese) potrebbe allontanarci dall’appurare quali siano stati i Fondatori delle città greche sul suolo italico, che è il tema centrale di questo mio rendiconto. Vale, comunque, e mi è sembrato opportuno un velocissimo accenno, pure ricordando le sanguinose lotte avvenute dopo alcuni secoli per ottenere la cittadinanza romana. Corsi e ricorsi storici, come si dice!
Dunque, di Cuma ho detto. Quindi continuo con l’elencazione cronologica (giusto per averne almeno un’idea orientativa, base per auspicabili approfondimenti, anche su Google). Nel 734 avanti Cristo, l’audace Theokles (gloria di Dio) è stato il fondatore di Naxos (Giardini Naxos – Taormina), la prima città greca della Sicilia. Nel 733 Archias (guida) di Corinto ha fondato Siracusa (che l’Oracolo di Delfi individuava come il luogo della ricchezza, rispetto a Crotone “città della salute”). Nel 730 Zancle (Messene – Messana – Messina) ha avuto due fondatori: Perieres e Krataimenes (uomo dalla forza straordinaria). Nel 730, medesimo anno di fondazione di Messina, pare sia sorta pure Reggio Calabria da parte dei calcidesi Antimnestes e Artimedes. Mi risulta particolarmente interessante e rivelatore quanto indicato loro dall’Oracolo di Delfi: la vostra città dovrà sorgere dove vedrete una femmina (la vite) avvolgere un maschio (il fico). Conferma del fatto che l’attuale Calabria fosse considerata terra antichissima, dove già c’era la coltivazione della vite (da ciò le denominazione di Enotria precedente a quella di “Italìa”) e del biblico fico risalente all’età giudaica della creazione e del paradiso terrestre. Per la nostra Calabria, possiamo forse dire che il Fico e la Vite siano stati i nostri Adamo ed Eva vegetali … nel Paradiso Terrestre Jonico?…
Nel 729 Euarchos (ottimo condottiero) ha fondato Catania e Lentini. Nel 728 Lamis dà vita a Megàra Iblea, proveniente da Megàra Nisca (istmo di Corinto). Nel 709 è la volta della colonia achea di Sibari la cui prima pietra sarebbe stata posta da Is o Sybaris per una città destinata a diventare simbolo di abbondanza, di raffinatezza e di lusso sfrenato. Mentre nel 708, come già evidenziato, l’Oracolo di Delfi indicò come luogo della salute il sito dove avrebbe dovuta essere fondata la città di Crotone ad opera di Myskellos (il gobbo … storpio o diversamente abile). Nel 706 Phalanthos (il calvo), l’unico di provenienza spartana, dà il via a Taranto, ma l’eroe mitico della città è Taras. La vicina Metaponto prende vita nel 630 da ben due fondatori: Daulios e Leukippos (cavallo bianco). Mentre Locri Epizefiri trova nel 679 il suo primo edificatore in Euanthos (bel fiore).
Ancora in Sicilia, Gela ha avuto due fondatori nel 689: Antiphemos di Rodi e Eutimos di Creta. Selinunte nel 627 trova in Pamillos (duce dell’intero gruppo) la sua data di nascita, mentre nel 598 per Kamarina ci vogliono due iniziatori: Daskon (forte) e Menekolas (ostinato). Agrigento nel 580 è opera di Aristomnoos (la mente migliore) e di Pystilos (esploratore).
Una storia, a mio parere, più interessante da segnalare è la colonizzazione delle Isole Eolie, di Lipari in particolare, da parte di Gorgos (gorgo), Thestor (piacevole) e Episthersides (incandescente). Infatti, pare che l’organizzazione sociale di tale comunità sia stata di tipo “comunista” (come diremmo oggi) o “collettivista” con la piena condivisione del lavoro, della proprietà e delle produzioni. Probabilmente i loro “pasti comuni” erano derivati dall’antica consuetudine del re enotro Italo il quale, oltre a dare nome “Italia” all’attuale Calabria (3500 anni fa circa), istituì i “sissizi” ovvero le mense condivise, appunto, poi diffusesi in tutto il Mediterraneo come afferma anche Aristotele e come dal 1995 celebra Salvatore Mongiardo, il filosofo di Soverato, il quale sta cercando di rilanciare i valori della Magna Grecia e della preesistente Prima Italia pure attraverso la Nuova Accademia Pitagorica di Crotone, di cui è fondatore e scolarca!…
Il bello di tutte queste colonizzazioni (ne tralascio talune minori) è che le città fondate dai greci in Sicilia e nella prima Italia fondano (a loro volta) altre città nel resto della stessa Sicilia e della vicina penisola italica, spingendosi addirittura nell’alto Adriatico per porre le basi di Ancona. Così, abbiamo che Cuma ingemmi Parthenope e poi Neapolis (Nuova polis, Napoli), destinata a diventare la “capitale” riconosciuta del sud Italia per secoli e secoli e sicuramente una delle più importanti città-laboratorio del Mediterraneo e d’Europa.
Giusto per fare un esempio (poiché il discorso sarebbe assai lungo), le gemmazioni coloniali hanno dato vita, ad esempio, a Kaulon (odierna Monasterace), Krimisa (Cirò) e Skylletion (Squillace) nella Calabria jonica, mentre nella Calabria tirrenica abbiamo Hipponion (Vibo Valentia), Metaurus (Gioia Tauro), Medma (Rosarno), Terina (Lamezia Terme). E, ancora, nella Puglia jonica Kallìpolis (Gallipoli); sul Tirreno campano Posidonia – Paestum. E così via.
Cosicché il libro di recente pubblicazione “I Fondatori delle Colonie tra Sicilia e Magna Grecia” di Lorenzo Braccesi e Michela Nocita offre pure numerosi riferimenti bibliografici che potrebbero permettere, a chi lo volesse, di approfondire e perfezionare questo appassionante discorso della presenza e della proliferazione greca sul nostro suolo italico, in età pre-romana. Tale volume, ben stampato tipograficamente, si presenta consistente e resistente nel suo formato cartaceo.
Non ci sono immagini o cartine (c’è soltanto il testo assai nitido e facilmente leggibile) ma con l’aiuto di Google risulterà facile orientarsi sia con le mappe che con le foto. Anche a prima lettura, mi è sembrato che non fosse una trattazione dedicata solamente agli “addetti ai lavori” nonostante la tecnica ed il linguaggio siano rigorosamente scientifici (con ricorrenti citazioni in lingua greca o latina non tradotte). Personalmente ho provato persino talune benefiche emozioni e scoperto taluni validi “input” che mi indurranno a rileggerlo con più calma e con più utili approfondimenti e preziosi collegamenti persino con l’attualità. E’ davvero un libro sorprendente!
Caro Tito, sono lieto di aver letto e di segnalarti questa meravigliosa opera di due studiosi che fanno onore alla Cultura oltre che a tutti noi. Ancora di più perché, purtroppo, non è di moda (o vantaggioso), oggi più che mai, dedicarsi con sacrificio e passione a temi assai e spesso troppo impegnativi ma altrettanto importanti per la nostra storia nazionale, mediterranea ed europea. Soltanto l’Amore per la Conoscenza e per il proprio Paese possono produrre preziosissime personalità accademiche come Lorenzo Braccesi e Michela Nocita, cui va il nostro più sincero plauso e devoto ringraziamento per l’Opera che hanno svolto, svolgono e svolgeranno ancora con grande abnegazione in un contesto che sappiamo non sempre riconoscente e grato. Ma siamo purtroppo in una società che paga milioni e milioni di euro per un calciatore appena diciottenne e senza nemmeno un titolo di studio (come, ad esempio, il portiere del Milan) mentre lascia languire la dignità del nostro Popolo che ha radici storiche così esaltanti da valorizzare al massimo possibile, come hanno appena dimostrato i nostri “eroi del quotidiano e della lungimiranza” Michela Nocita e Lorenzo Braccesi.
Grazie e alla prossima. BUONA LETTURA. Cordialità, Domenico Lanciano
Azzurro Infinito, giovedì 20 luglio 2017 ore 16,37
Grazie per l’attenzione che avete rivolto al nostro lavoro “I fondatori delle colonie”; ho inviato la vostra ricca recensione anche al prof. Braccesi.
Buon lavoro e buona estate,
MIchela Nocita