Caro Tito, non so se hai avuto la tristissima esperienza di sapere che un tuo carissimo amico improvvisamente non c’è più. Purtroppo, io ho avuto finora tante di queste dolorose esperienze ed ogni volta è come se perdessi, davvero, una troppo preziosa parte di me. Ed è accaduto ancora di più, recentemente, domenica sera 12 febbraio 2017 quando, in modo quasi fulmineo, il tradimento del suo muscolo cardiaco ha portato in Cielo, a 70 anni, quel grande amico che è stato Pasquale Piroso (Badolato 1946-2017), genio incompreso. Questi, oltre che un vero amico per gran parte di noi badolatesi (e dintorni), rappresentava pure uno dei primi personaggi-simbolo degli ultimi 70 anni, specialmente quando noi giovani o giovanissimi, in maggioranza, nutrivamo ottimistiche speranze per un gratificante futuro personale ed un mondo migliore (almeno rispetto a quello che ha portato all’immane, sanguinosa e disastrosa seconda guerra mondiale 1939-1945). Per dirla anche sociologicamente, Egli è stato anche il simbolo di quella gioventù assai talentuosa, che le istituzioni (ma anche la società di appartenenza) non hanno capito e non hanno valorizzato. Questa gioventù non compresa e non valorizzata è, purtroppo, dramma e problema di sempre in Italia … ieri come oggi e quasi sicuramente pure domani. Specialmente nel nostro amaro Sud.
Pasquale Piroso era nato nel borgo antico di Badolato il 14 maggio 1946, quando ancora non c’era Badolato Marina (la cui storia edilizia e comunitaria sarebbe iniziata dopo il terremoto del 1947 e le disastrose alluvioni del 1951 e del 1953). Il padre Cosimo era tornato da poco meno di un anno dalla seconda guerra mondiale che gli aveva procurato una profonda ferita alla testa, ferita che, però, con il tempo, gli ha permesso di fare una vita normale, lavorando come cantoniere dell’ANAS e come contadino nei suoi terreni (come chiunque altri, nei nostri paesi del Sud, aveva infatti bisogno di un doppio lavoro per portare avanti più dignitosamente la famiglia, che già aveva la primogenita Vittoria e che, dopo parecchi anni, sarebbe stata arricchita dalla venuta di Maria).
Pasquale ha avuto una infanzia sana, serena e vivace come la sua intelligenza e la sua curiosità della vita e del mondo. Più cresceva e più dimostrava di avere una sensibilità assai creativa ed espressiva. Ma la situazione generale della nostra costa jonica, così come di tutta la Calabria, si presentava quasi senza futuro per chi aveva voglia di realizzare la propria personalità al meglio e in modo maggiormente produttivo e significativo. Così, pure papà Cosimo pensò di portare la famiglia nella pianura Pontina, in provincia di Latina, territorio che (appena bonificato epicamente dal governo di Benito Mussolini, dopo secoli di altri tentativi) si riempiva sempre più di famiglie provenienti pionieristicamente da ogni parte d’Italia, ansiose di migliorare la condizione dei figli. Famiglie che si aggiungevano a tante altre già trapiantate lì durante il ventennio fascista.
Così ha fatto pure una coppia di miei carissimi amici altomolisani, Gino Massanisso (16 maggio 1935 – 27 maggio 2008) e Anna Cacciavillani (15 febbraio 1945), i quali, appena sposati il 22 settembre 1963, trovarono un posto (alla Foce Verde di Latina, ad appena duecento metri dal lungomare) dove collocare il loro giovanile sogno di un bel ristorante, che denominarono “La Lanterna” (per il simbolo stesso della luce, ma anche perché in quella contrada non c’era ancora l’illuminazione pubblica e, quindi, il locale aveva bisogno di una indicazione luminosa ed attrattiva che ne segnalasse la presenza). Con gli anni tale ristorante è diventato uno dei più noti e ricercati di tutta la costa laziale e, adesso, è gestito (sotto la direzione della mitica mamma Anna) dai figli Antonio e Rosalba, mentre la terza generazione Massanisso (specialmente Sara, ventiduenne) sta già dimostrando di saperci fare davvero alla grande!… Questa famiglia merita un grande plauso anche perché in oltre 50 anni di lodata attività del ristorante “La Lanterna” (telefono 0773-273262) ha dato lavoro a parecchie persone che ne avevano urgente bisogno, pure calabresi come la signora Teresa di Pietracupa di Guardavalle (tantissimi sono, infatti, i calabresi ben trapiantati a Latina e dintorni dove, guarda il caso, il 15 febbraio 2017 abbiamo festeggiato i 72 anni di Anna Cacciavillani nel ristorante di una sua simpaticissima amica e collega, originaria di Stilo – RC).
Purtroppo, ancora adolescente, Pasquale, in quella tanto trafficata ed animata pianura Pontina, ha subìto un gravissimo incidente stradale. Tale drammatico evento costrinse la famiglia di Cosimo Piroso (pure per altri motivi) a tornare a Badolato. Guarito dalle ferite di quell’incidente, Pasquale ha avuto la possibilità di lavorare in alcune scuole della provincia di Catanzaro come bidello. Dopo il lavoro arrivò pure il matrimonio e ben quattro figli (Emanuela, Francesco, Davide e Domenico). Però, dopo qualche tempo, è giunta la separazione tra Pasquale e la moglie. E mentre costei ha trovato un nuovo compagno, Pasquale ha preferito restare da solo proprio perché troppo amante di libertà e di autonomia. Ho, così, descritto molto sommariamente le principali vicende esistenziali e caratteriali di questo mio ottimo amico, perché adesso mi preme soffermarmi di più sul valore (anche sociale) della sua persona.
Dicevo che Pasquale Piroso, specialmente da giovane, era da considerarsi un “simbolo” che tocca buona parte delle generazioni nate dopo il 1945, quando cioè i cosiddetti Alleati (capeggiati da Stati Uniti d’America, Regno Unito e Francia), vinta la seconda guerra mondiale contro il nazi-fascismo (Germania e Italia e loro alleati), hanno poi determinato l’economia, la politica e specialmente la cultura di mezzo mondo, soprattutto dell’Europa e in particolare dell’Italia … tanto è che (giusto per capirci) potremmo denominare “Anni americani” quelli che (almeno in Europa occidentale) vanno dal 1945 al 1989 (cioè fino alla caduta del muro di Berlino). Personalmente posso considerarmi testimone diretto dei difficili decenni post-bellici, il cui clima perdura ancora (anzi, mi sembra persino peggiorato). Ma quale era il clima dal 1945 in poi in Europa e, quindi, ancora di più in Italia … nazione che, per sua natura, ha ogni volta dimostrato di assorbire maggiormente, nel corso dei secoli e delle dominazioni, le mode o gli indirizzi imposti dai popoli vincitori, pur salvando sempre la sua anima più vocazionale, vera, profonda ed antica?…
Gli “Anni americani” (nel bene e nel male) ci hanno portato parecchie innovazioni ed una visione assai diversa del mondo, dell’esistenza e della vita. Essendo i principali Paesi-guida del cosiddetto “capitalismo” o “mercantilismo”, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna (società prevalentemente di cultura cristiano-protestante, ma con particolare influenza ebraica specie in economia) hanno riversato sull’Italia, sul resto dell’Europa e del pianeta i loro prodotti e le loro convinzioni, sconvolgendo con i decenni post-bellici (gli “Anni americani” appunto) i sistemi politici nazionali, la cultura ed il modo di vivere dei popoli (specialmente di quelli che, come l’Italia, avevano ancora taluni aspetti e caratteristiche ancora profondamente statiche o medievali). In particolare, la Calabria (e Badolato, con essa) è passata, quasi improvvisamente, dal “mondo chiuso” di stampo agricolo-medievale al “mondo aperto” di stampo quasi totalmente anglo-americano (ma senza preparazione o accorgimenti difensivi socio-culturali). E, mentre il centro-nord Italia partecipava più attivamente (quasi come coprotagonista) a tale americanizzazione, il nostro sud ne subiva attrattivamente ma anche acriticamente la colonizzazione, provocando dissidi generazionali nelle comunità e nelle famiglie, specie in quelle più povere e tradizionali.
Però, i giovani, solitamente assai più ricettivi e pronti alle novità, sono stati quelli che hanno accelerato un simile processo di americanizzazione, assorbendo (troppo spesso imprudentemente) i nuovi strumenti socio-culturali e consumistici provenienti dalle nuove potenze anglosassoni (vincitrici, quindi, non soltanto sul piano militare). Così molti adolescenti o giovanissimi sono stati assaliti e sedotti dai miti americani (specialmente dal cinema, dalla musica, dai comportamenti e dalle aspirazioni). I film di Alberto Sordi, ad esempio, ne danno ancora ampia documentazione e testimonianza. Negli “Anni americani” non c’era giovane (di entrambi i sessi), in Italia o in Europa, che non avesse almeno sognato o anche tentato di fare l’attore o il cantante o di vestire i panni di figure estrapolate dalla triste realtà quotidiana per illuminarle della luce delle cosiddette “star”. L’uomo che si fa da sé (“a self-made man” oppure “the man make himself”) era da considerarsi la nuova dimensione per il cittadino post-bellico, il quale non aveva bisogno della sua comunità per riuscire ad affermarsi in campo socio-economico nel successo desiderato. Ecco, il cosiddetto “successo”!… smània e manìa di successo invadevano sempre più larghi strati giovanili in tutta Italia. Per conseguire il successo quasi tutti erano disposti a tutto! Ed è proprio qui la “fregatura”!
Iniziava così una manipolazione mentale assai pressante affinché le genti europee fossero attratti dai modelli socio-culturali anglosassoni che portavano dritti-dritti al consumismo e al superfluo, alla vanagloria e all’effimero. Molti dei nostri giovani (quasi tutti appartenenti a famiglie operaie e contadine assai frugali, quando non povere o misere) iniziarono in tal modo quella “fuga dalla realtà” che ancora adesso è il principale difetto autodistruttivo dei popoli che si sono fatti sedurre dal mercantilismo sfrenato, indotto appunto dai modelli anglo-americani (che forse in USA e in GB hanno un senso, ma da noi sono una forzatura della nostra natura e se ne vedono le conseguenze).
Le classi dirigenti e governative italiane (impegnate come erano nella ricostruzione di una nazione distrutta dalla guerra) erano esse stesse inevitabilmente sedotte o ingannate dalle nuove linee-guida dei vincitori (anche russi), i quali non avevano timore a corrompere o addirittura a “comprarsi” vasti pezzi o classi della società italiana ed europea … tanto che la corruzione (uno dei tanti nocivi sistemi politico-mafiosi) è ancora adesso (così tanto ingigantita, capillarizzata, tollerata e quasi informalmente legalizzata) uno dei principali impedimenti alla crescita sana ed equilibrata dell’Italia (come di altri Paesi che hanno adottato il medesimo paradigma capitalistico o imperialistico multinazionale prima e globale poi). Così distratte già alla fonte, le classi dirigenti italiane del dopoguerra (Chiesa cattolica compresa) non hanno saputo o potuto governare le troppe novità affluite o imposte dai Paesi vincitori e, quindi, non hanno opposto un argine critico-pedagogico per far sì che il cambiamento non fosse tanto stravolgente da richiedere un prezzo personale, familiare e sociale assai alto. Le contraddizioni di tale sistema sono poi esplose nella contestazione giovanile (partita paradossalmente proprio dagli Stati Uniti d’America) degli anni Sessanta e Settanta. I giovani si sentivano illusi e traditi dal paradigma valoriale del capitalismo.
In compenso, tuttavia, non bisogna nemmeno nascondere i tanti grandi benefici apportati ai nostri sventurati popoli (afflitti da dittature nazionali e locali, arretratezze, fame e malattie) dal 1945 in poi da parte di questa ennesima colonizzazione estera. Così, tra pregi e difetti, possiamo comunque affermare (pure alla prova dei fatti anche attuali) che la Storia (assegnandoci all’area occidentale angloamericana) ci ha affidato al male minore, rispetto a ciò che è capitato poi nel mondo, con la cosiddetta “guerra fredda” (specialmente nell’Europa dell’Est, comunista e totalitaria) dopo la seconda guerra mondiale e la conseguente suddivisione del mondo a Yalta (febbraio 1945). Oltre che per merito dei vincitori anglo-americani e russi, la pace mondiale innanzitutto (che dura dall’agosto 1945) e il relativo benessere economico (pur tra innumerevoli contraddizioni, controindicazioni ed effetti ed affetti collaterali) sono anche merito della nuova Europa che cercava di impegnarsi nel difficile ma necessario progetto dell’Unione Europea (siglato in Roma, giusto 60 anni fa, il 25 marzo 1957) e della NATO (alleanza militare atlantica con USA e Canada).
Non dobbiamo altresì mai dimenticare che l’Itala ha perso l’ultima guerra mondiale e che, molto superbamente e nonostante tutto, alcune nostre realtà nazionali o locali si consideravano ancora addirittura “l’ombelico del mondo” (cioè il centro del mondo) e che tale atteggiamento di falsa superiorità persiste ancora e tanto dolorosamente e cecamente in alcune nostre situazioni fin troppo grette ed arretrate … ovvero comunità rinchiuse in sé stesse e soggiogate ad indegni notabili locali di tipo medievale ma che, una volta aperte le porte e i confini, non hanno esitato ad ubriacarsi pure loro di libertà, però a carissimo prezzo (specialmente a carico dei propri popoli). Tuttavia, persino oggi, resistono taluni “ombelichi del mondo” fuori dalla realtà! Ma la globalizzazione li sta piano piano umiliando e volatilizzando.
La libertà è, perciò, uno dei valori che è stato adottato dai giovani e giovanissimi, pure a Badolato. Purtroppo, a questo senso di libertà era legata anche la subdola sensazione (o illusione) di avere la possibilità di poter fare ed essere tutto ed il contrario di tutto. Il capitalismo spesso dà l’idea dell’onnipotenza o del grande salto di qualità anche se si è poverissimi. Una trappola in cui sono caduti milioni di giovani in questi “Anni americani”. Giovani che non hanno avuto (e non potevano avere) il necessario aiuto degli adulti (in famiglia, a scuola, nella chiesa, nella società) per discernere la realtà dall’illusione. Fu questa la prima droga che ha afflitto la gioventù italiana nei decenni post-bellici, prima ancora delle vere droghe vegetali o chimiche. L’assalto incontrollato e acritico alle libertà di qualsiasi genere procurò dolorose divisioni in quelle famiglie e in quei gruppi sociali che sollecitavano i giovani ad avere i piedi per terra; ma, si sa, con la droga ideologica è difficile combattere e spuntarla così come con la droga chimica o di altro genere. Il cosiddetto fondamentalismo è proprio delle culture che vogliono imporre la loro visione delle cose immanenti e trascendenti … si veda oggi il “fondamentalismo religioso” o il “fondamentalismo economico-finanziario” ma anche il “fondamentalismo multimediatico” che porta ad abusi spesso fatali.
Quelle che potremmo definire “le droghe americane” dell’immediato dopoguerra (cinema, musica, atteggiamenti culturali e altri miti vissuti acriticamente) si sono evolute, con i decenni, nelle droghe comunemente dette (chimico-vegetali di vario genere ad effetto stupefacente che creano forti dipendenze tossiche a numerosi livelli e negatività). Adesso possono essere considerate “droghe” (specialmente per adolescenti e giovani) pure i nuovi mezzi di comunicazione di massa, principalmente gli “smart-phone” ovvero i telefonini di nuova generazione che, troppo abusati, creano psico-dipendenza e che possono essere assai nocivi, come attesta la cronaca nera e quella di costume. Insomma, i giovani sono sempre stati bersaglio privilegiato e territorio di conquista e di accaparramento di ogni tipo di potere o di cultura. Oggi più che mai è sotto gli occhi di tutti.
In un simile contesto, il giovane Pasquale Piroso non era e non poteva essere dissimile dagli altri coetanei italiani … specialmente di coloro i quali si sentivano dotati di espressività artistica che i nuovi mezzi post-bellici (cinema, musica leggera e settori similari) avrebbero potuto valorizzare. Una consapevolezza non vietata, certo, però calibrata molto male nella misurazione della classe sociale e territoriale di appartenenza, per cui chi abitava nella più estrema periferia delle periferie nazionali (come Badolato e la Calabria) non era consapevole che era già tagliato fuori da ogni possibile pur legittima aspirazione … a meno che non ricorreva a mezzi o ad espedienti non rispondenti alla tradizione pudica e onorata delle famiglie di appartenenza. Il talento, infatti, non è mai stato (da che mondo è mondo e, quindi, nemmeno nel mondo liberale-capitalistico) il primo e sostanziale elemento nella riuscita professionale. Con l’onestà non si fanno veri o grandi progressi!
Infatti, il giovane Pasquale, ragazzo profondamente umile ed onesto, aveva un grande talento naturale per diventare comunque artista, in qualsiasi campo, spinto da una sensibilità e da doti umane tali che avrebbe potuto riuscire in qualsiasi espressione creativa socio-culturale. Ma, dietro questa sua infinita e qualificata voglia espressiva, nel nostro ambiente ancora fin troppo preso con la sopravvivenza più elementare e vitale, non c’era chi avrebbe potuto meglio consigliare ed indirizzare l’arte e il desiderio di riuscire di Pasquale Piroso, così come di tantissimi altri giovani. Tale situazione di deserto artistico-pedagogico-organizzativo era ancora presente negli anni Settanta, quando io stesso ho fatto la bella, promettente ma infruttuosa esperienza del “pop-islam” con il gruppo musicale degli “Euro Universal”. E’ come parlare in mezzo al deserto (così come capitò persino al nostro grande filosofo calabrese Tommaso Campanella e a tanti altri innovatori e genii meridionali).
Infatti, Badolato, la Calabria, il Sud Italia non hanno comunque (ancora adesso nel 2017) enti, strutture e professionisti abilitati a far maturare, collocare e lanciare utilmente in campo nazionale un “vivaio” di giovani promesse in qualsiasi campo socio-professionale, nemmeno nello sport che è la via di più facile accesso per il successo e per l’impiego. Se notiamo bene (pure in campo politico-rappresentativo), in Italia coloro che comandano e decidono veramente sono principalmente elementi del centro-nord. Personalmente, mi resta la convinzione che le classi dirigenti del meridione italiano siano state sempre “pagate” per non far fare veri progressi al loro territorio … tanto è che spesso qualsiasi talento (se vuol realizzarsi) deve andare al centro-nord o addirittura all’estero. E, questa situazione perdura (senza proteste o rivoluzioni) fin dalla conquista del Sud da parte dei Piemontesi e loro alleati, cioè fin dalla mala “Unità d’Italia” (17 marzo 1861).
Le esistenze inutilizzate e le vite rese troppo vane sono uno dei drammi più immensi e dolorosi della nostra Italia a più velocità (imposte e mantenute tali da oltre 150 anni). Non voglio aprire proprio qui la persistente vertenza “coloniale” che ha reso in modo sistematico e duraturo il Sud (ex Regno di Napoli o delle Due Sicilie) subalterno al centro-nord, appunto con l’Unità d’Italia del 1860-61 … però non fa davvero male tenere presente pure tale condizionante dato storico-sociologico quando si parla di regioni meridionali le quali (pur ritenute semi-sviluppate a macchia di leopardo) restano quasi totalmente devitalizzate ed insignificanti dal potere centrale … proprio per la “doppia colonizzazione” che stiamo attualmente subendo (quella lunga del nord Italia e quella recente angloamericana). Doppia colonizzazione, doppia arretratezza. Nessuna speranza!
Quindi, Pasquale Piroso riassume in sé tutte queste problematiche. Se avessimo avuto un’Italia migliore (e veramente più democratica e disposta a riconoscere il vero talento ovunque si manifesti in tutto il territorio nazionale), un Sud migliore, una Badolato migliore … sicuramente Pasquale Piroso ed altri giovani talentuosi avrebbero avuto un destino più consono ed adeguato alle loro possibilità effettive. Invece, il destino di Pasquale Piroso (come giovane prototipo del Sud Italia negli “Anni americani”) è stato condizionato non dalla povertà economica dei tempi bensì dalla povertà socio-culturale e da inesistenti strutture e infrastrutture di sostegno e valorizzazione sociale quali ancora, purtroppo, non abbiamo nel nostro Meridione. Specialmente per i giovani!
L’Italia, pure per questa immane e micidiale omissione, dovrebbe chiedere scusa a Pasquale Piroso e a tutti quei giovani che non hanno potuto realizzarsi, così come dovrebbe chiedere scusa a tutti coloro che ancora oggi devono abbandonare la propria famiglia e la propria comunità per arricchire di idee, di lavoro e di economia i Paesi più potenti ed attrattivi. Questa è la realtà sociale di milioni di Pasquale Piroso che dal 1945 in poi hanno dovuto rinunciare ad arricchire di idee, di lavoro e di economia il proprio territorio, che rimane sempre più povero e desertificato con il rischio di non significare più nulla nel contesto nazionale ed internazionale (veramente una triste “espressione geografica”!), mentre invece, storicamente, ha dato al Mondo e all’Umanità i principi basilari della scienza e dell’esistenza.
Pasquale Piroso di Badolato (classe 1946) è stato, a modo suo, un significativo innovatore ed un rivoluzionario. Personalmente l’ho sempre ritenuto un “genio incompreso” poiché (se ben aiutato o indirizzato o sostenuto) avrebbe potuto esprimersi veramente in grandi cose (specialmente a livello artistico-culturale). Adesso, speriamo che ci sia qualcuno che sappia valorizzarne adeguatamente la figura, in particolare il suo profilo umano più intimo e spirituale. So che stava scrivendo un romanzo e che vergava in modo assai interessante molti suoi diari esistenziali. Inoltre, ha conservato vari epistolari che potrebbero dare alcune coordinate sulle sue amicizie e su vari episodi e tappe della sua vita. Dovrebbe avere, altresì, una preziosa galleria fotografica che potrebbe descrivere, meglio e più delle parole (anche sociologicamente), le sue varie età e situazioni.
In particolare, Pasquale aveva un grande talento per fare l’attore vero, pure per la sua quasi perfetta somiglianza fisico-espressiva con un grande attore professionista coevo quale è stato Tomas Milian, morto (guarda caso) il 22 marzo 2017 in Florida (USA), quaranta giorni dopo Pasquale Piroso, a 84 anni (essendo nato a Cuba il 3 marzo 1933). Ne avrebbe potuto fare benissimo almeno la controfigura!… Pasquale, per tale somiglianza, veniva spesso chiamato (con stima e simpatia) proprio “Tomas Milian” da amici e conoscenti, quasi fosse un suo secondo nome, una sua seconda identità sociale. Sicuramente era un significativo riconoscimento popolare ed uno sperticato apprezzamento alla sua vocazione artistica, sensibile ed espressiva.
Fossi stato più giovane e più presente in Badolato Marina, avrei potuto aiutare almeno editorialmente Pasquale così come ho aiutato ad esprimersi tante altre persone (ad esempio, la badolatese Rosa Gallelli, cui ho pubblicato a mie spese il romanzo “Spiragli da una bocca di lupo” nel giugno 1992, oppure nel 1995 il giovanissimo poeta Tonino Trapaglia “faro” di Belmonte del Sannio). Purtroppo anche io non sono stato ben compreso e valorizzato dalla mia comunità di appartenenza, quella Badolato che (nonostante i miei considerevoli meriti) mi ha mandato in esilio e tutte le tantissime cose che ho fatto per la terra che mi ha accolto avrei potuto fare per la mia gente e il mio territorio. Ma, i paesi (specie quelli del Sud) affogano spesso nel loro stesso orgoglio, nell’irriconoscenza, nell’autolesionismo che li porta allo spopolamento e a quell’autodistruzione che non è soltanto frutto del capitalismo o di altre colonizzazioni, ma principalmente è dovuto a colpe proprie … tanto è che ho concluso la mia tesi di laurea su Badolato con il “Suicidio del Sud”.
Detto questo, vorrei concludere con la mia percezione e conoscenza diretta di Pasquale Piroso. Essendoci stata molta amicizia tra le nostre famiglie, Pasquale ed io ci siamo conosciuti da ragazzini. E già da allora, nella sua prima adolescenza, Pasquale si mostrava assai curioso verso la natura e la società. Non ci siamo frequentati in modo assiduo, ma abitando nello stesso paese abbiamo sempre avuto tante occasioni di intrattenerci a dialogare su temi di comune interesse. Sicuramente, Pasquale è stato uno dei più sensibili amici tra quelli avuti finora e addirittura tra tutte le persone che ho conosciuto in tutta la mia vita. Mi voleva un bene davvero fraterno e mi considerava grande amico soprattutto perché (mi diceva) ero stato uno dei pochi a vedere dentro la sua anima che Egli considerava la sua parte migliore e più vera. E questo lo consolava e lo ripagava di tante incomprensioni (vere o presunte) che lo costringevano a coltivare sempre di più il suo mondo interiore, non avendo la possibilità di renderlo sociale nell’espressione artistica.
Infatti, forte personalità ed idee chiare, immensa sensibilità e marcato stile, inusuale raffinatezza e profonda introspezione, accesa intelligenza affettiva e comunicativa, innato carisma e sofisticata seduzione … sono state sicuramente queste le sue doti più spiccate e probabilmente proprio per questo era e si considerava un solitario ed uno “spirito libero”. Aveva bisogno di spazi propri in cui riflettere, agire, esprimersi. Le sue giornate erano intense, anche quando sembrava sfaccendato o in evidente relax. Era il suo cervello e il suo cuore che lavoravano tenacemente ed alacremente. Uno dei suoi incessanti lavorii mentali è stato quello della “ricerca del sacro” poiché era assai predisposto ad una personale percezione dell’assoluto o dell’aldilà (essendo fondamentalmente onesto e puro, semplice ed altruista come pochi).
Al netto dei suoi difetti pochi o tanti che erano variamente percepiti, rimarcati o rimproverati (chi non ne ha, più o meno?!?!), era così buono d’animo da sembrare ed essere fragile, introverso ed indifeso di fronte alle troppe malvagità del mondo, che egli ha sofferto sulla propria pelle, molto amaramente ma anche assai silenziosamente, umilmente, pazientemente, coraggiosamente e saggiamente. Si può dire, in termini popolani, che Pasquale è stato, nella sua esistenza, assai “sfortunato”. Pochi avrebbero retto (pure psicologicamente) alle sue tante vicissitudini. Da ciò alcune situazioni di chiusura sociale che manifestava a volte, più per difendersi che per vocazione, la quale, al contrario, lo faceva amico di tutti e tanto amante della vita. E soprattutto della dignità! Avessimo tutti la dignità di vivere che ha dimostrato, nonostante troppe batoste, il caro Pasquale!
Nato in una famiglia appartenente ai “Testimoni di Geova” (il padre ne era stato il primo aderente in Badolato già negli anni Trenta), Pasquale è stato attento pure alle proposte cattoliche e sicuramente anche ad altre fedi e religioni, poiché studiava molto questi ed altri temi esistenziali. Ma, alla fine è morto da vero laico (quale in fondo è sempre stato, proprio perché “spirito libero” ed indipendente da ogni ideologia, anche politica). Infatti, ha avuto un funerale tutto laico, come aveva desiderato (è stato salutato assai semplicemente ed intimamente, a nome di tutti, da due comuni amici di diverse generazioni, direttamente al cimitero, prima di essere sepolto). Pure io penso (per ciò che l’ho potuto conoscere nei nostri dialoghi) ch’Egli sia nato, vissuto e morto da laico, mentre le parentesi di ricerca religiosa Gli erano congeniali per capire se stesso e il mondo.
Alcuni lo consideravano una specie di solitario “hippy” … cioè uno dei cosiddetti “figli dei fiori” (una corrente culturale e comportamentale non soltanto giovanile nata negli Stati Uniti d’America negli anni Sessanta e diffusasi in tante parti del mondo) … ma Pasquale rifiutava le etichette, proprio perché si considerava slegato da tutti e da tutto, volendo esprimere un atteggiamento tutto suo … pur nei limiti di un ambiente e di una cultura sociale che, mi ripeteva, Gli andavano stretti (e non poteva essere diversamente), ma si adeguava, umilmente e silenziosamente, proprio per l’innato senso del “rispetto” verso tutti e tutto. Non a caso Egli apparteneva, tra l’altro, ad una generazione assai educata, corretta e rispettosa (anzi, molto ben ossequiosa) che dava ancora del “Voi” persino ai propri genitori. Mentre ho potuto avere lunga conferma che era un amico assai leale, puntuale, affettuoso e straordinariamente generoso. Amava donare senza voler essere ricambiato (sembrava essere nato per dare, sentendosi fortemente a disagio nel ricevere) e questo è il dato più distintivo delle persone troppo buone e semplici, candide ed oneste.
Personalmente penso che io abbia capito abbastanza il suo carattere e la sua personalità per poter affermare che Pasquale (ripeto, al netto dei difetti che ognuno di noi ha, in più o in meno) avrebbe potuto eccellere in qualsiasi campo professionale o vocazionale se Gli fossero state date le più adeguate opportunità, se fosse stato aiutato. Tuttavia, essendo pure un carattere “esistenzialista” (possiamo dire, in modo molto lato), mi è sembrato che a volte accettasse le sue tante vicissitudini in modo fatalistico, ma sempre ed in ogni caso con innato senso della dignità, della sopportazione più umile e lungimirante. Ho motivo di credere che persino il matrimonio (che Gli ha dato non uno ma ben quattro figli) sia stato da lui affrontato come alternativa alla libertà cui aspirava ma che non poteva avere e, quindi, tanto valeva formarsi una famiglia. Ma Pasquale (come tanti altri che si considerano “spiriti liberi” e permanentemente alla ricerca di qualcosa di straordinario che non permette di avere legàmi) non avrebbe dovuto né sposarsi né avere figli. Infatti (malgrado se stesso e malgrado un indiscutibile amore filiale, fraterno e paterno) non è riuscito ad essere “presente” né con i figli né con la sua famiglia genitoriale. In lui la libertà era più forte dell’amore!
Come spesso capita a chi, come Lui, ha una predisposizione alla più spiccata e libera “autonomia” (che può voler dire pure “solitudine” o “vita riservatissima”) … non sono consigliabili i legàmi di qualsiasi genere, figuriamoci quelli matrimoniali e paterni che (in teoria) dovrebbero tener legati quotidianamente per tutta una vita!… Tuttavia (quando si procrea e si genera … “sangue del nostro sangue”) qualcosa, alla fine (pur tra tante sofferenze ed incomprensioni varie) resta. Resta almeno una qualche “eredità”! Tutti lasciamo una nostra personale eredità, volenti o nolenti! Per Pasquale lo conferma la seguente “dichiarazione d’amore” del figlio Francesco (42 anni), con cui vorrei concludere questa lettera in onore e a ricordo di uno dei miei più cari amici fin dall’infanzia.
Scrive adesso Francesco al Padre defunto: “Di te ho ereditato tanto … i tuoi capelli, i tuoi occhi, le tue movenze … Ma anche il tuo approccio al mondo … L’amore per le donne, la natura, gli animali … Ho ereditato lo spirito e l’intelletto … il tuo esprimere … il tuo essere … Sei stato un Padre non del tutto presente, ma possiedo gran parte di te … te ne sono grato, e ne vado estremamente fiero! Ciao Papà …”
Caro Tito, assieme a Francesco e ad altri familiari, sto cercando di preparare un opuscolo (come e-book) in ricordo di Pasquale Piroso (1946) da distribuire (appena sarà pronto) a parenti, amici e compaesani. Ho già altre testimonianze di affetto, come i recentissimi scritti delle sorelle Vittoria e Maria. Appena pronto, ti darò notizia dell’opuscolo (come e-book o cartaceo), e chissà che non lo passano apprezzare pure i nostri più affezionati lettori!… Grazie, davvero! Cordialità!
Domenico Lanciano
Mare di Vasto (Abruzzo), giovedì 30 marzo 2017 ore 16,26