Luigi Mancini autista Gissana 1923Caro Tito, quasi due anni fa proprio su www.costajonicaweb.it (il 09 ottobre 2014 con la lettera n. 84) ho fatto un saluto a tutti i pendolari che, ogni giorno, da casa usano vari mezzi di trasporto pubblici e privati (auto, moto, treni, bus, aerei, traghetti, ecc.) per raggiungere il proprio posto di lavoro. Questa volta voglio salutare coloro che conducono i mezzi di trasporto pubblico. E’ un modo, pure per me, per rendere riconoscenza e gratitudine ad una categoria che si sacrifica molto ed ha grosse responsabilità specialmente verso le persone trasportate e i loro destini. Anche io per tanti anni sono stato un pendolare per studio, per lavoro e per magìa di vita. Questa volta voglio rendere tale saluto augurale, riconoscente e grato, presentandoti una mitica figura di autista di autobus, appartenente alla zona di confine tra Abruzzo e Molise dove abito e dove ho le mie dimensioni personali, familiari e sociali. Un simbolo che valga per tutti. Si tratta di Luigi Mancini (nato a Gissi l’11 aprile 1902 e morto a Vasto il 09 gennaio 1989 nella medesima provincia di Chieti).

Luigi Mancini  da pensionato - autista CerellaLuigi Mancini, abruzzese verace, ha fatto il servizio militare a Palermo nella tua Sicilia, dove ha preso la patente per la conduzione di camion e altri mezzi pesanti. Tornato a casa, venne assunto dalla società di autobus “Gissana” cioè della città di Gissi, nota poi per essere stato luogo di nascita e di comando del potente ma assai operoso e sedici volte ministro democristiano Remo Gaspari (Gissi 1921-2011) detto popolarmente “zio Remo”. Siamo ai primi anni 20 del ventesimo secolo e, come si può vedere dalle foto, gli autobus sembravano dei camion adattati per il trasporto passeggeri, senza ancora uno stile proprio. Per tanti anni, Mancini fu utilizzato per la linea di collegamento tra i più grossi centri abitati di allora nel comprensorio Trigno-Sinello che va dal mare fino a quasi 1400 metri: da Vasto (sulla costa meridionale abruzzese) verso le zone montane di Castiglione Messer Marino, passando per numerosi paesini collinari, fino ad Agnone che allora, assai popolosa e attiva (“la più arguta e desta città del Molise” come la definì il celebre candidato al Premio Nobel Francesco D’Ovidio, ovvero città d’arte e Atene del Sannio), faceva parte della provincia di Campobasso, mentre dal 1970 appartiene a quella di Isernia e dal 1963 alla regione Molise (allora Abruzzo e Molise costituivano un’unica regione, come ancora dovrebbero ricordare gli anzianotti come me). Un percorso giornaliero di oltre 200 km andata e ritorno, ricco di pericolosi tornanti, salite e discese ripide su strade strette e in gran parte sterrate, senza asfalto e senza difese. Partenza assai prima dell’alba e ritorno molto dopo il tramonto. Altri tempi! Altri temerari! Altri “eroi”!

Luigi Mancini - autista da giovaneLuigi Mancini era un bel giovane, alto quasi un metro e novanta, un gigante buono. Infatti, ancora oggi qualche anziano lo ricorda come sempre disponibile e generoso, un vero amico e gentiluomo. Infatti, ad Agnone (città dove risiedo) ci sono ancora gli eredi del commerciante di generi alimentari Ginetto Di Ciero, con cui Mancini aveva più confidenza ed amicizia, tanto è che Bruno, figlio di Ginetto, e Alberto, figlio di Luigi, coetanei, hanno trascorso vicendevolmente vari periodi di vacanze estive insieme, alternandosi tra Vasto (mare) e Agnone (montagna).

Luigi Mancini, nel dopoguerra, passò alla società di autobus “Cerella” che, esistente ancora adesso, ha assicurato tra tante altre le tratte stradali Vasto-Agnone-Napoli (250 km) e Vasto-Agnone-Roma (350 km). Pure io dal 1981 al 1988 ho usufruito di tali collegamenti, provenendo dalla Calabria o dalla Capitale verso Agnone. Ho conosciuto diversi autisti, tutti gentilissimi e con alcuni assai audaci nella precarietà, come gli agnonesi Michele Giaccio (nato nel 1941) e Emidio Di Pasquo (nato nel 1946), ho ancora adesso un ottimo rispetto di amicizia e stima e spesso, nonostante siano trascorsi tanti anni, ci invitiamo reciprocamente il caffè al bar, facendo sempre quattro buone chiacchiere. Mancini ha sempre curato il collegamento Vasto-Agnone-Napoli andata e ritorno nel medesimo giorno (dalle ore 5 fino alle ore 20, se tutto andava bene per via di colossali nevicate e proibitive bufere o guasti meccanici irrisolvibili al momento). Una vera sfacchinata ed un grosso impegno, pure perché a quei tempi (che potremmo definire pioneristici ed epici, senza contratto sindacale e con mezzi antiquati) l’autista di un autobus doveva badare pure alla funzionalità e alla dignità del mezzo di trasporto e, quindi, doveva essere pure un bravo meccanico, per rendere pienamente operativo ed efficiente il proprio mezzo ed il proprio prezioso lavoro. Però, tutto ciò non avrebbe potuto avvenire nel migliore dei modi se Luigi Mancini non avesse avuto come moglie una donna meravigliosa e comprensiva, Maddalena Caprio, insegnante elementare, nata a San Severo (Foggia) il 04 settembre 1901.

Luigi Mancini  e due donne BUS GISSANA - anni trentaE con questo lavoro e con la insostituibile collaborazione della moglie, Luigi Mancini è riuscito a far laureare i suoi tre figli: Maria Luisa (nata nel 1938), docente di francese, Alberto (1939) dottore in chimica-industriale e Liliana (1942) docente di educazione fisica nelle scuole. Adesso, ovviamente, sono tutti e tre in pensione: Alberto vive a Milano con la magnifica moglie Cinzia Aguzzi e due splendidi figli e le sorelle abitano a Vasto con le loro rispettive belle famiglie. Un particolare legato alla nostra terra di Calabria: Alberto Mancini, che è stato a capo di stabilimenti e di uffici in tutto il mondo, ha diretto lo stabilimento ENI (ex Montedison) di Cirò (Crotone) per due anni (dal 1998 al 2000). Ne porta buoni ricordi e amicizie ancora attive. Ogni volta che ci vediamo (siamo vicini di ombrellone al mare di Vasto) mi racconta sempre nuovi particolari della sua utile esperienza calabrese. E noto, con piacere, che ha amato tanto la nostra Calabria.

Luigi Mancini, il protagonista di questa lettera come simbolo di tutti i piloti di mezzi pubblici (specialmente dei pendolari), restò a fare l’autista con gli autobus Cerella fino al 1955. Nel 1959 decise, assieme alla moglie, di trasferire tutta la famiglia a Bologna per far studiare i tre figli all’università. Ci rimase fino al 1966 quando, assolto brillantemente al compito genitoriale, tornò definitivamente a Vasto dove ha trascorso una serena anzianità e vecchiaia nell’affetto familiare e specialmente molto amato dai nipoti. Pure mio padre, proprio negli stessi anni Cinquanta, avrebbe voluto trasferire la famiglia a Bologna (dalla più lontana Calabria) proprio per far studiare più comodamente i numerosi figli, per emancipare maggiormente la famiglia e per la complessiva migliore qualità della vita di tale città (come ho scritto alle pagine 142-144 del secondo volume del “Libro-Monumento per i miei Genitori” edito nel 2007).

esempio di BUS LEONCINO OM anni 50Altre curiosità. In Agnone del Molise (zona montana disagiata), Luigi Mancini, all’occorrenza (per motivi di servizio, di grosse nevicate o di gravi disguidi che ne impedivano la circolazione) dormiva all’Albergo Italia (www.albergoitalia-agnone.com) che ancora esiste ed è assai utile per ogni tipo di lavoratore. Lo utilizza pure uno dei miei migliori amici, Raffaele Zompa, centralinista del locale Ospedale Caracciolo, che per esigenze di turni di servizio non può fare il pendolare per la sua Vairano Scalo (80 km circa). Purtroppo, dopo oltre un secolo di vita, tale ormai storico Albergo Italia (situato proprio sulla centrale Piazza Unità d’Italia ex 20 settembre, stazione degli autobus di linea e di vacanze) si avvia alla chiusura ma speriamo che possa soltanto cambiare gestione e migliorarsi. I bambini del vicino paese di Castiglione Messer Marino, dagli anni 20 agli anni 50, giocavano a fare “Mancini” ovvero l’autista dell’autobus, mestiere che allora era riservato a uomini speciali, mitici, “eroi” da imitare e addirittura agognati dalle ragazze da marito. Infatti, le cronache di quei decenni ci dicono che nei sogni delle ragazze c’era proprio il matrimonio prevalentemente con autisti di autobus e macchinisti di treni. Erano come i piloti d’aereo dei nostri anni sessanta-settanta-ottanta (mentre adesso l’oggetto del desiderio è assai più variegato). Luigi Mancini era così puntuale che segnava il tempo lungo il suo percorso e parecchi ricontrollavano gli orologi proprio con il suo passaggio.

autobus cerella oggiSpero tanto che i tre figli di Luigi Mancini, i loro nipoti e gli altri più stretti familiari (nuora e generi), che tanto gli hanno voluto bene, uniscano le forze (specialmente ricordi personali e documenti descrittivi) per farne un libro o almeno un opuscolo che renda onore, merito e “vita storica” a questo pioniere del trasporto pubblico (pendolare, in particolare) in questa parte del Sud Italia ancora così tanto difficile quanto meravigliosa e degna di essere raccontata alle presenti e alle future generazioni. Intanto, l’ammiraglio Giandomenico Lombardi di Castiglione Messer Marino (Chieti) alla pagina 14 del suo libro (stampato nel luglio 2012 a Roma presso la Tipografia Rotografica di Restino Rodolfo, Via Tiburtina 846) “Una vita ordinaria ma non tanto normale” così ricorda l’autista Luigi Mancini: “Arrivammo a Vasto una mattina di ottobre avanzato, dopo un viaggio con la corriera, a dir poco disastroso. L’autista della corriera, a noi ragazzi, era già noto per le innumerevoli volte che ci aveva ripreso quando, più piccoli, ci attaccavamo alla scaletta sulla salita della pineta, alla ripartenza da Castiglione ad Agnone. Era un uomo alto, robusto, fisico eretto, quasi un corazziere, di carattere mite e di indole buona, molto paziente con i passeggeri; infondeva sicurezza e tranquillità a tutti. La corriera era affollatissima con gente in piedi e piena di bagagli di tutti i tipi; e lui, alle rimostranze dei passeggeri, non perdeva mai la calma. Non vi dico gli odori che emanavano le persone e le cose, considerato anche che molti di loro, per effetto della strada abbastanza disastrata, non asfaltata e piena di curve, davano di stomaco”.

Giusto per dare un altro cenno storico, è utile dire che la ditta di autoservizi Cerella aveva tanto di quel lavoro tra queste montagne che ha pensato bene di edificare in Agnone del Molise (alla via Aquilonia numeri civici dal 22 al 30) una bella struttura a tre piani consistente in più appartamenti per la sosta anche notturna del personale viaggiante e per gli uffici dell’agenzia altomolisana nonché in quattro “garages” per gli autobus con annessa piccola officina. Piano piano, però, con la diminuzione demografica e l’aumento della motorizzazione privata, il lavoro è diminuito fortemente … tanto che la ditta Cerella già negli anni ottanta aveva affittato gran parte dell’immobile come sede della Polizia Stradale, riservando per sé qualche locale dove ricoverare autobus di passaggio. Adesso, Cerella è quasi sparita da Agnone e tale palazzo è inutilizzato.

Caro Tito,

autobus cerella in servizio montano - oggiti dicevo che pure io sono stato pendolare per parecchi anni. Nel ringraziare ancora adesso tutti coloro che mi hanno permesso di viaggiare con sicurezza e puntualità, voglio qui ricordare una figura mitica di autista di Badolato, mio paese natìo, Francesco Trovato (detto Cicciu o Franciscu), di chiare origini siciliane. Non tutti sanno che fino al settembre 1966 due possibilità di collegamento pubblico soltanto aveva Badolato con Soverato (capoluogo di comprensorio) e con Catanzaro (capoluogo di provincia e di regione); ed erano quelle assicurate dai treni oppure dall’autobus Montepaone di Guardavalle che passava da Santa Caterina Superiore e da Badolato Superiore per poi scendere a fare tutto il litorale proprio a cominciare da Badolato Marina. I primi anni sessanta hanno visto il “boom” delle iscrizioni di tanti giovani dei nostri paesi alle scuole superiori di Soverato, raggiunta tramite treni, i cui orari però non coincidevano con quelli dell’entrata e dell’uscita dalle scuole. Per tale motivo nasceva l’esigenza di collegare Soverato con appositi autobus per studenti che, con orari più adeguati e finalizzati, non facessero perdere tempo o non portassero a spiacevoli disguidi con le scuole. Così ogni paese cercò di attrezzarsi di un proprio autobus. Badolato fu probabilmente il primo di questi paesi della nostra costa jonica (tra Santa Caterina a Davoli) ad utilizzare un autobus esclusivamente riservato agli studenti. Ci pensò la ditta Bressi che aveva il monopolio del collegamento pubblico di linea Badolato – Badolato Marina (km. 6) e viceversa.

Adesso, la tratta è super-collegata, ma, come si sa, gli inizi sono sempre assai difficili e pioneristici e storicamente il primo autobus Badolato-Soverato (km. 19, ma da Badolato Marina 13), guidato proprio da Francesco Trovato, cominciò il primo ottobre 1966 con appena sei studenti. E siccome la concessione data ad Andrea Bressi, titolare della ditta di autoservizi dopo la morte del padre Raffaele, era riservata soltanto a studenti (non per altri passeggeri) e per tutto il primo anno di servizio tale autobus ha trasportato (sicuramente in perdita dal punto di vista economico) soltanto 6 studenti. Infatti, da Badolato Superiore viaggiavano tre donne (ricordo ancora Franca Gallelli e Pina Paparo) e tre uomini da Badolato Marina (tra cui io e Domenico Rovito, oggi dentista a Soverato). Francesco Trovato, personaggio di grande mitezza e bontà, si è dimostrato sempre assai paziente e disponibile con noi adolescenti un po’ troppo esuberanti. Nel 1966 era già piuttosto anziano e si vedeva che ogni giorno faceva maggiore fatica a continuare questo lavoro troppo impegnativo sotto tutti i punti di vista. Lo voglio ricordare con grande affetto e riconoscenza. Giusto per la cronaca: figlia di Francesco è quella Rina Trovato (nata in Badolato il 18 gennaio 1937) la quale, assieme a Carmelina Amato (1926-2002), in gioventù è stata storicamente una delle donne comuniste più attive in Calabria, con incarichi nazionali pure nell’U.D.I. (unione donne italiane). Rina Trovato è stata moglie del due volte indimenticabile sindaco di Badolato, Antonio Larocca (deceduto prematuramente nel 1976) anch’egli elemento di punta del Partito Comunista Italiano in Calabria.

Caro Tito,

pendolari autobusricordando, attraverso le mitiche figure di Luigi Mancini e di Francesco Trovato, i conduttori-pionieri del pendolarismo pubblico (urbano e territoriale), voglio rendere onore con questa lettera a tutti coloro che ieri, oggi e domani si prendono cura dei pendolari di cui condividono la vita quotidiana, i sacrifici e le speranze. Adesso ci sono pure i conducenti di autobus a lunga percorrenza internazionale che collegano, in particolare, le lontane città di emigrazione. Un aspetto voglio qui evidenziare: i conducenti di mezzi per pendolari (urbani, interregionali o internazionali), nel corso dei decenni del loro lavoro, vedono passare e crescere sotto i loro occhi diverse generazioni, assistono e partecipano a innumerevoli situazioni esistenziali (individuali, familiari e sociali). Svolgono, pure per questo, un compito prezioso per il territorio.

E proprio a motivo di ciò, di questa particolare umanità sociale, la mia associazione “Università delle Generazioni” ha organizzato in Agnone del Molise il 19 febbraio 1995 una lezione di vita vissuta, un “travaso”, attraverso l’esperienza diretta e personale di Enzo Di Schiavi, autista di pendolari della ditta “La Rivera” sulla tratta quotidiana feriale Agnone-Campobasso (160 km andata e ritorno). Ovviamente, tale conferenza è stata tenuta dentro al suo autobus e proprio sul luogo da dove ogni mattina partiva alle ore 6,00 e ogni pomeriggio arrivava alle ore 17,00 la sua “corriera” che attraversava contrade rurali e piccoli paesi montani e collinari. Tale conferenza destò curiosità mediatica e (oltre a quotidiani cartacei) fu trattata dal Telegiornale regionale molisano di Rai Tre, che poi l’ha diffusa in tutto il mondo tramite i programmi esteri di Rai International. Ne abbiamo avuto riscontro pure da emigrati agnonesi in America.

Purtroppo, quella dei conduttori di mezzi passeggeri e pendolari è una categoria che non ha attratto finora adeguatamente (a parte Caronte e altre figure di “passatori” e traghettatori, ma non di pendolari veri e propri) l’attenzione del cinema e della letteratura, eppure ha un mondo assai ricco da esprimere e da raccontare. La loro presenza nelle trame letterarie e cinematografiche o televisive è troppo marginale e non c’è (che io sappia) un romanzo, una serie TV o un film degno di questo nome che abbia mai trattato degnamente e messo al centro della narrazione sociale come protagonista un conduttore di autobus, treni, aerei, navi o altri mezzi pubblici pendolari. In Italia, a livello nazionale, solitamente ci si accorge dei pendolari soltanto quando le cronache giornalistiche si occupano soprattutto per i disagi patiti, i ritardi e la sporcizia dei treni, le rivolte, gli scioperi, le proteste. E’ senza dubbio una categoria dai grandi sacrifici esistenziali e però piuttosto maltrattata, tanto quanto è paziente e vitale. Ci vorrebbero maggiori e migliori riflettori su tale quotidianità produttiva ed operativa così essenziale a qualsiasi popolo e nazione.

Speriamo che i governi, gli amministratori territoriali e la “cultura” ufficiale si accorgano di questa categoria e la trattino con più rispetto, onore e dignità. Speriamo altresì che pure questa categoria (specialmente se già associata e sindacalizzata) si dia essa stessa da fare per diventare anche protagonista multimediale e pragmatico di un racconto serio, appassionante e descrittivo del significativo valore di questi personaggi che quotidianamente nel mondo condividono la vita di milioni e milioni (forse miliardi) di persone che ogni giorno si spostano da una parte all’altra dei territori, specialmente per lavoro e per dignità di vita. Dei conduttori di automezzi, finora soltanto i tassisti hanno ottenuto la ribalta letteraria e cinematografica. Ma questa dei tassisti è un’altra storia.

Sfogliando le pagine di internet ho notato che in Italia sono tanti i comitati dei pendolari e che c’è già stato qualche raduno a loro dedicato. Se ne potrebbe fare pure una festa annuale. Forse è il caso di convocare in qualche luogo (Sicilia, Calabria, Molise o altrove?) gli “Stati generali dei pendolari italiani ed esteri”. Un luogo che diventi sede (capitale nazionale e/o europea e/o mondiale) permanente di coordinamento (pure socio-sindacale, organizzativo, culturale, ecc.) tra le varie realtà territoriali al fine di avere più peso e per essere rispettati dai vari vettori e dalle competenti autorità amministrative e governative. I pendolari possono fare “cultura” ed “opinione” per il loro numero e per la loro importanza (ho sempre pensato che sono i globuli rossi del sistema vitale di un corpo-nazione). Ma potrebbero pure fare “politica” (nel più alto significato del termine) ma anche politica elettorale e contrattuale. Agnone del Molise, ad esempio, potrebbe essere una città candidata al ruolo di “capitale dei pendolari”. Però, al momento manca un leader carismatico oppure un gruppo promotore ed animatore. D’assalto.

Infine (come è mia abitudine) avanzo la proposta a istituzioni, ad aziende e ad associazione di esaminare la possibilità di realizzare (auspicabilmente in sinergia) in Sicilia o in Calabria, ad Agnone o a Vasto un “Museo degli autobus” (in onore di uomini e mezzi) che, affiancando il celebre e frequentatissimo Museo ferroviario (www.museopietrarsa.it) di Pietrarsa (Napoli), il suggestivo Museo nazionale dei trasporti di La Spezia (www.museonazionaletrasporti.it) ed altre esperienze simili in Italia, possa contribuire a documentare ed evidenziare la vita personale e sociale specialmente dei pendolari e dei trasporti turistici che compongono un assai significativo aspetto della società italiana (specialmente nelle nostre montagne) da oltre un secolo.

Grazie per l’attenzione, caro Tito, alla prossima e tanta cordialità!

Domenico Lanciano (sabato mattina 03 settembre 2016 al mare di Vasto)

 

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