nino ricci scrittore italo-canadeseCaro Tito, il mio animo e la mia coscienza si ribellano a tutte queste morti di migranti dentro e fuori dal mare Mediterraneo ed ogni volta che ascolto dai mass-media tali tragedie ho un moto di rivolta infinita! Ormai sono tali e tante queste morte che sembrano il risultato di una vera e propria guerra, anche se formalmente non è stata dichiarata da alcuno. Ma resta una guerra subdola e perfida scagliata contro i poveri, i disperati, i perseguitati, le famiglie umili!… Ognuno di noi ha una parte di responsabilità nominale in questa come in tanti massacri evitabili con un po’ di buona volontà e di lungimiranza. Essendo titolari delle grandi decisioni sociali, i governi internazionali (e in particolar modo quelli europei e l’Europa nel suo insieme) resteranno colpevoli davanti alla Storia e alla Memoria. Possibile che non ci fosse e non ci sia altro miglior modo per gestire tali migrazioni, evitando tutto questo immane strazio???….

where she has gone - copertina terzo libro trilogia nino ricciStoria e Memoria, dunque!… come la Storia dell’Umanità ci dimostra ampiamente, ogni grande fenomeno epocale o di massa ha prodotto i suoi “incisori di memoria”, i suoi cantori, i suoi scrittori … coloro, cioè, che sentono il dovere e la responsabilità di dare memoria e tradizione, attraverso la scrittura narrativa (letteraria, fotografica, fono-videografica, musicale, artistica, ecc.) agli eventi che hanno caratterizzato una o più generazioni. Così da sempre è successo con le grandi guerre, le grandi migrazioni, le grandi imprese di pace, gli eroi, le principali tappe o epopee di questa nostra “Umanità in cammino”.

vittorio-de-seta-presenta-al-lido-le-sue-lettere-dal-sahara-75582Ti cito un esempio per tutti riguardo gli scrittori della grandi migrazioni italiane verso le Americhe: Nino Ricci (nella foto). Questi è nato nel 1959 in Leamington (Ontario – Canada) da padre di Poggio Sannita (Alto Molise) e da madre di Villacanale (dove è nata mia moglie) distante appena tre kilometri. Gran parte degli abitanti di entrambi i paesi sono emigrati in massa, nel giro di 20 anni (1945-1965), a Leamington, una bella cittadina sul Lago Erie al confine con gli Stati Uniti di Detroit (città che a quei tempi era la capitale mondiale dell’automobile). Erano quasi tutti contadini o figli di contadini e, quindi, hanno cercato di fare pure lì gli agricoltori, dedicandosi all’attività maggiormente in uso in quella nuova terra, le “green- houses” (case verdi) ovvero la coltivazione di primizie (specialmente pomodori) in serre o “case di vetro”.

sleep nino ricci - anticipo copertina libro 2015La prima generazione ha dovuto comprare “green-houses” già esistenti o i campi su cui impiantare o le “green-houses” ed avviare la produzione e la commercializzazione di ortaggi. In questa fase il governo canadese e le banche locali hanno giocato un ruolo assai utile ed insostituibile (cose impensabili ancora adesso in Italia). E’ stato un lavoro davvero assai duro, quasi massacrante, che ha assorbito giorno e notte due generazioni. Ma i risultati si sono visti subito poiché, nonostante fossero quasi completamente sconosciute le procedure del nuovo genere di agricoltura, questi contadini, abituati a lavorare instancabilmente per quasi niente sulle colline e le montagne altomolisane, hanno constatato che con il medesimo impegno profuso al loro paese di origine, in Canada guadagnavano mille volte di più. E questi sono i parametri reali, come ho potuto constatare personalmente nell’estate 1994 (infatti, adesso sono tutti super-milionari e molti di loro hanno ville da Hollywood).

Incoraggiati dalle soddisfazioni morali e dai guadagni economici (che ben premiavano il troppo impegnativo lavoro), principalmente questi emigrati altomolisani (assieme ad altri emigrati provenienti da altre regioni italiane e da tante altre parti del mondo) in pochi anni hanno fatto diventare Leamington (che oggi conta circa 28 mila abitanti) la capitale canadese del pomodoro, esportato – assieme ad altre primizie di serra – altrove, specialmente negli Stati Uniti. La seconda generazione (nata in parte in Italia, in parte in Canada) ha tutta l’azienda informatizzata, è diventata imprenditoriale a livelli internazionali, nel senso che esporta i prodotti all’estero e non lavora (quasi) più direttamente la terra, ma ha assunto numerosissimi operai provenienti dal centro-sud America (principalmente Messico e Giamaica) trattati molto bene (ho notato io stesso). Anzi, alcuni villacanalesi di Leamington e dintorni hanno aperto altre coltivazioni fuori dai confini canadesi, specialmente in Messico, diventando nei fatti “multinazionali” (anche perché vendono ad agricoltori di altre nazioni le tecnologie perfezionate in tutti questi decenni di esperienza, in collaborazione con l’Università di Chicago).

lives of the saint - primo della trilogia - nino ricciTutta questa epopea degli altomolisani che hanno lasciato in massa la loro terra per Leamington (paese-simbolo e prototipo) ha trovato in Nino Ricci il suo principale cantore, il suo memorabile narratore, attraverso una intensa trilogia che ne racconta le fasi e i passaggi. Nel primo libro (Lives of the Saint – Vita dei Santi – 1990) Ricci evidenzia il distacco doloroso dal paese, la traversata atlantica, l’arrivo nella nuova terra. Nel secondo volume (In a green house – In una casa di vetro, cioè le “serre” – 1993) descrive la nuova vita e il nuovo lavoro. Nella chiusura della trilogia (Where she has gone – Lei se n’è andata” – Il fratello italiano – 1997) emerge il desiderio del ritorno alla terra delle origini familiari e, pure per questo, l’intera trilogia è stata pubblicata in Italia da Fazi Editore in Roma come “La terra del ritorno” (2004) che poi ha dato pure il titolo alla mini-serie televisiva con Sophia Loren, Sabrina Ferilli ed altri importanti attori italiani ed esteri, andata in onda con grande successo da Canale 5 Mediaset nel settembre-ottobre 2004.

lettere dal sahara - manifesto film di vittorio de seta 2004Certamente, questo lungo ed intenso film per la televisione è stato l’esaltazione multi-mediatica, storica ed anche politica dell’epopea altomolisana (e per esteso italiana e dei migranti delle altre nazioni) verso la nuova terra del Canada, delle Americhe nella seconda metà del 20mo secolo. Le traduzioni in tantissime lingue ed i numerosi premi che tale trilogia si è guadagnati fin dalla prima pubblicazione sono la testimonianza più evidente di come e quanto il tema delle migrazioni sia sentito nel mondo. Un tema sempre attuale da millenni, nonostante i diversi luoghi, tempi e chiaro-scuri.

in a glass house - secondo libro della trilogia - nino ricciColgo l’occasione per informarti che Nino Ricci, dopo questa trilogia sulla migrazione romanzata della sua famiglia e del suo popolo di Villacanale “Valle del Sole” (simbolo ed emblema di milioni di famiglie migranti), ha dato alle stampe altri libri, sempre di grande significato antropologico e sociologico. In anteprima, ti anticipo che il prossimo settembre 2015 presenterà ufficialmente “Sleep” la sua più recente fatica letteraria di cui ti evidenzio la copertina per come attualmente disponibile, su indicazione e collaborazione dell’amico Tonino Palomba il quale, già sindaco di Poggio Sannita (paese di origine di papà Virginio Ricci), segue sempre – pure su “facebook” – l’intensa attività dello scrittore italo-canadese che ho più volte incontrato ed intervistato qui in Alto Molise in alcuni dei suoi tanti ritorni, descrivendone giornalisticamente le opere, le manifestazioni ed i successi.

Ho preso a pretesto l’esempio di Nino Ricci, che conosco da vicino e che può essere considerato scrittore-prototipo delle migrazioni, per chiedermi quali e quanti scrittori “si nascondono” tra i tantissimi migranti che attualmente stanno attraversando da 20 e più anni il Mediterraneo e le altre frontiere occidentali, passando per guerre e deserti, prigionie e sfruttamenti schiavistici. Cerco di immaginare come racconteranno il dramma di chi è riuscito ad approdare e le tragedie di chi, morendo, non è riuscito a vedere “la terra promessa”. Penso spesso come racconteranno la nostra tiepida quando non ostile accoglienza e diffidenza (a volte anche razzistica) ma anche i tanti decisivi episodi di solidarietà e di lieto fine. Che Italia, che Europa verrà fuori dalle narrazioni degli scrittori migranti di prima e di seconda generazione?… E ci sarà una città che ne raccoglierà e ne evidenzierà le voci?… Tra i tantissimi “festival” che ingemmano l’Italia e le altre nazioni, ce ne sarà uno che si preoccuperà di curare la memoria umana, storica ed artistica degli attuali migranti?…

copertina ultimo libro di nino ricci - luglio 2015 canada

A riguardo, oltre dieci anni fa, ho scritto alle quattro Regioni di primo approdo e di più immediata accoglienza migranti (Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia) avanzando la proposta di realizzare insieme un “Museo delle migrazioni mediterranee” dove raccogliere tutto ciò che potrà servire per la Storia ed essere utile alle seconde e terze generazioni di questi migranti, ancora meglio di come adesso resta prezioso il museo di “Ellis Island” a New York per l’immigrazione di mezzo mondo negli USA.

Tra tanti altri, Vittorio De Seta, il nostro compianto documentarista e regista calabro-siciliano (nato a Palermo il 15 ottobre 1923, morto a Sellia Marina il 28 novembre 2011), ha voluto trattare (quasi come in un testamento umano ed artistico di amore e di accoglienza verso i migranti) i drammi delle attuali epocali migrazioni afroasiatiche verso l’Europa, specialmente con il film “Lettere dal Sahara” (2004-2016).

nino ricci - scrittore canadese di origini altomolisane

Dell’esperienza di Badolato, nell’accoglienza ai profughi kurdi della nave Ararat del 27 dicembre 1997, ancora non c’è alcuna vera narrazione (per quel che mi è dato sapere). Gerardo Mannello (che allora gestì come sindaco quella memorabile fase) ha raccolto centinaia di video ed articoli pubblicati da TV e giornali italiani ed esteri, ma – pur più volte sollecitato da me – non ha ancora cominciato (che io sappia) a tradurre in racconto scritto quanto ha fatto e vissuto di importante e di significativo allora (ne ha davvero parlato tutto il mondo). Da anni insisto perché pure Daniela Trapasso scriva un libro con una diretta propria testimonianza umana e storica, dal momento che ha avuto l’occasione (o la fortuna?! … forse il privilegio!) di vivere da protagonista gli anni dell’Ararat e quelli seguenti, come responsabile del CIR Calabria (Consiglio italiano per i rifugiati). Daniela ha fatto davvero un ottimo lavoro nel CIR e tre anni fa mi ha mandato le prime pagine di quel libro che, purtroppo (per vari motivi), non porta ancora a termine. Speriamo di poterlo leggere per intero e che possa essere dato alle stampe e diffuso anche, magari, via internet come e-book.

Badolato, insomma, ancora una volta non riesce a fissare nella memoria (con un libro narrativo, fotografico o con altri mezzi duraturi) le epopee che la Storia ha assegnato a questo paese nel corso dei secoli. Dolosa omissione è stata, ad esempio, la narrazione delle epiche lotte contadine prodotte gloriosamente dal popolo di Badolato dal 1944 al 1960 sotto la guida del Partito Comunista. Questi (a livello della sezione locale e della federazione provinciale) e i suoi variegati eredi non hanno finora lasciato alle generazioni (passate, presenti e future) alcuna vera ed organica narrazione né storica, né letteraria, né politica. Restano soltanto numerose foto realizzate dall’allora giovanissimo e “repubblicano” Giocondo Rudi (il cui studio a Soverato è adesso gestito dal figlio Massimo, geloso custode del prezioso archivio paterno), nonché alcuni articoli dell’epoca e la cronaca di qualche commemorazione. Niente di sistematico e veramente fruibile. In verità, mi ero candidato io a raccontare in modo completo ed esauriente quella epopea contadina, ma né il Partito Comunista, né i suoi più diretti eredi, né l’istituzione comunale, né le associazioni culturali mi hanno dato la disponibilità di un pur minimo aiuto operativo.

Non so che fine faranno i documenti che ho raccolto a riguardo, ma voglio qui ufficialmente notificare che sono in possesso di testimonianze cartacee, fotografiche e fonografiche, utili a ricostruire quella importante fase storica, che tanto prestigio può dare non soltanto alla comunità badolatese ma a tutto il movimento dei lavoratori non soltanto italiano, poiché Badolato è riuscito a scrivere una pagina gloriosa ed emblematica. Trovasi, intanto, all’Archivio di Stato di Catanzaro la copia originale della mia tesi di laurea che ha un primo essenziale racconto delle lotte contadine nel contesto delle “Evoluzioni delle caratteristiche socio-economiche di Badolato nel dopoguerra”. E spero di poter donare a qualche ente pubblico pure i cento nastri che contengono la registrazione di oltre trecento interviste a badolatesi che (adesso in gran parte defunti) sono stati protagonisti o diretti testimoni di quelle fasi storiche.

Spero altresì, caro Tito, che le nostre comunità locali e nazionali abbiano più cura di raccogliere, custodire, difendere e valorizzare la cronaca, i documenti e i valori della storia del nostro popolo. Le nuove generazioni iper-tecnologiche hanno pur sempre bisogno di strumenti di conoscenza sulla vita dei loro padri e dei loro nonni, indispensabili per la propria stessa vita dal momento che attraverso i fatti passano anche i valori. E senza valori ci si smarrisce. A volte ci si può smarrire assai pericolosamente, poiché drammi e tragedie personali, sociali e storiche nascono in menti, cuori e animi senza vere radici.Buona memoria a tutti! Cordialità,Domenico Lanciano

Domenico Lanciano Giornalista

(Agnone del Molise, venerdì 07 agosto 2015 ore 18,50)

 

 

 

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