Caro Tito, riguardo alcuni miei rapporti sociali con la Sicilia, ti ho accennato nelle precedenti lettere su Capo Sud (n. 1-7 ottobre-novembre 2012) e “sul contrabbando del sale” (n. 42 del 13 luglio 2013). Adesso ti voglio dire di una mia “Sicilia” più intima e personale, legata a splendidi momenti della mia infanzia… la più vera Sicilia del mio cuore!
“La Sicilia del mio cuore” inizia con la sposina del carabiniere nell’estate 1955, giusto 60 anni fa, quando avevo 5 anni. E’ uno dei più splendidi ricordi della mia vita!… Badolato Marina, Rione Maiolina,Via Giuseppe Pisani 21. Qui, mio zio Mico (Domenico Lanciano, fratello di mio padre) era appena andato ad abitare con la famiglia in uno di quegli appartamentini (tre stanzette, bagnetto e cucinina, circa 70 metri quadrati) costruiti in tutta fretta dallo Stato per chi aveva perso la casa al borgo di Badolato Superiore durante le alluvioni del 1951 e del 1953. Sotto, a piano terra, corrispondente a tale alloggio, c’era un eguale appartamentino il cui proprietario era solito affittarlo a “famiglie di passaggio”.
Nel 1955 la prima “famiglia di passaggio” era quella di un brigadiere dei carabinieri che si era appena sposato. La sua caserma (una normale stazione di paese, sede di pretura, comandata da un maresciallo) era localizzata nel borgo antico (allora ancora assai popolato). Il brigadiere ci andava ovviamente tutte le mattine per tornare a casa quasi sempre nel tardo pomeriggio o a sera. Era quindi costretto a lasciare la giovane moglie da sola, anche se aveva come punto di fidato riferimento e di sicura compagnia principalmente la famiglia di mio zio, in particolare le mie giovanissime cugine Mimma, Caterina e Angelina (quando queste non seguivano i loro genitori nei lavori della campagna). Ma, come accadeva a quei tempi di grande solidarietà rionale, la sposina veniva aiutata e omaggiata da tutto il vicinato (poteva cioè contare su ben 56 famiglie che abitavano quel rione Maiolina, edificato in tempi record da una ditta siciliana da cui aveva preso il nome).
Chiusa la scuola materna per l’inizio dell’estate, ero solito recarmi a casa di questo mio zio (e di un’altra mia zia paterna che abitava ad appena 100 metri di distanza) per giocare con le mie cuginette più o meno della mia stessa età (Angela, ad esempio, era proprio mia coetanea e quindi pure collega di scuola materna, poi anche alle elementari). Dicono che io fossi biondo, magrissimo e piuttosto carino a quella età dei miei cinque anni ed anche assai vispo e gioioso. Probabilmente ho ispirato simpatia alla sposina, la quale mi volle con sé nelle mattinate in cui, nell’attesa del giovane e bel marito, era intenta nelle faccende di casa. Lei era bella in viso, aggraziata nei modi, frizzante di carattere e soprattutto felice come può e deve essere una giovane donna che ama ed è amata come la più bella del mondo, come l’essere più splendido dell’universo. Io sentivo questa felicità contagiosa ed entravo in sintonia con l’armonia di quella casa, di quella giovanissima e promettente famiglia.
In particolare, la simpaticissima sposina gradiva ascoltare sempre musica ed io le mettevo in continuazione dischi su uno dei primissimi “giradischi” o “grammofoni” esistenti in tutta Badolato Marina. E lei cantava. Cantava. Cantava. Romanticamente. Gioiosamente. Spesso, anche all’improvviso, tra una faccenda e l’altra di casa, veniva a quella mia postazione da “disc-jockey” ante-litteram, mi prendeva in braccio e cantando ballava girando a volte vorticosamente fino a farmi ridere a crepapelle. Agile e felice come poche altre donne abbia visto in tutta la mia vita, la sposina mi lanciava in aria e mi riprendeva inducendomi a ridere ridere ridere ma facendomi anche sentire i brividi dell’aria e poi mi riempiva di baci … quasi sicuramente sognando la sua prima maternità, il suo primo figlio. Ovviamente non potevo capire, allora. Chissà se già aveva in grembo il suo primo figlio?!… Forse era in dolce attesa o forse no e, comunque, con me faceva “le prove generali di mamma felice”.
Questa immagine della “mamma felice” mi resta assai lieta ed indelebile. Pure per questo, ho voluto inserire nel libro dell’agnonese Costantino Mastronardi (“Momenti di vita” da me curato ed edito nel 1994) la foto del quadro dipinto ad olio dal badolatese Nicola Caporale (1906-1994) intitolato proprio “Mamma felice” che qui riproduco assieme alla foto del monumento di eguale ispirazione (una mamma felice che lancia in aria il suo bambino), un bronzo di arte recente sito in un paese della provincia di Trento.
Era davvero tutta una felicità quella piccola casa, anche il rientro del marito brigadiere che veniva accolto con grandi abbracci e baci innamoratissimi. Che meraviglia tutto quell’amore! … che magìa!…. Penso di dovere a questa bellissima esperienza dell’estate del 1955 se poi nella vita ho sempre creduto nel grande amore felice, nonostante tutto!… Si sa che, in gran parte, il nostro carattere, i nostri atteggiamenti, le nostre convinzioni e contraddizioni da adulti trovano la loro base proprio nelle esperienze infantili. Penso anche di essere stato assai fortunato a vivere quella magica estate da sogno! … Penso, altresì, che sia un diritto dei figli vivere in un simile clima di sereno amore familiare.
Quando il brigadiere non tornava per pranzo, mangiavo io assieme alla sposina, la quale non mi permetteva più di andare a mangiare a casa dei miei zii, nonostante le mie cugine tentavano di trascinarmi su da loro per non disturbare la moglie di … un’autorità! Non ho mai saputo (o forse non ricordo) i nomi di questa giovane e magica coppia, che resta per me il simbolo della felicità coniugale e di quella solarità davvero siciliana che si esprimeva nei miei confronti con tante coccole e soprattutto con un dialogo lieto e continuo. Dolci siciliani, allegria e carezze materne erano abbondanti per me ed io ero davvero tanto tanto tanto felice. Ma soprattutto ritrovavo con quella sposina l’armonia della mia natìa Kardàra. Mi sentivo il bambino più felice del mondo e quella estate del 1955 mi resta nel cuore, nell’anima e nella mente come la più splendida, in assoluto!
Tutto quell’affetto e quelle attenzioni, quella gioia, quella musica, quei balli, quei girotondi, quella felicità e quell’armonia sono stati il mio “tesoro segreto” e il mio “cibo inesauribile” … un riferimento sentimentale ed ideale cui attingere o fare riferimento negli immancabili giorni tristi della mia vita. Con la sposina ebbi la conferma di quanto sia importante per qualsiasi essere umano l’abbraccio e l’accoglienza anche fisica tra le braccia, i baci e le tenerezze anche e soprattutto al di fuori della propria famiglia (essendo undicesimo e ultimo nato e ottavo figlio vivente, puoi immaginare, quanti abbracci, baci e affettuosità io abbia avuto da genitori, da fratelli e sorelle ma anche da altri familiari e parenti!!!). Mi convinco sempre di più che è questo tipo di amore, nitido e pulito, che potrà salvare il mondo! E devono esserne i bambini (a cominciare dalla famiglia e dalla scuola materna) i primi beneficiari per farli diventare sempre più generazioni migliori.
Poi, a fine estate, la sposina-fatìna andò via con il suo bel brigadiere-cavaliere ed io ripresi a frequentare la scuola materna nel suo terzo ed ultimo anno (meglio predisposto ad affrontare altri otto mesi di mazzate, durante le quali ho spesso sentito la nostalgia di quella mia fatìna). In seguito, un po’ più grandicello, ho immaginato quale e quanta felicità quella giovane sposa avesse potuto dare ai suoi figli. Mi sarebbe piaciuto saperlo, ma non ho mai osato… quasi per pudore, per non disturbare ma forse anche per dover affrontare il rischio dei un eventuale, tremendo disincanto.
Infatti, sono solito cercare, anche a distanza di tanto tempo, le persone che sono state importanti per me o che hanno avuto un particolare significato nella mia vita, specialmente se appartenenti all’infanzia e all’adolescenza … però non ho voluto cercare questa coppia pure per paura che ne potessero risentire negativamente quelle belle immagini che mi porto ancora dentro e, soprattutto, quell’incanto, quella poesia, quello splendore di cui ancora mi nutro. Forse sarebbe stato facile rintracciare il brigadiere tramite la Legione Carabinieri di Catanzaro … ma non l’ho mai voluto fare. Preferivo e preferisco tutt’ora pensare a questa giovane coppia di sposi ancora innamoratissimi come lo erano proprio nel tempo in cui avevano appena coronato il loro dolcissimo sogno d’amore. Questi giovani sposi (e in particolare questa sposa-fatìna) fanno parte di un sogno vero (di un vero e proprio “stato di grazia”!) e come tale lo voglio custodire gelosamente. E’ la prima volta che ne parlo, ma unicamente per rendere omaggio alla Sicilia, terra che amo moltissimo (ovviamente al netto dei purtroppo tantissimi e ricorrenti drammi pubblici e sociali) e per testimoniare che esistono i momenti sublimi e che sono questi, quasi sicuramente, che reggono ancora il mondo (nonostante tanti diffusi massacri).
Personalmente credo nella “teoria della compensazione” secondo cui, solitamente, una sofferenza viene “compensata” da una gioia. La sposa-fatìna era la mia migliore compensazione dopo le sofferenze patite all’asilo (scuola materna). Infatti (come ho avuto modo di evidenziare in alcuni miei libri), una maestrina ci massacrava di botte per indurci a dormire (dopo aver chiuso le imposte delle finestre) sugli stessi banchi dove mangiavamo e giocavamo. Questo trattamento avveniva ogni giorno, però noi bambini ci ribellavamo (a volte persino scappando sulla via di casa) pure perché volevamo giocare anche immediatamente dopo il pranzo ma gli spazi erano troppo ristretti e insufficienti, non affatto idonei essendo i locali dell’asilo quelli di 70 metri quadrati di un appartamentino standard riservato a famiglia alluvionata. Perciò, dopo un anno di vere mazzate su tutto il corpo (spesso violenti ceffoni a due mani sul nostro faccino-sandwich) … avere tutte quelle coccole e quelle beatitudini dalla sposina-fatina era per me come se fossi passato dall’inferno al paradiso! Avendo vissuto la stupenda estate del 1955 mi è stato più agevole affrontare un’altra ma finalmente ultima annata di mazzate all’asilo dopo la quale ebbi un’ulteriore gratificante e bella “compensazione” nella insegnante di prima elementare (era di Soverato) da cui ho avuto quasi le medesime gioie della sposa-fatìna. Infatti, la prima elementare fu un’esperienza splendida sotto tutti i punti di vista! Un enorme salto di qualità!
La vicenda dell’estate 1955 con la sposina è importante anche dal punto di vista sociale, oltre che per me personalmente, ed ha almeno due notevoli significati. Primo perché è stato per me il primo vero affetto extra-familiare (fuori dalla mia famiglia genitoriale e fuori dalla parentela) ed è stato un bene che sia stato così bello, intenso, sincero, pulito, quasi materno o da sorella maggiore. Secondo perché avevo iniziato in modo assai negativo l’ingresso nella società istituzionale frequentando quell’asilo (scuola materna) che, per demerito di almeno la maestrina cattiva, ha riempito di botte me e gli altri bambini per i motivi sopra evidenziati … perciò avere una presenza extra-familiare così dolce come la sposina mi ridava fiducia negli altri, nonostante il trauma infantile della istituzione pubblica di esordio (tuttora ritengo che la mia claustrofobia abbia primissime radici in quel trattamento di finestre chiuse e di botte assai continue e costrittive). Altro valore può essere il fatto che la giovane donna siciliana fosse stata la sposa di un carabiniere (appartenente ad un’altra istituzione di garanzia sociale e civile). Non trascurabile, in questo mio caso, è la solarità siciliana della coppia.
Pure per questo voglio rendere ancora omaggio alla Sicilia più bella, autentica ed esaltante con un’altra piccola-grande storia legata alla mia infanzia, al confine con la pre-adolescenza: Giulia. Si chiamava Giulia la mia fidanzatina della quinta elementare, dolcissima ed affascinante figlia di un operaio di Messina temporaneamente in Badolato Marina per alcuni lavori infrastrutturali con la sua ditta. E abitava (che coincidenza!) proprio quell’appartamentino destinato alle “famiglie di passaggio” di Via Pisani, posto sotto la casa di mio zio Mico, la casa della fatìna. L’innocente innamoramento sbocciò assieme allo sbocciare della primavera del 1961 (quando, tra i banchi di scuola, avevo appena compiuto undici anni) e fu pure baciato ed esaltato dal sole della mitica estate jonica, con tanti bagni fatti insieme nel limpidissimo e vicinissimo mare di Badolato Marina. Poi anche questa famiglia si trasferì in altro paese dove c’era un altro cantiere per il papà ed io per frequentare la scuola media dovevo percorrere quotidianamente con il treno 62 km AR per Catanzaro Lido, dove mi aspettavano altre utili esperienze di crescita. Giulia non è stata il primo amore, però è stata tante cose insieme … l’attraversamento di emozioni sconosciute, dialogo tenero ed affettuosissimo, lo stupore di stare tanto bene insieme (e, quindi, la gioia del tempo vissuto), la saggezza di una piccola-grande donna (aspetto che impreziosisce il valore della sua famiglia operaia come la mia, semplice e meravigliosa), una grande sintonia anche umana e sociale.
A parte questi due episodi ricchi di sentimenti assai belli, porto la Sicilia nel cuore fin dai tempi in cui (a metà degli anni cinquanta) frequentavo, come già sai, lo Stretto per via delle visite che la mia famiglia faceva a quella dello zio paterno Vincenzo il quale, cantoniere ANAS, abitava in Pellegrina, frazione del comune di Bagnara, prospiciente proprio la prima Sicilia per chi viene o guarda dai rilievi o delle riviere della Calabria. Ogni volta andavamo a Messina per acquistare il sale siciliano. Fin da allora ho sempre ritenuto l’area dello Stretto come magica e sicuramente uno dei luoghi più belli del mondo. Forse è l’infanzia che rende magico tutto ciò che vede e tocca… l’infanzia è quasi come il mitico re Creso, poiché tutto ciò che tocca diventa oro (specialmente nella memoria retrospettiva)!… Poi, frequentando la terza media, nel maggio del 1964 una gita scolastica mi portò a Ganzirri, Messina, Catania e Siracusa. Bellissima, importantissima, indimenticabile esperienza!
Nel 1977 ho voluto fare un giro della Sicilia nell’ultima settimana di agosto, con la molto utile “Guida Verde Michelin” sempre in mano. Prima Messina e Taormina, poi sono salito fino al cratere centrale dell’Etna imbiancato anzitempo di neve, quindi Catania, Siracusa, Agrigento e Porto Empedocle, Palermo e Monreale. Emozionante tutto, tutto, tutto e in particolare la casa e la vigna di Pirandello (a quel tempo svettava ancora il grande pino alla cui ombra c’erano le ceneri del Premio Nobel sotto una grande pietra-monumento). Avrebbe dovuto essere soltanto un assaggio per un viaggio futuro più articolato e completo che, purtroppo, non sono riuscito a fare più, per le varie vicissitudini esistenziali. Però, quella settimana del 1977 mi è bastata almeno per rendere la Sicilia ancora di più parte privilegiata del mio cuore e della mia vita.
E gioisco ogni volta che qualcuno esalta la Sicilia, come l’amico veterinario molisano Basilio Scocchèra, il quale quasi ogni anno “scende” nell’agrigentino per visitare amici che non mancano di immergerlo nel cuore dell’isola più bella del mondo. E sono stato assai lieto quando alcuni amici molisani, cui avevo suggerito di non perdersi l’ascesa al cratere dell’Etna per ascoltare il respiro più intenso della terra, mi hanno portato un pezzo di lava del vulcano a testimonianza di una delle più esclusive e suggestive esperienze umane. Altri amici, lo scorso settembre 2014, mi hanno portato da San Vito Lo Capo (Trapani) un grande entusiasmo (anche gastronomico) per quei luoghi e per la “Festa del Couscous” (dove hanno fatto pure parte di una delle giurie popolari). Già scalpitano per la Festa del prossimo settembre.
Ma Sicilia per me significa pure prezioso ed originale nutrimento dell’anima e della mente oltre che del cuore … a cominciare da quei cantastorie che si soffermavano nell’incantarci e commuoverci, negli anni cinquanta (qualcuno pure ad inizio anni sessanta), nei rioni dei nostre marine joniche (ultimi, teneri protagonisti e messaggeri di una cultura antica quanto suggestiva ed emozionante ormai quasi del tutto estinta). E “Sicilia della mia anima e della mia mente” è tutto il nutrimento spirituale che ha mille nomi e cognomi, non ultimo quello del poliedrico artista Renato Fidone di Scicli (Ragusa), vocazionale autore, attore e regista di teatro (e di tanto altro ancora) che non finirò mai di ringraziare per la sua Arte, per la sua Amicizia ed anche perché ha sceneggiato ne “Il filo spezzato” la emblematica e tenerissima storia dell’amore di un giovane prete per “L’amica d’infanzia” scritta (bada bene) nel 1936 da un lungimirante e sempre socialmente lucido ed onesto Nicola Caporale (già citato) che l’aveva pubblicata nella raccolta “Con gli occhi non si vede” nel 1966 da Interlisano editore in Parma. “Il filo spezzato” è stato rappresentato a Palermo tempo fa con successo dai giovani di una parrocchia (altro elemento particolarmente significativo trattandosi del celibato dei preti). Ti amo tanto Sicilia del mio cuore, della mia anima e della mia mente! Buona Sicilia a tutti! Cordialità!
Domenico Lanciano
(Agnone del Molise, ore 10,26 venerdì 24 luglio 2015)