Caro Tito, ognuno di noi (quasi immancabilmente) ha dentro l’anima più intima e personale alcuni valori e talune “presenze” che costituiscono un riferimento costante nella propria vita e, spesso, ispirano sentimenti e comportamenti di tenerezza e di dolcezza. E’ il nostro mondo interiore. E, spesso, il nostro modo di essere. Generalmente riserviamo per noi stessi questo “tesoro”. A volte sentiamo l’esigenza di comunicarlo all’universo-mondo e di condividerlo con chi ha la medesima nostra sensibilità. Così, Nicolina Carnuccio (nata a Badolato il 28 dicembre 1940 e da decenni residente con la propria famiglia in un ridente borgo della pre-Sila crotonese, dove ha fatto l’insegnante elementare) ha voluto parteciparci buona parte del suo mondo interiore, principalmente tramite due preziosi volumetti editi da “Calabria Letteraria” (uno dei marchi editoriali di maggior successo della Rubbettino di Soveria Mannelli CZ).
La prima pubblicazione è del marzo 2003, s’intitola “Quando eravamo bambini io e i miei fratelli” ed è dedicata alla madre. Sono brevissimi ma efficaci racconti, tenue pennellate di colori, di sentimenti e di storie familiari vissute in una casa cantoniera dell’ANAS e nei dintorni sulla strada statale jonica 106 posta davanti alla ferrovia e al mare di Badolato in un tempo, come quello dell’immediato dopoguerra (fine anni quaranta e primi anni cinquanta) quando ancora la campagna dove adesso c’è Badolato Marina era libera dalle case e ancora ben coltivata. Una famiglia numerosa, due genitori (padre cantoniere di quella esile strada nazionale e madre tuttofare), una nonna davvero nonna, amorosa e avvolgente.
La seconda pubblicazione è del novembre 2009, s’intitola “’A parrata ’e mama” (cioè la parlata materna, la lingua di mia madre), dedicata alla compianta sorella maggiore Teresa e alle persone che le hanno voluto bene. Contiene 33 brevissime poesie (nella lingua di Badolato) che ci portano a soffermarci sulla spettacolarità ed intimità della natura (mare, fiorellini, alberi, il sole d’inverno, ecc.), sui più vari e necessari sentimenti e valori umani, sulla quotidianità della vita, sulla malinconia di qualche ricordo speciale, sul tempo che passa. Inesorabile.
La prima caratteristica della scrittura di Nicolina Carnuccio è una semplicità che affascina ed incanta, disarma e coinvolge. Sembra che veda le cose con gli occhi di un bambino ma con sentimenti adulti e spesso sofferti. Ed è questa la sua efficacia migliore poiché ci conquista con il linguaggio proprio dell’anima più candida e risplendente. Infatti, una seconda ed evidente caratteristica è quella della luce che emana dai suoi racconti e dal suoi versi, i quali, anche per questo, ci lasciano una pace ed una fiducia nel nostro obbligato stare al mondo, nonostante le immancabili sofferenze. Una luce che ci avvolge, conforta ed incoraggia. La luce jonica!
Leggendo tutti i suoi scritti brevi, ci sentiamo tutti vicini e solidali nello svolgere della vita che non è soltanto infanzia ma è comune destino. In effetti, Nicolina ama descrivere il tempo che fu, sereno e leggero, quando da bambini si è protetti dalla famiglia e da una natura amica, ancora lontani dalla giungla … ma lo fa in un modo da renderci forti proprio in questa pericolosa giungla, portandoci dentro il tesoro dell’infanzia (la più autentica “assicurazione sulla vita”). E Badolato, il proprio paese eletto come permanente luogo dell’anima (il “genius loci” degli antichi romani), appare come il simbolo di questo passaggio dalla semplicità e dalla tenerezza protettiva dell’infanzia ad una giungla senza pietà ma pur con qualche piccolo spiraglio di compassione, di umanità.
Lo possiamo evidenziare dallo sconcerto della stessa Nicolina nei suoi racconti quando così conclude la pagina 6 sull’antico borgo collinare: “Molta gente è emigrata e quella che rimane preferisce abitare in marina in case comode e nuove. Paese in vendita lo chiamano adesso alla televisione: si vorrebbe salvarlo vendendo le case per poco a turisti che l’abitino almeno d’estate”. Ecco, il proprio paese ormai spopolato (perché abbandonato e vittima della grande giungla) diventa una metafora della nostra stessa vita che viene desertificata o si sgretola e che, se si intende salvarla, è necessario farla abitare sì anche da estranei ma che ne apprezzino il valore. L’universalità!
Le cose lontane rischiano di diventare un mito, piano piano, oppure la “città ideale”… quella ancora agognata! Così è per l’infanzia, così è per il proprio paese da cui si è dovuti andare via per impellenti necessità d’esistenza e di vita. Nicolina era appena appena adolescente quando ha lasciato Badolato (infatti io la ricordo vagamente e poi mai più rivista). Però questo paese e quel periodo dell’innocenza sono rimasti intatti nella memoria e nell’affetto, così come oggi nella sua scrittura. E’ un promemoria di ciò che è stato e di ciò che dovrebbe essere, pur con tutte le immancabili contraddizioni le quali giammai riusciranno a sovvertire l’esito dell’amore originario e della propria identità, quella più profonda ed inalienabile.
Personalmente, ritengo che Nicolina Carnuccio sia una grande Poetessa (con la P maiuscola, a scanso di equivoci), Così tanto grande che l’affiancherei ai lirici ed agli elegiaci dell’antica Grecia e della Magna Grecia. E’ la nostra Nosside!… E’ grande ed efficace nello stile così come nei contenuti, nella sincerità e nell’autenticità. Lo posso affermare e testimoniare benissimo, pure perché ho vissuto esattamente le stesse cose che ha vissuto lei, nel medesimo contesto territoriale, umano e sociale. E sentendola vera ed efficace, la sento grande anche letterariamente.
Ritengo, altresì, che le Opere di Nicolina vadano diffuse e studiate nelle famiglie e nelle scuole, specialmente per i valori che esprime e per come li esprime. Oltre alle due pubblicazioni già descritte, la nostra Autrice si avvale di numerosi siti internet dove è solita collocare le sue novità poetiche. Basta digitare su Google “le poesie di Nicolina Carnuccio” perché appaiano tutti i siti che evidenziano le sue composizioni sia in italiano che in dialetto. In particolare ben 175 poesie sono ospitate nel sito www.liberodiscrivere.it. Voglio qui ricordare che la nostra Autrice ha esordito tra le pagine del trimestrale “La radice” di Badolato che l’ha pubblicata fin dal 2002. E alcuni di questi racconti di esordio ho voluto riportare alle pagine 273-278 del quarto volume del “Libro-Monumento per i miei Genitori”.
Mi sembra, poi, opportuno e doveroso, trascrivere qui di seguito un suo atto di umiltà inviatomi per e-mail recentemente: “Non mi sento poetessa ma visto che siete tu, Mimmo Stirparo ed Enrico Tartagni a dirmelo mi sforzerò di crederci ma non di sentirmi. Sì sono poetessa ma piccola piccola, anzi “poeta non poeta” come mi sembra che qualcuno definisce quelli che scrivono come scrivo io. Ma non sono cose importanti. L’unica cosa importante nella vita è vivere in pace come diceva tua madre e anche mia madre”. Il poeta Gianluigi Melucci le ha dedicato una bella poesia… segno che la poetessa ispira altri poeti (cose che mi sembra il massimo). La si legga ricercandola su Google.
Un’altra osservazione mi sembra opportuna, utile e (a mio parere) doverosa. Nasce dall’esperienza di divulgatore. Un esempio pratico. Come sai, vivo in Molise. Quando cerco di far leggere ad un molisano le poesie dialettali badolatesi o calabresi … puoi immaginare … costui ci capisce poco o niente. La stessa cosa vale per me, che sono calabrese, quando mi avvicino a leggere componimenti dialettali (o scritti in una lingua estera) senza l’ausilio della traduzione (letterale o meno). Generalmente se non sei di lingua-madre è quasi impossibile compenetrarsi nel gusto dello stile e dei contenuti altrui. La letteratura vale soprattutto per il “messaggio” che riesce a trasmettere (oltre che per lo stile e l’arte ivi contenuti). L’Umanità è cresciuta grazie al “pensiero evolutivo” di singole persone o di popoli e, quindi, la lingua e lo stile restano unicamente un mezzo e non un fine.
Perciò, vorrei raccomandare a tutti gli Autori e a tutti gli Editori che pubblicano in lingua dialettale di voler mettere (sempre se vogliono essere capiti ed apprezzati al di fuori del proprio ambito territoriale) almeno una traduzione in italiano (da cui poi sarà più facile giungere a lingue estere). Devo confessare che, a volte, ci sono delle parole badolatesi, appartenenti ad dialetto stretto e non più in uso, che sfuggono persino a me che sono un cultore di tale tipo di letteratura. Mi è accaduto pure con qualche termine usato da Nicolina. Comunque la si possa pensare, mettere la traduzione è un atto di umiltà e di generosità insieme, poiché permette ad altri di goder di un bene culturale assai prezioso quale è la scrittura, anche dialettale quantunque riservata ad un determinato distretto antropologico-sociale. Questo potrebbe essere pure uno dei tanti compiti assegnati alla sempre auspicabile Università Dialettale (una istituzione che bisognerebbe realizzare almeno in ogni regione italiana). Grazie a Nicolina Carnuccio perché ci delizia con la sua poesia facendoci vibrare le corde del cuore, della memoria e della più vera nobiltà della nostra vita: l’innocente infanzia! … E resto sempre più convinto che, dopo quello dell’infanzia, “nessun viaggio umano è innocente”!
Saluti e baci, Domenico Lanciano
è una lettera bellissima anche se un po’ mi sento a disagio quando mi chiami grande poetessa.ti ringrazio molto e ti abbraccio con l’affetto di sempre.nicolina