Laureana_di_Borrello_MunicipioSi è conclusa favorevolmente per il Comune di Laureana di Borrello una spinosa vicenda che lo vedeva chiamato in giudizio, da una propria dipendente, P.B., al pagamento di circa sessanta mila euro, oltre ad interessi e rivalutazione, a titolo di risarcimento per danno biologico per comportamento vessatorio, nei suoi confronti, tali da “impedire una vita serena, familiare e sociale, oltre a danni alla professionalità, impedendogli di svolgere adeguatamente le mansioni a cui era adibita”. Una vertenza che inizia proprio dal mancato adempimento di funzioni proprie, per tutta una serie di ragioni addotte, compresa una mancata formazione per l’espletamento di funzioni proprie della categoria di appartenenza, Istruttore nella fattispecie, che avrebbe dovuto, oltre a reggere l’ufficio elettorale, gestire il servizio Aire. Vicenda che instaura tutta una serie di atti, tra il responsabile del settore e la dipendente, con rifiuti e ordini di servizio, fino al provvedimento disciplinare con sospensione dal lavoro e dello stipendio per quindici giorni, oltre ad un lunghissimo periodo di malattia della stessa.

Durissime le motivazioni della sentenza del giudice del lavoro D.ssa Carla Arena, del tribunale di Palmi, che, il 20 ottobre u.s. oltre a spiegare letteralmente il tanto di moda temine “Mobbing” rifacendosi anche a recenti sentenze di Cassazione, ribadisce che “riesce difficile rinvenire caratteri vessatori solo perchè si chiede ad un dipendente di svolgere un compito del tutto in linea con il profilo professionale di appartenenza, una categoria “C” che dovrebbe svolgere attività istruttoria ed in grado di svolgere. Rifacendosi alla Cassasione, il Giudice, precisa che: “Danni che il lavoratore che lamenti di aver subìto, a causa dell’attività svolta, un danno alla salute, l’onere di allegare e provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro, e solo se il lavoratore abbia fornito la dimostrazione di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi”. Avrebbe dovuto la dipendente, dimostrare la violazione da parte dell’Amministrazione comunale, di tutti quei principi descritti atte a garantire la tutela del lavoratore stesso. Dall’esame della corposa documentazione; però, il giudice non rileva, né le particolare né nel complesso, quell’atteggiamento vessatorio denunciato. Sottolinea, invece, che l’inidoneità professionale che potrebbe condurre il datore di lavoro ad assumere provvedimenti ben più severi, diventa motivo per configurare come mobbing la legittima richiesta dell’Ente”. Motivi che dovrebbero far riflettere gli amanti degli inglesismi, lavoratori, sindacalisti e avvocati dai facili consigli. Fascicolo trasmesso alla Procura, inoltre, per un componente della commissione disciplinare, per la contestazione di una firma. Condanna alle spese per circa settemila euro, per la dipendente, la quale si vede riconosciuta accolta la richiesta di revoca della sanzione disciplinare perché combinata oltre i termini di legge.

 

 

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