L’Università delle Generazioni propone di realizzare in Veneto, nelle Langhe e nel resto della Padania monumenti alle “Spose del Sud” dopo il successo della fiction “La Sposa” su Rai Uno. – Intervista al responsabile Domenico Lanciano.
Sulle polemiche suscitate dalla fiction “La Sposa” che Rai uno sta trasmettendo in tre puntate (l’ultima andrà in onda domenica sera 30 gennaio) abbiamo voluto sentire il giornalista Domenico Lanciano, esperto di tali migrazioni matrimoniali e di spopolamento. Suo il clamore internazionale suscitato, ad esempio, nel 1986 con la vicenda di “Badolato paese in vendita in Calabria” per salvare i borghi spopolati. Un espediente ancora oggi imitato da numerosi sindaci italiani ed anche esteri.
<< Al netto delle polemiche, del record di ascolti e di qualche forse evitabile errore storico e semantico, il film “La Sposa” interpretato da una coinvolgente Serena Rossi (finora visto in due delle sue tre puntate su Rai Uno) ha dimostrato una buona ed utile intenzione di evidenziare, finalmente e specialmente alle nuove generazioni, un grande ed utile fenomeno che, completamente sconosciuto ai più, ha caratterizzato l’Italia del dopoguerra e del boom economico fino agli anni ottanta >> così afferma il dottore Domenico Lanciano, fondatore e responsabile dell’Università delle Generazioni.
<< Quello delle cosiddette “Spose del Sud” richieste dal Nord (Veneto compreso, con o senza matrimoni per procura) – aggiunge Lanciano prendendo spunto dalla fiction La Sposa – è un tema sociale e nazionale di particolare importanza poiché caratterizza pure la grande voglia dell’Italia solidale di allora di darsi una mano per superare le povertà, le crisi demografiche ed economiche e per significare qualcosa di bello e di esemplare nel contesto delle altre nazioni. Pure le spose del sud fanno parte di quel “Made in Italy” che furoreggia nel mondo».
E continua: «Bisogna assolutamente evitare l’inutile e dannosa guerra tra poveri, sia essa demagogica e sia affettiva. Infatti, Calabria e Veneto, per povertà e malgoverno unitario, sono state tra le regioni sorelle più povere d’Italia, nonostante le loro grandi potenzialità. Lo dimostra l’enorme emigrazione che ha caratterizzato entrambi i territori, come anche le Langhe in Piemonte, che si sono letteralmente svuotati tra Ottocento e Novecento. Ma, mentre il Veneto e le Langhe, grazie alla loro maggiore intraprendenza e migliore situazione geografica (più vicini ai mercati internazionali), sono riusciti a ricostruirsi bene, la Calabria si è completamente dissanguata e spopolata, restando al palo pure nella ricostruzione postbellica e, persino, con gli aiuti della Cassa per il Mezzogiorno che (gli eventi hanno poi dimostrato) è servita più al Nord che al Sud. E possiamo essere certi che farà flop persino con gli imminenti aiuti del PNRR – Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche per motivi indipendenti dalla sua volontà!».
Così poi conclude Lanciano: «Nelle vene di molti veneti o piemontesi (come in quasi tutto il centro-nord) c’è buon sangue meridionale che non si può rinnegare, proprio grazie a quelle “spose del sud” che giovani lavoratori sono andati a cercare là dove le donne erano ancora più forti, sottomesse e abituate a lavorare molto senza quasi nulla pretendere. Donne, però, eredi di una più antica civiltà che ha radici profonde in quella prima Italia che, già millenni anni fa, ha dato il nome a tutta la nazione, dalla Sicilia alle Alpi. E proprio su quelle Alpi anche gli “uomini del sud” sono morti a centinaia di migliaia (specialmente nella guerra 1915-18) per difendere quei sacri confini di una Patria che aveva finalmente trovato un senso unitario dopo secoli di lotte e di aspirazioni. Adesso la proposta solidale di riconoscenza anche storica e sociale è, quindi, quella di erigere un vero e proprio monumento in Veneto, nelle Langhe e, dove possibile, in tutta la “Padania” non soltanto alle donne del sud ma anche a quelle centinaia di migliaia di uomini meridionali che sono morti nelle trincee e specialmente sui monti veneti, trentini e friulani per un’Italia libera e migliore. Il film “La Sposa” resta una assai preziosa occasione di unità nazionale da non perdere o sprecare per intravedere e avere un’Italia con i medesimi migliori traguardi nel dover significare ancora di più in una spietata globalizzazione che esige maggiore unità e coesione tra regioni e persone, aneliti e lungimiranze!».