Jose Antonio Garcia pictureIl basso spagnolo vestirà i panni del Signore di Siviglia nell’opera di Mozart. L’opera sarà in scena il 4, 9 e 12 agosto (ore 21.30) al Teatro Antico di Taormina. Il nuovo allestimento è firmato dal regista e scenografo Enrico Castiglione. «Il Commendatore è una statua assetata di vendetta». Così José Antonio García definisce il personaggio al quale presterà la sua voce nel Don Giovanni che verrà messo in scena nella suggestiva cornice del Teatro Antico di Taormina. Il capolavoro composto da Wolfgang Amadeus Mozart, infatti, è uno dei tre titoli – insieme a Carmen e Il Barbiere di Siviglia – della cosiddetta “Trilogia di Siviglia” che la programmazione lirica curata dal Festival Euro Mediterraneo, in collaborazione con la sezione Musica&Danza di Taormina Arte, propone quest’estate al vasto pubblico, di residenti e turisti, che ogni anno affolla le gradinate della cavea taorminese, richiamato dalla qualità garantita dagli allestimenti firmati dal maestro Enrico Castiglione.

In questa nuova produzione, che si avvale dei ricercati e raffinati costumi ideati da Sonia Cammarata, il ruolo del seduttore per antonomasia sarà affidato al basso baritono tedesco di origini greche Panajotis Iconomou, mentre nel ruolo di Donna Anna si alterneranno i soprani Chiara Taigi (4, 12 agosto) ed Elena Borin (9 agosto). Don Ottavio sarà il tenore Filippo Pina Castiglioni, a vestire i panni di Donna Elvira saranno i soprani Adriana Damato (4, 9 agosto) e Tian Hui (12 agosto), Leporello il basso Noé Colin, Masetto il basso Daniele Piscopo, Zerlina il mezzosoprano Marina Ziatkova. Last but not least, José Antonio Garcia interpreterà, s’è detto, l’inflessibile Commendatore. L’orchestra del Festival Euro Mediterraneo sarà diretta da Stefano Romani, il Coro Lirico Siciliano è istruito da Francesco Costa. Il debutto avverrà il 4 agosto, con repliche il 9 e il 12, tutte le recite inizieranno alle 21.30.

Nato a Las Palmas di Gran Canaria, José Antonio García ha studiato al Conservatorio Superiore di Musica di Las Palmas e alla Scuola Superiore di Canto di Madrid, e ha poi perfezionato la sua tecnica canora con Carlos Chausson a Barcellona, Vashek Pazdera a New York e con Daniel Muñoz a Madrid. Nel corso della sua carriera ha vestito, tra gli altri, i panni di Don Basilio ne Il Barbiere di Siviglia, Don Giovanni nell’omonima opera, Ramfis in Aida, Colline in Bohième e Oroveso in Norma. Lo scorso febbraio ha debuttato in Lohengrin al Teatro Reale di Madrid, sotto la bacchetta del maestro Jesús López Cobos.

Il 4 agosto sarà il suo debutto personale sul palcoscenico del Teatro Antico di Taormina, mentre ha già avuto modo di lavorare al Teatro Greco di Siracusa con Enrico Castiglione. Come sta vivendo questa doppia esperienza?

«Mi trovo a Taormina soltanto da qualche giorno, ma mi sono già innamorato di questa cittadina, della sue viuzze e dei suoi scorci mozzafiato. Non mi sono mai esibito al Teatro Antico, ma i miei colleghi che vi hanno già cantato mi hanno detto che si tratta di un’emozione davvero unica. Ciò che invece conosco bene è il metodo di lavoro di Enrico Castiglione, che ritengo un regista davvero straordinario che possiede la grandissima qualità di riuscire a mettere subito a proprio agio gli artisti. Grazie alle sue indicazioni chiare e semplici, dietro le quali è però evidente si celano ispirate e articolate motivazioni artistiche, il nostro lavoro di cantanti diventa molto più agevole. Quando un regista ha in mente una visione così precisa e dettagliata, riesce immediatamente a far entrare il cast sulla scena con una consapevolezza che non sempre viene raggiunta sin dai primi giorni di prove. È quello che è accaduto con la Norma che Enrico Castiglione ha realizzato al Teatro Greco di Siracusa e in cui io ho interpretato Oroveso, il padre della protagonista, ed è anche quello che stiamo vivendo proprio in queste ore a Taormina. Lavorare con Enrico è un vero onore».

Quello del Commendatore, anche se non molto ampio, è un ruolo leggendario nel mondo della lirica. Quale crede sia il suo tratto psicologico dominante?

«La vendetta. Il Signore di Siviglia è una di quelle figure che tutti attendono, gli appassionati non aspettano altro che si presenti nel finale alla cena con Don Giovanni sotto forma di statua. Quello che fa è dettato dall’amore per la figlia, Donna Anna, ed è per lei, per riscattare il suo onore, che perseguita quel mascalzone. Credo anche che il Commendatore incarni la vera nemesi del seduttore sivigliano: quando questi lo uccide, all’inizio dell’opera, firma la sua stessa condanna a morte, quel preciso momento segna in maniera definitiva l’inizio della sua fine».

Dal punto di vista vocale, quali sono le maggiori sfide per il suo personaggio?

«Mantenere sempre viva la tensione drammatica. In linea generale il mio ruolo non presenta particolari difficoltà, ma senza dubbio riuscire a sostenere il canto nell’atto finale con una linea e una forza di un certo spessore non è una passeggiata. È più una questione interpretativa, trasmettere tutta la tensione accumulata nel corso dell’opera è quello che fa davvero la differenza».

Lei e Chiara Taigi sarete di nuovo padre e figlia come accaduto nella Norma andata in scena a luglio al Teatro Greco di Siracusa con regia e scene firmate da Enrico Castiglione. In che modo differiscono questi due rapporti?

«Le situazioni sono molto simili ma non identiche. Il Commendatore e Oroveso sono due uomini diversi tra loro, il primo cerca la vendetta mentre il secondo la giustizia, ma ciò che li lega è l’amore per le loro figlie, un sentimento che li porta, entrambi, a fare scelte che in un altro contesto probabilmente non avrebbero mai compiuto».

Don Giovanni è un personaggio tanto celebre quanto discusso. Qual è la sua opinione su di lui?

«Credo sia davvero controverso e difficile da inquadrare sotto un’unica etichetta. Io lo vedo come un uomo molto virile che però non riesce a controllarsi e a darsi un freno. È perennemente alla ricerca di donne da conquistare e quindi la sua missione di vita è essere sempre attraente e pronto all’azione. Non credo che tragga piacere dall’usare e ferire il gentil sesso, perché in realtà, secondo me, non è consapevole dei danni che crea quando tratta le donne in quel modo. Se lo fosse, allora si pentirebbe delle proprie azioni e non finirebbe all’Inferno».

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