«Viva il ponte!». «Abbasso il ponte!» Quando il senatore Gianpiero D’Alia, capogruppo dell’Udc al Senato, cambiò di colpo idea sul ponte sullo Stretto diventando più talebano degli ambientalisti, i messinesi ci restarono secchi: questa poi! Sorpresa: aveva comprato a prezzo stracciato una villa sul mare dove dovrebbe sorgere uno dei giganteschi piloni del gigantesco viadotto. Un idealista.
Si dirà, come ricordava ridendo Cossiga, che anche San Paolo lasciando la schiera dei persecutori di cristiani per diventare un padre della Chiesa, fu un voltagabbana. E voltarono la gabbana, nobilissimamente, anche Maria Maddalena e fra Cristoforo e Bartolomeo de las Casas che dopo essere stato uno schiavista diventò l’appassionato paladino dei diritti degli indios. Per non dire di tanti altri.
La folgorazione «sulla via di Damasco» è arrivata per Gianpiero D’Alia il giorno in cui mise gli occhi con la moglie Antonella su una villa sul mare a Torre Faro, a un quarto d’ora di macchina dal cuore di Messina. Siamo verso Cariddi, in faccia alla costa calabrese di Scilla. Luogo bellissimo, di magici ricordi letterari. Ricordate lo scoglio descritto nell’Odissea di Omero? «… e sotto Cariddi gloriosamente l’acqua livida assorbe / Tre volte al giorno la vomita e tre la riassorbe». E l’Eneide di Virgilio? «Il fianco destro di Scilla, il sinistro Cariddi implacabile tiene, e nel profondo baratro tre volte risucchia l’acqua…»
Fino a quel momento, l’uomo forte di Pier Ferdinando Casini in Sicilia dopo il tragico tramonto di Totò Cuffaro e l’addio di Raffaele Lombardo, era schieratissimo: «Il Ponte sullo Stretto, mentre costituisce l’elemento di saldatura del corridoio infrastrutturale che collega il nord Europa alla Sicilia, si pone altresì come catalizzatore dello sviluppo di una città-regione lineare di circa 100 chilometri di estensione che ha, ai suoi estremi, due importanti realtà del Mediterraneo: il porto di Gioia Tauro e l’aeroporto di Catania», tuonava nel 2003. «Si ritiene che la stessa attività di costruzione del ponte costituirà per Messina una importante occasione che la città, ricca di risorse umane ben preparate, non si lascerà sfuggire».
«A sottolineare l’importanza di quest’opera» ricordava nell’ottobre 2006 polemico col governo di centrosinistra, «ci sono le parole dello stesso presidente Prodi: nel 1985 sostenne che il ponte avrebbe recuperato una cultura delle grandi opere pubbliche svanita negli ultimi anni, e che la Sicilia era fortemente ostacolata da questa barriera naturale». Come osava, ora, mettersi di traverso? «Questa scelta condanna i territori interessati a una situazione di disagio, di disarticolazione di carattere economico, sociale e ambientale». Insomma: «Demolisce senza costruire».
Non li sopportava, i traditori del progetto. Al punto che quando Lombardo presentò alle «comunali» del 2008 Fabio D’Amore, polemizzò sarcastico: «Prendiamo atto che a Messina il Mpa ha chiuso l’accordo con un candidato a sindaco che ha messo al primo punto del suo programma il “no” al Ponte sullo Stretto. Peraltro il suo vicesindaco sarebbe un prestigioso professionista messinese, l’avvocato Carmelo Briguglio, legale delle associazioni ambientaliste che hanno proposto ricorsi anche alla Corte costituzionale contro questa grande opera». Puah, questi ambientalisti…
Nel 2009, oplà, la svolta. Il senatore e la moglie avviano l’acquisto della villa a Torre Faro. Bella casa, posto splendido, tre piani, 476 metri quadri catastali, giardino abbastanza grande per ospitare una piscina. Ma soprattutto ottimo prezzo: 220 mila euro. Un affarone. Dovuto al fatto che proprio in quel luogo stanno per cominciare di lì a qualche mese i carotaggi preliminari per costruire uno dei due piloni che devono reggere il ponte sul versante messinese. Due bestioni enormi con una spropositata base rettangolare di 12 metri per 20 e alti 399.
Quando venga fatto il preliminare tra la venditrice, Flavia Rosa, e la moglie di Gianpiero D’Alia, Antonella Bertuccini, non si sa. Probabilmente qualche settimana prima del rogito, firmato il 14 dicembre 2009 nello studio del notaio Salvatore Santoro e accompagnato dal versamento di due assegni circolari, il primo da 20 mila euro e il secondo da 200 mila, emessi dall’agenzia del Banco di Napoli di Montecitorio, cioè della Camera dei deputati.
Fatto sta che a cavallo di quelle settimane in cui la sua signora acquista la villa a Cariddi il politico messinese ribalta completamente la sua opinione. E partendo dai temi posti dalla tragica alluvione di quei giorni attacca a sparare a palle incatenate: «Parlare del ponte oggi è pura follia. In un momento come questo non è serio parlare di questa grande opera, che peraltro non ha perfezionato il suo iter progettuale, non è finanziata integralmente e che soprattutto dovrebbe sorgere in un contesto ambientale degradato come quello siciliano e calabrese. Sarebbe come affondare un coltello in un panetto di burro».
«Le dichiarazioni di Brunetta sul ponte di Messina rasentano il surreale», rincara un paio di settimane dopo furente con le promesse del ministro sulla infrastruttura. «Non ci sono soldi, non c’è un vero progetto, non sarà apposta nessuna pietra». Insomma: «Siamo di fronte all’ennesimo annuncio d’un governo allo sbando. Il Ponte è come il taglio dell’Irap, è un flop mascherato da bugia».
Ai primi di gennaio del 2010 è sempre più indignato: «Continuare a parlare di Ponte sullo Stretto e di opere compensative è solo una follia di fronte a una città che cade a pezzi giorno dopo giorno devastata dalle mareggiate e sottoposta a frane continue alla prima pioggia. Anche il sindaco e il comune di Messina non possono sacrificare la sicurezza del nostro territorio, ignorando il fenomeno del dissesto idrogeologico, in nome di un’opera inutile come il Ponte di Messina, che non vedrà mai la luce».
E via così, invettiva dopo invettiva: «Viste le risposte del tutto insoddisfacenti del governo chiederemo con gli altri capigruppo di opposizione, un’inchiesta parlamentare sui lavori del Ponte». «Alle prime piogge ci ritroviamo sempre e comunque in stato d’emergenza. Mentre le persone devono lasciare le loro case, il governo fa orecchio da mercante e pensa solo al Ponte sullo Stretto». «Chissà per quanto tempo ancora saremo costretti a dover sopportare bugie e falsità sulla realizzazione del ponte!». «La passerella messinese fatta dal governo oggi è offensiva per i messinesi e per tutti i meridionali. Dopo la finta apertura dei cantieri il 23 dicembre scorso in Calabria, assistiamo oggi all’ennesima stucchevole parata…».
Tuoni, fulmini e saette: «Il Ponte sullo Stretto è un’illusione pericolosa per il Sud e per la Sicilia. Immobilizza risorse senza che l’opera si possa fare e alimenta un circuito torbido di affari come quelli delle polizze fidejussorie fasulle…». «La costruzione del ponte è diventata solo la gallina dalle uova d’oro per alcuni gruppi imprenditoriali del nord Italia i quali, in tempi di crisi, sono ansiosi di guadagnarsi le penali che scatteranno in caso di mancata realizzazione della mega opera». «La società Ponte sullo Stretto va sciolta». «A questo punto sarebbe opportuna un’inchiesta parlamentare sul ponte, per aiutare il governo a decidere definitivamente su una questione che è ormai chiusa. È chiaro che l’infrastruttura non si costruirà, come è altrettanto chiaro che non serve affatto al territorio e tantomeno allo sviluppo dell’area integrata tra Messina e Reggio Calabria…».
Tutte cose sensate e condivise dagli ambientalisti e da buona parte dell’opinione pubblica italiana, siciliana, messinese. Se non venissero, appunto, dal pulpito di una villa a Cariddi. (Gian Antonio Stella)