Alcune precisazioni del candidato a Sindaco Dott. Antonio Tedesco, lista “”Civiltà Politica”: <<Ho già espresso e scritto ciò che ha portato alla costituzione del movimento civico “Civiltà Politica”. Non certamente la mia “bramosia” a fare il Sindaco. Termine e concetto che non fanno parte né del mio carattere, né della mia storia politica.
Quando mi sono candidato per la prima volta nel ’97, l’ho fatto su richiesta del partito, allora, PDS. Ho accettato solo per spirito di servizio. In seguito, mi sono candidato altre tre volte. Di queste, due volte ho perso sia pur per un risicatissimo numero di voti.
Nel 2013 avevo deciso di non partecipare nemmeno come consigliere, nonostante il segretario mi aveva chiesto sottovoce e con poca convinzione di candidarmi. Ponendosi il problema di chi doveva essere il candidato a Sindaco, io stesso ho dato il mio assenso alla candidatura dell’infermiere Ussia, in quanto già Vicesindaco. Ricordo che allora non c’era stata una vera e propria discussione, né coinvolgimento, cosa che tradizionalmente avveniva nel nostro partito, e come sarebbe stato giusto che avvenisse.
Ricordo, anche, che alcuni avevano espresso perplessità sul candidato Ussia. Ma il tutto era stato preparato con una certa riservatezza e la decisione era stata portata in sezione per l’approvazione scontata.
Nel frattempo ho appreso che il Sindaco Ussia, ove non avesse ricoperto lui tale carica, si sarebbe allontanato e forse chissà cosa avrebbe fatto…! Il segretario, omissivo a mio parere sul punto, avrebbe dovuto portare alla discussione in sezione questo particolare atteggiamento di colui che ambiva alla carica di Sindaco.
Nello stesso tempo seppi che il riservato gruppo, composto di quattro o cinque persone, aveva pensato e deciso che io non dovevo nemmeno essere in lista. Non saprei dire con sicurezza se questa era una condizione che poneva l’ormai candidato a Sindaco. Sarei stato una figura ingombrante. Non mi meraviglierei più di tanto se l’avesse fatto…
Io che avevo deciso di non partecipare come candidato chiesi al segretario di convocare un’assemblea del partito, per decidere se io dovessi essere o no candidato. Ciò perchè ritenevo che, per la mia storia politica e per la mia lunga militanza da protagonista, sarebbe stato giusto che a decidere del mio ruolo fosse l’assemblea del partito.
Ci fu un’assemblea molto partecipata che all’unanimità decise che io dovevo essere candidato. (Quanta ipocrisia!)
Accettai, sia pur con difficoltà, e chiesi che non mi fossero conferiti alcun incarico e/o impegno amministrativo, ma solo un ruolo politico. Così è stato. Nel corso di questa discussione alcuni mi chiedevano e mi domandavano “Ma che state combinando?”, riferendosi alle perplessità espresse sulla candidatura di Ussia a Sindaco. Tant’è che oggi alcuni addossano a me la responsabilità di avere a Sindaco l’infermiere Ussia.
Nel corso di questi anni ho svolto, fino ad agosto 2017, nel Consiglio Comunale il ruolo di capogruppo con coerenza. Non senza avvertire un certo distacco nei confronti. Nel luglio scorso, dopo mesi che il direttivo non veniva riunito, ci sono state due riunioni. Il Sindaco non ha partecipato, non tutti della Giunta, del direttivo solo alcuni. In quelle riunioni di direttivo ho espresso le mie preoccupazioni, forse con tono duro, sull’isolamento del partito per le prossime elezioni comunali. Preoccupazioni espresse anche da altri.
Quindi “nessunissima” mia richiesta ad essere candidato a Sindaco. E quindi nessuna bramosia di potere.
Ho notato, invece, da parte del ristretto gruppo dirigente, una chiusura netta e categorica: “Per le prossime elezioni comunali tutto è già pronto. Punto”.
Ho preso, pertanto, la decisione di prendere le distanze e di uscire dal partito, dimettendomi da capogruppo e da componente del direttivo. E non solo per motivi di politica locale.
Quello che ho deciso di fare dopo è a tutti noto.
Oggi osservo e vedo un PD immolato alle smodate ambizioni del candidato a Sindaco della lista civica n. 2. Vedo un PD, che dopo aver perso oltre 1/3 del proprio consenso elettorale e che, quindi, non gode di buona salute, va all’affannosa ricerca della corda per impiccarsi. Politicamente s’intende.>>