Scelti anche tre vicesegretari: Emilia Barrile, consigliere comunale, per l’ala “genovesiana”, Armando Hyerace, consigliere della IV circoscrizione, per la componente Bottari – Panarello, e Pippo Caliri, sindacalista della Cgil, per l’area Mattarella. Ma serpeggia velato malumore per le scelte regionali e la posizione sul doppio incarico di Buzzanca
I deputati sono arrivati alla spicciolata, con le loro auto blu e il ritardo che si concede ai “vip”, compreso il padre padrone del Pd messinese, l’ex sindaco Francantonio Genovese. Il sole picchia forte, la voglia di trascorrere la mattinata altrove a goderselo è tanta. Sarà per questo che una volta iniziati i lavori della seconda giornata congressuale, le poltroncine vuote del salone di Cristo Re sono ancora tante, troppe. Pochissimi consiglieri comunali, l’ex segretario provinciale Pippo Rao impegnato nella frenetica raccolta firme contro la privatizzazione dell’acqua, il suo successore, Francesco Gallo, che si presenta con un maglioncino rosso sgargiante, quasi a ricordare che il Pd, nonostante tutto, dovrebbe rappresentare ancora la sinistra, o parte di essa.
E poi c’è Giuseppe Grioli, Peppe per tutti, il protagonista di ieri, con una relazione pacata e al tempo stesso dura, che ha detto molto e molto altro lo ha
lasciato intendere accennandolo appena, ma che finisce con l’essere, come ampiamente previsto in congressi le cui votazioni sono divenute pura formalità, protagonista anche oggi, con la riconferma alla carica di segretario comunale. La novità è che al suo fianco ci saranno non uno, non due ma ben tre vice, come a dire che una copia del “manuale Cencelli” è rimasta nei cassetti di tutti. Come ai tempi delle “correnti”, un posto ciascuno: Emilia Barrile, colpo ad effetto della componente maggioritaria (per lei si vociferava di un passaggio nel Pdl), portatrice sana di una mole non indifferente di voti nel suo feudo di Gravitelli, forse voce un po’ troppo silenziosa della presunta opposizione di Palazzo Zanca (affidata ad altri, non certo alla tenace Barrile); Armando Hyerace, giovane consigliere della IV circoscrizione, rappresentante dell’ala dei “teorici” dissidenti, ex Ds, corrente Panarello – Bottari, dunque area Lumia, coloro che più o meno un anno fa lanciavano allarmi sull’anemia di democrazia di cui soffriva il partito e oggi osservano con distacco dalle file più lontane del saloncino; infine Pippo Caliri, sindacalista della Cgil, area Mattarella, nome caldeggiato dal sempreverde Pippo Molonia. Presidente dell’assemblea, inoltre, Donatella Sindoni, ex consigliere comunale, anche lei “genovesiana” doc.
Visto così, parrebbe proprio un congresso alla “volemose bene”, dai toni anche fin troppo morbidi, lontani dalla “incazzatura” della gente di sinistra, quasi “anestetizzato”. Anche perché, rare eccezioni a parte, i malumori, come sempre, sono affidati ai brusii delle ultime file, degli spazi esterni al saloncino o dei corridoi dei palazzi. Malumori che riguardano grossomodo tre direttrici: le scelte operate a Palermo, in particolare l’appoggio a Raffaele Lombardo (solo teoricamente esterno, perché Mario Centorrino sarà pure un tecnico, ma di area ben definita), presentato come grande mossa strategica ma che rischia di deludere un elettorato già abbastanza deluso di suo, come del resto esplicitato da Grioli nella sua relazione di ieri; la posizione nei confronti del doppio incarico del sindaco Giuseppe Buzzanca, con la richiesta di dimissioni da deputato regionale, caldeggiata dall’alto, e non da sindaco, come invece qualcuno avrebbe preferito (Felice Calabrò, il più combattivo dei consiglieri comunali, a Palazzo Zanca lo “urla” da sempre); l’eccessiva morbidezza, se non, in certi casi, l’assenza vera e propria di un’azione coordinata di opposizione, soprattutto al Comune, dove i numeri suggerirebbero ben altra strategia e invece, come abbiamo tentato di analizzare qualche settimana fa, la “guerra” è affidata a pochi, pochissimi, mentre gli altri curano il proprio orticello. Tutti segnali, tutti campanelli d’allarme, che confluiscono nel vero problema che in tanti “soffrono”: il partito, in due anni di amministrazione Buzzanca, non è riuscito a costruire un’alternativa valida, un “dopo Genovese”, col risultato che il Pd, oggi come ieri, non è pronto. Ed ogni altra considerazione finisce per sciogliersi come neve al sole. Il sole caldo di questo fine maggio.
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